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Assessori regionali, tra massoneria e patrimonio

C’è un gran bisogno di riconciliazione tra chi deve governare la Calabria e chi in Calabria vive, studia, lavora, fa impresa, insegna, investe. Il rapporto fiduciario che dovrebbe legare i cittadin…

Pubblicato il: 27/07/2015 – 11:31
Assessori regionali, tra massoneria e patrimonio

C’è un gran bisogno di riconciliazione tra chi deve governare la Calabria e chi in Calabria vive, studia, lavora, fa impresa, insegna, investe. Il rapporto fiduciario che dovrebbe legare i cittadini agli amministratori pubblici era già molto deteriorato nel novembre scorso, data delle ultime elezioni regionali che arrivavano al termine di una legislatura da dimenticare e traumaticamente interrotta.
Lo dimostra il fatto che per la prima volta al voto hanno preso parte meno della metà dei calabresi. Lo dimostra ancor più il costante esodo di residenti che segna un altro record negativo: la Calabria scende sotto i due milioni di abitanti, ben per questo la sua assemblea regionale perde venti dei cinquanta consiglieri di cui era prima dotata.
La nuova legislatura che vede il centrosinistra tornare al governo non è partita come ci si augurava: tentennamenti, impegni di cambiamento non mantenuti, impercettibile discontinuità con la gestione targata centrodestra, trasversalismo ancora imperante. Colpa, si disse, dello Statuto che però è stato modificato. Poi il ciclone “Rimborsopoli” che, travolgendo tutto e tutti, ha di fatto imposto una svolta e l’avvento di una giunta composta da “tecnici di area” che, tradotto dal politichese, significa persone esterne alla competizione elettorale ma vicine ideologicamente al centrosinistra. In effetti, tutti i nuovi assessori, tranne una, non hanno in tasca alcuna tessera di partito. Sulle singole competenze, luci e ombre. Si è detto: sospendiamo ogni giudizio per evitare che, anticipandolo, si rischi di cadere nel “pregiudizio”. Vediamoli all’opera.
Un segnale incoraggiante è arrivato, in verità, anche se pochi lo hanno colto: per la prima volta dopo nove legislature regionali, si arriva alla riunione di giunta senza pratiche “fuori sacco”. Di più, ci si arriva avendo tenuto il giorno prima una “pregiunta” nel corso della quale i direttori generali, in maniera collegiale, relazionano sui punti posti all’ordine del giorno e sui provvedimenti che si andranno a esaminare.
Molti non hanno gradito. La burocrazia regionale preferisce il vecchio andazzo, quello per intenderci che faceva in modo che si discuteva una cosa, se ne approvava un’altra e in sede di stesura della delibera ne veniva fuori un’altra ancora. Ma siccome i patti sono chiari e questo nuovo metodo di lavoro è stato chiesto al presidente Oliverio come condizione irrinunciabile perché molti degli assessori accettassero l’incarico, le resistenze, almeno in questa prima fase, sono state domate.
Adesso servono, però, segnali concreti anche in ordine alle singole figure che compongono l’organigramma Oliverio. Uno appare irrinunciabile, se davvero si vuole che i calabresi capiscano che le cose sono cambiate anche nella sostanza, oltre che nella forma.
Rendano pubblico, tutti gli assessori regionali, e ovviamente anche il presidente, il loro stato patrimoniale. Mettano in chiaro la loro dichiarazione dei redditi, le loro partecipazioni societarie, i possedimenti mobili e immobili. Un piccolo, grande gesto di disponibilità e di trasparenza rispetto al quale è bene che a stretto giro arrivi una risposta chiara ai calabresi.

Se proprio volessimo strafare, potremmo anche spingerci fino al dichiarare l’appartenenza o meno a qualche obbedienza massonica, senza con questo voler caricare di alcun significato particolare la scelta di essere massoni. Anzi, sul punto, è bene dire che molti calabresi hanno dato lustro sia alla politica che alla massoneria, ma questi la loro militanza nel Grande oriente non la sbandieravano, certamente, però neanche la nascondevano, anzi ne erano orgogliosi perché la loro era una adesione, condivisibile o meno, convinta e non certo dettata da calcoli opportunistici.

 

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