Venire dall’hinterland milanese, una cinquantina di giovani, non per un tuffo nelle acque del Tirreno o dello Jonio, ma per partecipare ad un campo di lavoro, promosso da Libera, significa «sapersi donare, saper pensare agli altri, sapere che esistono quanti hanno più bisogno di te».
Altrimenti non si spiega come un gruppo ben nutrito di giovani lombardi, anziché andare in montagna, a Merano, a Santa Margherita Ligure al mare, o finanche all’Idroscalo per garantirsi un po’ di riposo, abbia preferito le assolate terre calabresi per partecipare alle iniziative che don Pino De Masi, il parroco di Polistena e referente di Libera, organizza tutti i mesi dell’anno o quasi. Stavolta, con il “mancato vescovo” della Piana, originario di Cittanova, vice parroco a San Ferdinando, parroco a Polistena, vicario della Diocesi di Oppido-Palmi, c’era anche don Luigi Ciotti, che non sta fermo un giorno senza portare il messaggio dell’Evangelo. Oggi al Nord, domani al Sud, poi al centro, infine – ma non per ultime – nelle Isole. Ed è stato proprio il prete con il ciuffo ribelle, dalla parole facile e coinvolgenti, che alcuni avevano additato, prima dell’elezione di Mattarella, come ipotetico presidente della Repubblica, per le sue capacità ed il suo dinamismo, ad accogliere i milanesi di Polistena. A loro, Don Ciotti, che in Calabria vanta una rete spontanea di organizzazioni di Libera nelle cinque province calabresi, ha dato il benvenuto, lui – figlio dell’Italia intera – ha parlato della Calabria come di una terra meravigliosa, unica in tutti suoi aspetti, nella quale i clan, pur presenti e radicati – basti vedere l’impegno quotidiano di Federico Cafiero de Raho, dei suoi aggiunti, tra i quali spicca Nicola Gratteri – non possono distruggere il coraggio e l’impegno dei calabresi. Sono parole, queste di don Luigi, che si è complimentato con quanti avevano lasciato la ricca Lombardia per prendere parte ad uno dei ben settemila campi di Libera. Campi nei quali non si sta sdraiati al sole per l’abbronzatura, ma dove si scava la terra per servizio, per aiutare i residenti a tirare avanti le coltivazioni e soprattutto, ha ammonito don Ciotti, si scava dentro le coscienze, si conosce il nome, il volto, la voce di gente coraggiosa, che non è poca. Solo “sporcandosi le mani” con chi rinuncia a qualcosa per dare agli altri, si potrà essere protagonisti del cambiamento. Che non arriva da solo, arriva se insieme si collabora, non si sta con le mani in mano, aspettando che siano sempre gli altri ad occuparsi dei problemi di tutti, insomma se ognuno fa la propria parte, se le persone si incontrano e dialogano. Dal dialogo nasce la voglia di affrontare i problemi. Se invece si delega all’altro, si può star certi che i problemi rimarranno sempre lì, si incancreniscono. Ecco perché don Ciotti ha rivolto ai giovani milanesi di Polistena l’invito a non delegare agli altri quello che ognuno di noi può fare, l’invito a non rassegnarsi, ma di gridare sì al bene comune, sì agli altri,che poi siamo noi. Una lezione di vita che hanno ascoltato milanesi e calabresi, all’interno di un palazzo confiscato alla ‘ndrangheta. E visto che c’era non ha mancato, don Ciotti – ma anche don De Masi – di affrontare il tema delle nuove patologie legate alle nuove dipendenze, il gioco d’azzardo, il mondo virtuale di internet, il tema della mafia interessata a fare, ogni giorno di più, soldi da destinare, come non si stanca mai di ripetere Nicola Gratteri, all’acquisto di cocaina. Non poteva, don Luigi Ciotti, non chiedere, ancora una volta, al Parlamento italiano, le modifiche necessarie per rendere più veloce ed efficace la legge sulla confisca dei beni ai mafiosi, dando maggiori strumenti all’Agenzia nazionale sui beni confiscati e concedendo alle cooperative che li gestiscono i fondi necessari per il loro recupero. La conclusione del fondatore di Libera: da 120 anni parliamo di mafie, da 60 le mafie prosperano al Nord, cambiano nomi ed affari, ma loro essenza malavitosi è sempre la stessa, se cambia, cambia in peggio. Ecco perché il tocca a noi, per vivere meglio, ma anche per preparare un terreno migliore per i nostri figli, che hanno il diritto di vivere, nella legalità, in un mondo che dia la possibilità di crescere, senza angherie e soprusi che, purtroppo, in un modo o nell’altro, imperversano. Basta aprire gli occhi e guardarsi intorno.
*giornalista
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