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La lunga scia di sangue nel Soveratese

CATANZARO Ferdinando Rombolà era ritenuto, dagli esponenti della cosca Sia-Procopio-Tripodi, direttamente coinvolto negli omidici di Vittorio Sia e Agostino Procopio. Per questo il clan domina…

Pubblicato il: 29/07/2015 – 14:45
La lunga scia di sangue nel Soveratese

CATANZARO Ferdinando Rombolà era ritenuto, dagli esponenti della cosca Sia-Procopio-Tripodi, direttamente coinvolto negli omidici di Vittorio Sia e Agostino Procopio. Per questo il clan dominante a Soverato aveva deciso di intervenire. La sera del 22 agosto 2010, sulla spiaggia di località Glauco-San Nicola di Soverato, intorno alle 19:15 un uomo magro, di carnagione scura, alto circa 1,70 che indossava pantaloni chiari e una maglietta nera a maniche corte, con un casco integrale nero dalla visiera trasparente, si avvicina all’ombrellone sotto al quale si trovano Rombolà, la sua compagna, il figlio di 10 mesi, e la sorella della compagna. In ciascuna mano il killer impugna una pistola. Ferdinando cerca di scappare verso il lido vicino ma viene colpito su un fianco dal suo inseguitore, cade sulla sabbia e viene finito con colpi esplosi da entrambre le pistole, una calibro 7,65 e una calibro 38. Le indagini dei carabinieri del Roni del Comando provinciale di Catanzaro – coordinati dalla Dda del capoluogo – partiranno da qui, senza più fermarsi, sulle tracce di una lunga scia di sangue che ha travolto il soveratese, fino agli arresti effettuati oggi. Verranno ascoltate la compagna di Rombolà, la sorella di lei e tutti coloro che, presenti sulla spiaggia, hanno visto qualche cosa. C’è il medico che cerca inutilmente di rianimare la vittima, l’uomo che rientrando dalla spiaggia, sente le urla, gli spari e vede un tipo sospetto con un casco nero che fugge dal sottopasso ferroviaro con indosso una borsetta nera a tracolla e raggiunge un uomo su scooter grigio che lo aspetta col motore acceso. L’uomo col casco era, secondo gli inquirenti, Antonio Pantaleone Gullà, e il complice che lo aspettava con la moto era il collaboratore di giustizia Bruno Procopio, le cui dichiarazioni saranno importanti nel ricostruire tutta la vicenda.

 

L’OMICIDIO IN PUBBLICO PER LA VENDETTA NELLA GUERRA DI MAFIA Non è un caso – ha detto in conferenza stampa il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto – che le dinamiche delle morte di Rombolà siano state così eclatanti: tra la gente, sulla spiaggia. Il messaggio doveva essere chiaro, il clan Sia-Procopio-Tripodi è presente e organizzato. La guerra per il controllo del Soveratese aveva già provocato una lunga scia di fatti di sangue: l’omicidio del boss di Serra San Bruno Damiano Vallelunga (27.9.09); l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Giuseppe Todaro (22.12.09); l’omicidio di Pietro Chiefari (16.1.2010); il tentato omicidio di Giuseppe Santo Procopio (26.1.2010); il tentato omicidio di Vittorio Sia (11.4.2010) e l’omicidio del medesimo dieci giorni dopo; a distanza di due mesi vengono uccisi i gemelli Vito e Nicola Grattà (11.6.2010); l’omicidio di Salvatore Vallelunga (fratello di Damiano) e il secondo tentato omicidio di Giuseppe Santo Procopio (14.6.2010); l’omicidio di Agostino Procopio avverrà un mese dopo (23.7.2010). Otto morti e tre episodi di tentati omicidi. In risposta a tutto questo, il 22 agosto 2010, sulla spiaggia di Soverato, la cosca Sia-Procopio-Tripodi imprime, davanti a tutti, la sua vendetta su Ferdinando Rombolà, ritenuto vicino alla cosca dei Gallace, e sospettato dell’omicidio di Vittorio Sia e Agostino Procopio.

 

LA LOTTA PER LA “SECURITY” Il controllo del territorio è fatto da tante attività, compreso il servizio di security nei locali. Settore nel quale era bene inserito Ferdinando Rombolà. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, questi era venuto a conoscenza, dai gestori degli stabilimenti balneari e delle discoteche di Soverato, che Vittorio Sia e i suoi affiliati avevano intenzione di entrare nel giro, piazzando i loro uomini nei vari locali. Rombolà, allora, decide di affrontare Sia e, a muso duro, gli dice che se si fosse intromesso gli avrebbe «spaccato il culo». La lotta per il predominio del territorio e il contesto nel quale viene inserito l’omicidio di Rombolà partono da qui.

Alessia Truzzolillo

a.truzzolillo@corrierecal.it

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