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Nuove forme di emigrazione in Calabria

L’articolo che segue è stato pubblicato dal Sole24Ore nel maggio del 2005. Il fatto che sia attuale nel 2015 è forse la miglior prova del fatto che negli ultimi 10 anni in Calabria le politiche del…

Pubblicato il: 25/07/2015 – 8:32

L’articolo che segue è stato pubblicato dal Sole24Ore nel maggio del 2005. Il fatto che sia attuale nel 2015 è forse la miglior prova del fatto che negli ultimi 10 anni in Calabria le politiche del lavoro e le politiche industriali sono state del tutto inefficaci. Alla nuova giunta il compito e l’augurio di invertire questo trend negativo.

 

 

Il mercato del lavoro calabrese è caratterizzato da una mobilità in termini di emigrazione che, se non è paragonabile a quella che si era vista negli anni 50 e 60, è sicuramente elevata e presenta anche dei profili preoccupanti.
La Calabria è la regione italiana con il più alto tasso di migrazioni verso altre regioni del paese e questa emigrazione presenta una concentrazione maggiore nella fascia di età che va dai 25 e i 34 anni, nel momento, cioè, in cui si tenta di entrare nel mercato del lavoro. È importante perciò riflettere sulle caratteristiche di questi nuovi emigranti.
Vari fatti stilizzati consentono di notare come la mobilità territoriale è molto forte soprattutto con riferimento a due tipologie di individui: gli High Skilled Workers e i Low Paid Workers.
Sono due gruppi completamente differenti per caratteristiche. Gli appartenenti al primo gruppo costituiscono la parte più dinamica del mercato del lavoro. Perdere con l’emigrazione individui appartenenti a questo gruppo significa perdere capitale umano e quindi competitività. È una migrazione caratteristica dei paesi in via di sviluppo che sono tipicamente esportatori di cervelli. Questa migrazione, fisiologica in quei paesi, è determinata dalla maggiore attrattività che hanno i paesi avanzati per questi lavoratori in termini di salario, di opportunità, di qualità della vita. Le politiche del lavoro in Calabria, soprattutto nell’ultimo quinquennio, sono state del tutto inadeguate a fermare questo flusso di lavoratori qualificati. Ma, cosa che è più grave, questo problema non è stato nemmeno avvertito.
Il secondo gruppo fortemente interessato dai flussi migratori è il segmento dei Low Paid Workers. Si tratta, in questo caso, di soggetti a bassissima qualificazione e bassissima specializzazione che partono spinti dal bisogno di trovare un lavoro per sopravvivere. Vanno ad arricchire quelle nuove forme di proletariato urbano che vive nei grandi centri in condizioni al limite della povertà, con un lavoro, nel migliore dei casi, precario, se non, spesso, nero. Anche in questo caso politiche opportune di formazione e di inserimento lavorativo avrebbero evitato o ridotto la creazione di questa nuova forma di marginalità. Fra coloro che si trovano in una posizione garantita è, invece, bassa la mobilità migratoria. Nel caso degli appartenenti al ceto medio, non High Skilled, con una famiglia che è in grado di finanziare un più lungo periodo di disoccupazione, il costo percepito per lo spostamento, non inteso solo in senso strettamente economico, scoraggia la scelta di emigrare e si è disposti ad accettare un periodo più lungo di disoccupazione pur di trovare lavoro nel territorio di origine.

Questo stato di cose ci spinge a pensare che uno dei problemi fondamentali del mercato del lavoro calabrese è sicuramente la difficoltà nel creare nuovi posti di lavoro e, soprattutto, nuovi posti di lavoro qualificati, in grado di attrarre gli High Skilled Workers. Se non si innalza il livello della domanda, le sole politiche attive del lavoro sono sicuramente insufficienti a correggere gli squilibri sul mercato del lavoro. Per innalzare il livello della domanda sono necessarie delle sane e robuste politiche industriali, di cui però non si trova traccia nei provvedimenti di politica economica e di politica del lavoro dei governi regionali che si sono succeduti negli ultimi cinque anni. 
Anche non ha più i connotati allarmanti di qualche decennio fa, l’emigrazione, soprattutto quella intellettuale, costituisce un problema che ha bisogno di risposte rapide e appropriate in termini di politiche. Se non si inverte questo trend, il divario di sviluppo della Calabria con le altre regioni, anche con quelle del Mezzogiorno, è destinato ad aumentare.

 

*docente Università Mediterranea di Reggio Calabria

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