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Scalzo: «Le mie dimissioni una scelta di libertà»

In una manciata di mesi, tanto è durata la sua presidenza del Consiglio regionale, Tonino Scalzo è riuscito a lasciare un’impronta e segnare un primato, dimettendosi da una poltrona prestigiosa che…

Pubblicato il: 29/07/2015 – 16:02
Scalzo: «Le mie dimissioni una scelta di libertà»

In una manciata di mesi, tanto è durata la sua presidenza del Consiglio regionale, Tonino Scalzo è riuscito a lasciare un’impronta e segnare un primato, dimettendosi da una poltrona prestigiosa che poteva tranquillamente mantenere anche in barba a qualsiasi diktat politico, posto che l’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale è forse l’unico organismo elettivo non sfiduciabile. Lascia con la stessa eleganza istituzionale con la quale si era insediato, eppure di cose da dire a chi ha sommato mele e pere ne avrebbe. Ma confida nel tempo che resta galantuomo.
Raggiungerlo non è stato facile: lasciato Palazzo Campanella è filato dritto nella sua casa di Conflenti, incaricando la segreteria del suo cellulare di informare che «l’utente chiamato non è, al momento, raggiungibile». Ma precisa: «Non ho staccato il telefono, non lo faccio mai, solo che abito in una zona un poco periferica che ha il vantaggio di non avere copertura da parte della rete telefonica dei cellulari, i miei amici e i miei collaboratori lo sanno e chiamano al numero fisso. Poi non immaginavo interesse per una intervista a me…».
Si schermisce, ma è sincero.
Gli spieghiamo, per restare nell’ironia, che sarebbe stato assai più difficoltoso parlare con il suo successore. Nicola Irto in queste ore avrà il telefono bollente. Un poco come nei delitti di mafia, dove la prima corona è quella del mandante, dopo un’elezione importante le prime telefonate complimentose sono di quelli che hanno fatto di tutto per segarti le gambe. E andiamo all’intervista.
Presidente Scalzo, lei ha lasciato uno degli incarichi più ambiti della politica calabrese. Rimpianti?
«Nessuno. Ho deciso un mese fa e sono stato irremovibile, in caso di ripensamenti ci sarebbero stati ampi margini di manovra. Anche perché nel mio partito, il Pd, nessuno ha chiesto le mie dimissioni. Né a Lamezia né a Roma. Lo ha ribadito ieri in aula anche il presidente Oliverio».
In molti scommettevano che alla fine sarebbe rimasto in sella lei, secondo un cliché da Prima Repubblica.
«Guardi, politicamente sono cresciuto nella Prima Repubblica e non le nascondo che, per certi aspetti, ne ho nostalgia. Sono nato nella Democrazia Cristiana e non ho mai cambiato neppure corrente. Ma proprio la coerenza personale e politica mi ha portato a compiere un passo indietro che era indispensabile nella fase di stallo che stavamo attraversando. Ci sono stati frangenti in cui il dibattito era diventato surreale, sembrava quasi che fossi diventato io l’unico problema della Calabria. Così, prima ho dato la mia disponibilità, poi sono rimasto fermissimo nella mia decisione. Per essere determinati non è necessario alzare la voce».
Sente di essere stato impallinato dal “fuoco amico”?
«È legittimo che in politica ognuno difenda la propria posizione. Da cattolico tengo sempre presente un vecchio adagio: “Dagli amici mi guardi Iddio, ché dai nemici mi guardo io”. Ma non è questo il caso. No, nessun fuoco amico».
L’opposizione l’ha difesa…
«Ringrazio gli amici consiglieri di maggioranza e opposizione, con cui ho svolto un proficuo lavoro in Ufficio di presidenza, in conferenza dei capigruppo e in Aula. Sono rimasto tutto il pomeriggio lì, seduto alle spalle della presidenza, al riparo da occhi indiscreti. Ho ascoltato attentamente tutto quello che è stato detto. La difesa del presidente del consiglio regionale da parte delle minoranze è stata sentita, autentica e, nell’ambito del dibattito, ritengo anche utile».
Non le sembra di aver creato un precedente molto pericoloso nel dimettersi per un avviso di garanzia?
«Ho detto fin dall’inizio di essermi dimesso per favorire il rilancio dell’azione di governo in Calabria. Tanto premesso, però, dovremmo anche metterci un po’ d’accordo sulle regole del gioco. Se non mi fossi dimesso, ad avviso di alcuni, la Calabria sarebbe implosa; adesso mi si viene a dire che è stato sbagliato farlo. La verità è che, lasciando la presidenza del Consiglio regionale, ho voluto restituire al mio ruolo politico la dignità che deriva dalla libertà. Questa decisione è stata un modo per ribadire la primazia della politica, per rafforzarla e non già per indebolirla. Mi auguro che nessun collega in futuro sia messo nella spiacevole condizione di decidere se comportarsi come me o no».
Cosa le viene contestato nell’ambito di “Rimborsopoli”?
«Ci sarebbero delle spese per circa 11mila euro in tre anni che, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero “inconferenti”. Rifornimenti di benzina, pochissime cene e attrezzature per ufficio regolarmente inventariate, tutte attività riconducibili al gruppo. Sono convinto che ogni aspetto sarà chiarito: confido pienamente nella magistratura».
Che pensa del suo successore Nicola Irto?
«La migliore scelta possibile. Un giovane di valore che, a 33 anni, ha già la maturità personale e politica per ricoprire quel ruolo. È arrivato in Consiglio regionale spinto da un grande consenso popolare. Sono certo che lavorerà bene».
E della nuova giunta?
«Una squadra di governo che sotto la presidenza di Oliverio, grazie alle competenze e alla visione di chi la compone, riuscirà certamente a far imboccare alla Calabria la strada del cambiamento e dello sviluppo».
Lei è rimasto democristiano, lo sa?
«Lo prendo come un complimento».
Adesso cosa farà?
«Il consigliere regionale. Con le mani libere di rappresentare nel migliore dei modi il territorio che mi ha espresso, cioè Lamezia Terme, la provincia di Catanzaro e la circoscrizione che comprende anche Vibo Valentia e Crotone. La Calabria ha tante emergenze da aggredire con urgenza. A cominciare dai problemi della sanità, che richiedono uno sforzo per andare tutti dalla stessa parte. E ancora, i fondi strutturali europei, i finanziamenti diretti messi a disposizione dall’Unione e mai utilizzati da queste parti, la drammatica questione occupazionale e il ciclo integrato dei rifiuti. Al contempo, continuerò a lavorare a Bruxelles nella qualità di rappresentante della Calabria al Comitato delle Regioni. E soprattutto riserverò il mio impegno e le mie energie alla vita di partito, assieme ai tanti amici che in questi mesi mi hanno sostenuto e con cui componiamo un nucleo ampio, forte e coeso».

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