In una lunga intervista, concessa a Adriano Mollo per Il Quotidiano del Sud, Carletto Guccione, che resta il consigliere regionale più votato e che ha lasciato il governo regionale per via della sommatoria tra mele e pere che, nell’ambito dell’inchiesta Rimborsopoli, ha messo sullo stesso piano chi staccava assegni per foraggiare i propri fiancheggiatori mediatici o si pagava le trasferte con l’amante con chi, invece, spendeva quei soldi per promuovere convegni e dibattiti, manda due importanti “avvisi ai naviganti”.
Il primo è di natura squisitamente politica: metabolizzata l’ingiusta esclusione dalla giunta, si torna a fare politica e si intende proseguire, dai banchi del consiglio regionale, quella lotta per il cambiamento avviata a Palazzo Alemanni.
Il secondo è molto più operativo e focalizza l’eterno problema della gestione allegra di una serie di “società in house” che ad ogni legislatura il consiglio regionale abbatte e la giunta regionale rivitalizza cambiandogli il nome. Parte da qui Guccione, ricordando ad esempio che già è scaduto il termine (31 luglio ultimo scorso) entro il quale dovevano essere liquidate Arssac e Afor. Prosegue denunciando gli ammanchi registrati in Calabria Lavoro e Field e approda a Fincalabra fornendo un dato che non ha solo una devastante valenza politica, ma si pone anche come interessante materia per un approfondimento giudiziario: oltre 100 milioni di euro sono stati spostati in vari conti correnti bancari e, citiamo testualmente, «la maggior parte dei fondi sono stati attivati ad aprile 2015». Come dire quando ormai da qualche mese era partita la nuova legislatura.
Ci sono, poi, sempre con riguardo a Fincalabra, degli spot lanciati da Guccione che fanno alzare il pelo: 20 milioni di capitale sociale interamente bruciato; perdite accumulate nei vari esercizi fino a giunge agli odierni 5,7 milioni di euro.
Nonostante questi numeri forniti dal consigliere Guccione, qualcuno ancora oggi parla, sicuramente avrà i suoi interessi a farlo, di Fincalabra come una società da prendere a modello. Guccione non la pensa così e la battaglia è aperta. Anche dentro al Partito democratico, al quale molti degli “avvisi ai naviganti” contenuti nell’intervista a “Il Quotidiano” appaiono dedicati.
Un dato ancor più importante se si aggiunge, poi, che, sicuramente per ragioni di spazio, la discovery offerta al collega Mollo dall’ex assessore Guccione è incompleta. Non c’è traccia, giusto per fare un esempio, degli oltre trenta milioni di euro che la Regione Calabria ha intimato di restituire a percettori che non avevano titolo per incassare i contribuiti elargiti, proprio da Fincalabra. Si ricorderà che questo fu l’ultimo atto dell’allora direttore generale per le attività produttive Maria Grazia Nicolò, oggi prefetto e commissario presso l’Asp di Caserta. La dottoressa Nicolò, prima di abbandonare il posto coperto con estrema fermezza e grande autonomia presso la Regione Calabria, emise ordinanze di revoca e intimazioni di recupero delle somme elargite a “illustri” imprenditori calabresi. Alcuni di questi leader nel mondo dell’editoria calabrese, altri seduti proprio al vertice di Fincalabra. Anche l’ex consigliere regionale Aurelio Chizzoniti, dallo scranno di presidente della commissione consiliare di Vigilanza condusse non poche battaglie per il recupero di quei soldi regalati a chi non aveva titolo. Sul punto Chizzontii ha anche presentato esposti e denunce alla Procura della Repubblica di Catanzaro, ma fin qui neanche un euro è tornato nelle casse della Regione.
Anche per queste ragioni l’iniziativa di Carletto Guccione appare meritoria, indica un tema sul quale il consiglio regionale può e deve esercitare quel ruolo di indirizzo e di controllo che lo Statuto e la legge gli assegna. Una causa, questa, sulla quale varrebbe la pena spendersi, naturalmente dopo avere risolto quella della restituzione del cranio del brigante Villella.
direttore@corrierecal.it
x
x