Omicidio Rombolà, presi mandanti e killer

CATANZARO Una catena di sangue che parte dal 2008, quando il clan soveratese dei Sia-Procopio-Tripodi viene dimezzato grazie anche all’operazione antimafia “Show down”. L’omicidio di Ferdinando Rombolà, avvenuto il 22 agosto del 2010 sulla spiaggia di Soverato, dove la vittima si trovava con la famiglia, nasce in seno a questa nuova guerra per il controllo del territorio che vede gli uomini vicini ai Gallace-Todaro cercare di ridimensionare il potere della cosca avversaria. In un anno e mezzo si contarono 15 fatti di sangue.
I carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro hanno notificato a quattro indagati, già detenuti per altri reati, altrettante ordinanze di custodia cautelare in carcere relative al delitto. I provvedimenti sono stati emessi dal gip a conclusione di indagini coordinate dalla Dda del capoluogo.
Rombolà, che faceva il buttafuori nei locali, era ritenuto vicino alla cosca Gallace e sospettato di essere stato parte attiva nell’omicidio di diversi esponenti dei Sia-Procopio-Tripodi. È stato questo il movente che, secondo gli inquirenti, ha armato la mano di Antonio Pantaleone Gullà, 48 anni, accompagnato sulla spiaggia, a bordo di una moto, dal collaboratore di giustizia Bruno Procopio (indagato), che poi ha favorito la fuga del killer dopo il delitto. Un delitto che per gli investigatori è stato ordito con una pianificazione dettagliata, quasi militare, come ha spiegato in conferenza stampa il comandante del reparto operativo Alceo Greco. Il padre del pentito, Fiorito Procopio, 62 anni, ritenuto il boss di Davoli, sarebbe stato uno dei mandanti, ruolo che secondo gli inquirenti avrebbe svolto anche Michele Lentini, 44 anni. A occuparsi dell’organizzazione logistica, infine, sarebbe stato Vincenzo Bertucci, 32 anni.

GLI INQUIRENTI: «SOVERATESE TERRITORIO DIFFICILE» «Gli arresti di oggi rappresentano un punto fermo sulla presenza della criminalità organizzata nell’area del soveratese e il seguito di un’attività giudiziaria che già ha avuto un primo riconoscimento da parte della Cassazione, dopo le condanne definitive per i componenti della cosca Sia-Tripodi-Fiorito». Lo ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri nel corso della conferenza stampa sull’operazione del Nucleo investigativo di Catanzaro che ha portato agli arresti per il delitto Rombolà. I dettagli delle indagini sono stati illustrati oltre che da Bombardieri dall’altro procuratore aggiunto, Vincenzo Luberto, coordinatore Dda per l’area jonica; dal comandante provinciale dei carabinieri di Catanzaro, colonnello Ugo Cantoni e dal comandante del Nucleo investigativo, tenente colonnello Alceo Greco. Un delitto efferato, è stato spiegato, pianificato e organizzato in modo militare e maturato all’interno di una faida di ‘ndrangheta. Il sicario, con il volto coperto da un casco e impugnando due pistole, ha agito senza timore, sparando a Rombolà prima alle spalle per poi finirlo incurante del contesto in cui si trovava». Per Luberto, «il soveratese è un territorio difficile in cui deve esserci un’affermazione forte dello Stato. A fronte di questo, però – ha rilevato il procuratore aggiunto – il lavoro che ha portato al risultato di oggi è stato svolto da un solo magistrato».

ale. tru.