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Il settore termale dimenticato dalla Regione

LAMEZIA TERME La Calabria ha un tesoro che non sfrutta. Sono le acque termali, una risorsa dal valore inestimabile che la Regione non valorizza. Il Corriere della Calabria, in collaborazione con Vi…

Pubblicato il: 05/08/2015 – 11:02
Il settore termale dimenticato dalla Regione

LAMEZIA TERME La Calabria ha un tesoro che non sfrutta. Sono le acque termali, una risorsa dal valore inestimabile che la Regione non valorizza. Il Corriere della Calabria, in collaborazione con Viva Voce Tv, ha affrontato un tema parecchio trascurato con chi il settore termale lo gestisce e lo conosce molto bene: il presidente delle Terme Sibarite (a Cassano allo Jonio), Mimmo Lione; il presidente della Terme di Caronte (a Lamezia Terme), Emilio Cataldi; il presidente della Terme Luigiane (Guardia Piemontese), Sonia Ferrari; il presidente delle Terme di Antonimina (a Locri), Francesco Macrì; e il presidente delle Terme di Galatro (a Gioia Tauro), Giuseppe Trimarchi. Le domande sono sorte spontanee: perché si pensa alla Calabria e non si pensa alle terme, ai suoi stabilimenti termali, alle cure che offrono, alla forte capacità attrattiva e turistica che possiedono, alla possibilità che hanno di destagionalizzare flussi turistici e di creare intorno a sé attività satelliti in grado di arricchire l’economia e le offerte di lavoro del proprio territorio? Non solo, le terme sono anche un risorsa che permetterebbe di invertire quella tendenza alla mobilità passiva che investe il comparto sanitario in Calabria.

Uno dei problemi – è emerso – che affliggono il settore sono i tetti di spesa troppo risicati che la Regione impone agli stabilimenti. In sostanza funziona così: ogni cittadino ha diritto a un ciclo di cure termali a carico del Sistema sanitario nazionale, presentando la prescrizione del medico di famiglia. La Regione, entro un certo limite, dovrebbe rimborsare le prestazioni per questi cicli di cure termali. Ma questo limite, dicono i gestori delle terme, è molto basso. A Lamezia, per esempio, si ferma a un milione e 300mila euro scarsi all’anno. Un tetto che si raggiunge presto e che, superato il quale costringe il cittadino rimasto fuori, a pagare da sé, per intero, le cure, e non consente agli stabilimenti di attrarre quel numero di pazienti e clienti tale da far decollare il settore. Eppure l’investimento per arrivare a questo decollo non è esoso ma è stato calcolato sui sei milioni di euro. Anche i dipendenti delle terme, per quanto personale specializzato, risentono di questo stato di cose. Questi, infatti, sono precari, sono lavoratori con contratti stagionali, personale da chiamare a seconda dei periodi di maggiore afflusso turistico. Quello termale è un settore pubblico che però la Regione non valorizza. Per esempio, per quanto riguarda le terme di Antonimina, per poter rendere attiva una nuova vasca termale, basterebbero 30mila euro. Non sono cifre esorbitanti, soprattutto se considerate alla luce dei recenti sprechi e delle spese che i vari gruppi consiliari sono stati capaci di fare negli ultimi anni.

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