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Sanità, una soluzione per uscire dall'emergenza

Circa 15 giorni addietro (ri)scrivevo su questo giornale che il commissariamento governativo della sanità sarebbe durato sino (almeno) il 2018. Così è stato! Una preveggenza frutto dell’esercizio d…

Pubblicato il: 24/07/2015 – 9:42
Sanità, una soluzione per uscire dall'emergenza

Circa 15 giorni addietro (ri)scrivevo su questo giornale che il commissariamento governativo della sanità sarebbe durato sino (almeno) il 2018. Così è stato!

Una preveggenza frutto dell’esercizio di doti soprannaturali? Macché, semplicemente una discreta conoscenza tecnico-scientifica costruita nel tempo e una attenta osservazione sulle precarie condizioni economico-patrimoniali del sistema e sul deficit salutare che affligge i calabresi.

Scrivevo ciò come monito, sperando con questo di richiamare sul tema l’attenzione della politica che, al riguardo, si è dimostrata per anni sorda, cieca e muta, salvo spararne delle grosse. Sono stati tanti e innumerevoli i tromboni che hanno suonato nell’orchestra della salute, con il risultato di aver stonato ogni spartito tanto da distruggere anche quel po’ che c’era. Quei “protagonisti” che hanno determinato la moltiplicazione degli ospedali utili solo ai progettisti, ai costruttori e alle imprese fornitrici, e dei primariati, frequentemente inutili per non dire dannosi alla salute, ma anche una folla di personale amministrativo in senso lato e tante convenzioni premianti in favore della più moderna espressione del caporalato esercitata da sedicenti cooperative. 

Si è, quindi, prodotto nel passato una sorta di sterminio sociale provocato da un intervento tanto incisivo della politica da aver fatto supporre l’inapplicabilità della Costituzione in Calabria. Una terra che ancora non sa, nonostante anni di commissariamento, cosa siano i Lea; ove si fanno le pulci discriminanti sull’accreditamento, salvo mantenere in piedi strutture pubbliche sprovviste addirittura dei requisiti minimi previsti per l’autorizzazione. Un problema che, in attuazione del nuovo regolamento sugli standard ospedalieri, approvato con il decreto n. 70/2015, imporrà la chiusura di mezzo mondo sanitario, tra un pubblico che ne è sprovvisto e privati da spedalità minimale.

Proprio per questi motivi, occorrerebbe capire due cose: l’utilità della proroga del commissariamento e come costruire la capacità della politica a governare la salute. Sono da sempre convinto – e di questo ne ho avuto modo di parlare allorché indicato per la nomina relativa – che i commissariamenti in quanto tali sono perfettamente inutili. Le attuali competenze e le modalità di esecuzione sono segnatamente pregiudizievoli per realizzare un prodotto salute apprezzabile, spesso da inventare costruendolo da livelli nettamente inferiori a quelli minimali (e non già essenziali che sono dai valorizzare agli standard goduti nel resto del Paese). 

I compiti affidati ai commissari e agli inutili Tavoli romani nonché all’altrettanto inutile Agenas sono pregiudizievoli per fare ciò che serve per riportare l’assistenza sanitaria calabrese (ma anche Campana & C) a livelli qualitativi accettabili. Per farlo ci vuole conoscenza concreta e particolareggiata del territorio e delle sue componenti socio-economiche. Un obiettivo che è raggiungibile solo utilizzando le migliori intelligenze autoctone (sanitarie, statistiche, informatiche, ecc.) indispensabili per rendicontare quel fabbisogno epidemiologico solo irresponsabilmente supposto e mai rilevato. Magari, imponendo loro dei tour de force formativi che ne accentuino le qualità professionali. Un modo per fare il contrario di ciò che si è fatto, supponendo di importare i “geni” da altrove, così come se fossero giocolieri brasiliani, salvo dimostrare qui il loro essere brocchi. 

Una soluzione da consegnare alla politica – che rimarrebbe ove mai estranea alla bonifica dei conti pregressi da fare residuare in capo al commissariamento – nei confronti della quale l’organismo sostitutivo governativo non ha dato in Calabria una buona prova di sé, tanto da risultare incapace di rintracciare un “ragioniere”, di contro, capace di fare presso l’Asp di Reggio Calabria ciò che un revisore nostrano sarebbe capacissimo di risolvere.

Ecco il salto di qualità che la politica dovrebbe fare per garantire ai calabresi ciò che spetta loro. Programmi e leggi sono il loro compito precipuo e, su tutto, una chiara rivendicazione verso il governo finalizzata a cancellare il ruolo di supplenza generale affidato al commissario. Non solo. Organica a rinegoziare l’Accordo triennale con impegni precisi da parte della politica regionale, che se ne renderebbe così esclusivo gestore.

Insomma, ciò che manca nelle cinque regioni commissariate, ma anche nelle altre tre (con tendenza a crescere) in piano di rientro, è la volontà di misurarsi con le soluzioni, storpiando così la traduzione dei compiti naturali della politica.

In buona sostanza, la logica rivendicativa dovrebbe essere quella dei Comuni in dissesto, ove il risanamento del pregresso spetta all’organo straordinario di liquidazione e la gestione ordinaria ai rappresentanti eletti dai cittadini (che ne sopportano le spese). 

Un modo per dire finalmente basta all’esercizio liquidatorio della sanità che, dalle nostre parti, arriva ad uccidere colpevolmente.

*Docente Unical

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