CATANZARO C’è una nuova incognita sui conti regionali: la sentenza della Consulta in materia di utilizzo delle anticipazioni dei decreti cosidetti “Sblocca-debiti” varati dal governo. Una decisione dei giudici della Suprema corte che per il momento ha riguardato una serie di provvedimenti deliberati dalla Regione Piemonte che utilizzavano, appunto, quelle risorse per “ripulire” i propri conti ma che potrebbe ben presto interessare anche la nostra regione.
La materia del contendere è semplice – spiega abilmente Gianni Trovati sulle colonne del Sole 24 Ore – e riguarda le somme che il governo ha messo a disposizione degli enti locali per saldare i propri debiti «certi, liquidi ed esigibili» nei confronti di fornitori di beni e servizi e di imprese che negli anni hanno contratto rapporti con la Pubblica amministrazione. Una torta che per la Calabria vale circa 164 milioni di euro (per l’esattezza 163.942.841 euro) già erogati a favore della nostra regione per ottemperare agli impegni di spesa cui l’ente non è riuscito negli anni a far fronte per carenza di liquidità. Una cifra cospicua che fa salire la Calabria al decimo posto nella classifica nazionale dei prestiti erogati a favore delle Regioni. Dunque prestiti finalizzati – che gli enti locali dovranno restituire con un piano di ammortamento frazionato in un trentennio – e non nuovi capitoli d’entrata da ascrivere nei bilanci regionali. Magari per sanare maxi-disavanzi o peggio per generare nuova spesa. Su questo aspetto la Corte costituzionale – con sentenza n. 181/2015 emessa una manciata di giorni fa – è stata categorica: è una procedura illegittima. Così se la Calabria dovesse aver preso la stessa strada del Piemonte si troverebbe d’un tratto falcidiata una buona fetta di risorse, magari utilizzate per altri scopi. Altri e diversi da quelli finalizzati a soddisfare i giusti crediti vantati da aziende e imprese calabresi.
Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it
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