REGGIO CALABRIA L’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria vive le stesse precarietà che colpiscono tutta la sanità calabrese. Le vive da anni e lo sanno bene pazienti e medici che la frequentano ogni giorno. Ha, però, esigenze di sacralità simili a quelle che si registrano in Vaticano: la sede legale è, per il direttore amministrativo Giulio Carpentieri, un po’ come la basilica di San Pietro. Dunque, messi da parte per un attimo tutti i problemi di cui ci si deve occupare ogni giorno, il manager si è dedicato a dettare qualche semplice regola sui codici d’abbigliamento. Le «norme comportamentali per l’ingresso agli uffici» firmate dall’ex segretario del consiglio regionale sono un suggerimento per il vestiario rivolto a tutti i reggini e le reggine.
(La nota del direttore amministrativo dell’Ao di Reggio con le disposizioni sul vestiario)
E vogliono «evitare situazioni di compromissione delle comuni regole di vita». È una questione di valori fondanti del vivere comune. Una scelta che «reitera la disposizione già impartita dalla direzione strategica negli anni passati». Disposizione che Carpentieri avrà tirato fuori da qualche cassetto, visto che non dirigeva lui la struttura l’estate scorsa. In ogni caso, sta agli addetti alla portineria diventare magister elegantiarum all’occorrenza, e «inibire l’ingresso all’utenza in abiti non adeguati alla dignità del luogo rappresentato dalla sede legale dell’Azienda ospedaliera». E giù con il regolamento in stile Santa sede: «L’ingresso è vietato ai soggetti di sesso maschile che indossano canottiere, pantaloncini a gamba corta, bermuda, pinocchietti, sandali e calzature da mare». E per le donne? Niente paure, anche il gentil sesso ha i suoi capi off limits: niente «abiti succinti in genere». E qui si apre anche a pericolose questioni di interpretazioni, ma non c’è dubbio che gli addetti alla portineria saranno debitamente istruiti. Certo, poi sarà il caso di tornare a “volare basso” e pensare a problemi più banali, come i conti e le prestazioni sanitarie. Un suggerimento, però, come avrebbe detto Lubrano, sorge spontaneo: quelli che hanno fatto i guai più grossi nella sanità calabrese non indossavano canottiere ma giacche e cravatte. In portineria (e ai piani alti) dovrebbero prestare attenzione anche agli abiti di alta sartoria.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
x
x