ROMA «Noi sproniamo continuamente i cittadini a collaborare con lo Stato nella lotta alle mafie, chiediamo che denuncino, che non siano omertosi. E’ davvero molto grave lanciare il messaggio che lo Stato adesso vuole l’ opposto, ovvero punire l’imprenditore che ha la prontezza di registrare col cellulare chi lo minaccia o gli chiede il pizzo. Anche perchè gli avvertimenti avvengono una volta sola, poi arrivano le bombe».
Lo afferma Nicola Gratteri, procuratore aggiunto a Reggio Calabria, in un’intervista al Fatto quotidiano in cui definisce «un grande regalo ai criminali» i provvedimenti contenuti nella riforma del processo penale che renderebbero di fatto «impossibili le indagini di mafia».
«Questa proposta è un grande deterrente per chi vuole aiutarci nella lotta alle mafie: non vi è maggiore tutela del privato, non vi è tutela delle indagini. In più lede il diritto di informazione», dice Gratteri. Sui tre mesi di durata dell’ inchiesta, «una cosa del genere segnerebbe la fine delle indagini per mafia. Tre mesi non bastano neppure per dimostrare un’estorsione. Siamo al ridicolo. Ho avuto modo di vedere da vicino come lavora il Parlamento: sembra un lavandino otturato. Ci sono troppe riforme, troppi decreti legge che ingolfano tutto, e tante proposte sullo stesso tema. Anche se poi si arena tutto. In questo caso – sottolinea Gratteri – c’è da sperarci. Le norme di cui stiamo parlando sarebbero un gran regalo alle mafie».
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