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Una proposta per battere la corruzione

La cronaca recente mostra chiaramente che la corruzione sia un fenomeno ampiamente diffuso nella società italiana e non sia limitato ad alcune regioni o alcuni contesti territoriali.Un caro collega…

Pubblicato il: 31/07/2015 – 8:25

La cronaca recente mostra chiaramente che la corruzione sia un fenomeno ampiamente diffuso nella società italiana e non sia limitato ad alcune regioni o alcuni contesti territoriali.
Un caro collega e amico, Marco Arnone, purtroppo prematuramente scomparso nel 2012, già nel 2005 aveva scritto che la corruzione costa ed ne aveva misurato sia i costi economici (diretti) sia i costi istituzionali e sociali (indiretti). Ai costi diretti della corruzione che per l’Italia valgono 60 miliardi di euro, si aggiungono quelli indiretti che poi incidono direttamente sulla vita dei cittadini.
La corruzione è un fenomeno pervasivo e nebuloso che in generale non desta allarme sociale e pertanto resta sommerso fin quando le indagini non lo fanno venire alla luce.
Proviamo a esaminare alcuni fatti stilizzati.
La corruzione in primo luogo rappresenta in tutte le società un fenomeno ciclico che raggiunge un massimo nei periodi di maggior lassismo nella repressione da parte dello stato e diminuisce nei periodi in cui lo Stato aumenta il livello di controllo. Il danno sociale prodotto dalla corruzione non rimane limitato solo allo spreco di risorse connesso, ma incide negativamente sulla libertà economica distorcendo i meccanismi di libera concorrenza e di meritocrazia che sono alla base di ogni democrazia economica.
Il comportamento corruttivo diventa vantaggioso dal punto di vista economico quando la probabilità di essere scoperti e sanzionati è bassa, anche in presenza di pene elevate e quando mancano forme di controllo e di disapprovazione sociale per i comportamenti corruttivi.
Il problema della corruzione non si risolve, quindi, semplicemente aumentando le pene, anzi sono i paesi con le pene più dure ad avere tassi più elevati di corruzione. Occorre piuttosto creare un meccanismo educativo che generi una disapprovazione sociale dei comportamenti corruttivi. La mia impressione è che la corruzione, tutto sommato, sia accettata quasi come un male necessario da una larga parte della popolazione italiana. Per cui mi sentirei di fare una proposta provocatoria. Arriviamo anche a depenalizzare la corruzione dal punto di vista penale, ma introduciamo solidi e condivisi meccanismi sociali di messa al bando di corruttori e corrotti. Nella democrazia ateniese erano in vigore due istituti l’atimia e l’ostracismo. L’atimia, letteralmente perdita dell’onore, significava la perdita dei diritti civili, mentre l’ostracismo invece comportava l’esilio forzato per 10 anni per coloro che rappresentavano un pericolo per la πολισ (polis). La vera sanzione per i comportamenti corruttivi è l’istituzione di forme atimia e di ostracismo che riguardino gli aspetti economici ed partecipativo-elettorali di corruttori e corrotti che unite a norme che consentano l’aggressione ai patrimonio illeciti frutto di corruzione, porterebbero come risultato l’abbattimento certo del livello della corruzione. In più poiché si tratta di provvedimenti di natura amministrativa, piuttosto che penale, questi sarebbero più facile e veloce applicazione e, nel contempo porterebbero ad un maggior livello di garanzia per i soggetti che vedrebbero attaccata la loro libertà economica e patrimoniale, ma non quella personale.
Occorre, poi, cercare di eliminare dalla Pubblica amministrazione tutte quelle zone di scarsa trasparenza che diventano l’anticamera della corruzione. Le emergenze, reali e costruite ad hoc, i cosiddetti costi della politica, le scelte discrezionali e intuitu personae, non sono altro che situazioni che, ancorché giustificate in casi estremamente rari, diventano sospette quando diventano di uso comune. E diventano luogo di corruzione e di scambio politico-clientelare.
Un ultimo aspetto va poi dedicato all’utilizzo sempre crescente che le organizzazioni criminali, mafia e ‘ndrangheta in particolare, fanno della corruzione come strumento per realizzare i loro obiettivi criminali.
La mafia e la ‘ndrangheta 2.0 preferiscono ricorrere a meccanismi corruttivi per realizzare il condizionamento del mercato, piuttosto che i tradizionali metodi violenti. Del resto perché intimidire con violenza chi può più agevolmente essere comprato? E, inoltre, trattare con una pistola sotto il tavolo risulta sicuramente più semplice.
Economia della corruzione ed economia criminale tendono sempre più a sovrapporsi fino a diventare quasi indistinguibili.
Queste considerazioni rendono ancora più cogente la necessità di un intervento forte contro la corruzione come strumento per combattere anche la colonizzazione dell’economia legale da parte delle organizzazioni criminali, oltre che per realizzare l’obiettivo di un maggior livello di legalità diffusa nella società.

 

* docente dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria

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