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La movida a Cosenza e le manovre della politica

Quando la misura è colma, stracolma, quando si trascende del tutto il limite delle cose, quando la menzogna e l’arrivismo politico, come serpi, si insinuano nei destini delle persone, quando le par…

Pubblicato il: 06/08/2015 – 14:12

Quando la misura è colma, stracolma, quando si trascende del tutto il limite delle cose, quando la menzogna e l’arrivismo politico, come serpi, si insinuano nei destini delle persone, quando le partite si spostano dal campo precostituito per legge, che è il processo, a radio, Tv, social network, in cerca di chissà quale consenso o pubblico compatimento, credo che anche l’ultimo fra gli avvocati debba dirle due parole. E mi farò attrarre dal trabocchetto solo per alcuni minuti, alcune righe, dopodiché tornerò a fare quel che credo di dover fare, cioè l’avvocato nei processi, non l’avvocato alla radio, alla tv, non l’ingegnere, l’architetto, il fabbro, che si spaccia per universale conoscitore dell’unico e più vero senso della legge, del diritto e di altre astrazioni metafisiche di tal fatta.

Gli “indignados” di Santa Teresa, il Comitato dei residenti, le interrogazioni parlamentari, questo giochetto tutto italico fatto di personaggi che si ergono a custodi della verità assoluta (la loro) e soprattutto ad autentici interpreti della legge, della legalità, delle tanto invocate “regole”.

Difendo, sì, l’interesse economico di alcuni locali della piazza più chiacchierata della città, ma ho sempre pensato che questa professione imponga delle riflessioni ulteriori, che trascendano persino il fatto, per certi versi. Astrarsi dal fatto, per non astrarsi dalla realtà. Ed allora, forse, l’interesse economico non è il solo, e credo neanche sia l’oggetto principale di questa partita. È il diritto a crearsi una prospettiva di vita, fatta di lavoro, lavoro, lavoro; è questo che merita una tutela forte, una risposta chiara. Esiste, o non esiste? Se non esiste andiamo tutti a casa, non esisterà per i locali  e ci batteremo perché non esista per nessuno. Altrimenti è necessario, attraverso gli strumenti che la legge offre, con gli occhi laici del giudice, tenerlo nel debito conto. Mi sembra indiscutibile che questo diritto deve fare i conti con i diritti degli altri, e con essi bilanciarsi, perché è proprio vero che una libertà è tale solo se ed in quanto incontra il suo limite in un’altra libertà.

Ma attenzione a porre in avanti il diritto dei proprietari. La proprietà che vinceva su tutto e su tutti è realmente esistita nella storia: il suo periodo di riferimento era il feudalesimo. Non è la Costituzione a dipendere dal codice civile, dalle leggi penali o da quelle amministrative. Chi vuole fare l’avvocato da “Bar Sport” (tranquilli: questo bar lo collochiamo al di fuori di Santa Teresa, anzi, “non in prossimità troppo eccessiva di condomini”, come vorrebbe la brillante sintattica proposta di un certo senatore della Repubblica), almeno legga, rilegga, rifletta, critichi, si faccia due domande, ma ne basterebbe una in fondo. Intendiamoci: il diritto del privato ha sempre un risvolto, un’incidenza pubblica immediata, sol che la si voglia vedere. Se la società civile si fonda sui diritti del singolo individuo, così come si legge nelle pagine dei libri di diritto, ogni profilo privato è già “pubblico”. Anche il diritto dei locali di Santa Teresa. Esso è “pubblico”, non solo perché il rilancio delle attività commerciali significa moneta, consumi, quindi rilancio della città che abitiamo, ma perché, soprattutto, la possibilità di autodeterminarsi, attraverso il lavoro serio ed onesto, è concetto che oggi riguarda i locali di Santa Teresa, domani riguarderà anche i vostri, (i nostri!) figli. Chi avrà una laurea appesa al chiodo, chi avrà un piccolo lavoretto insoddisfacente, chi con una massiccia dose di attributi sentirà la mortificazione personale che sta dietro la paghetta a trent’anni. Chi non avrà nulla.

Basta con la demagogia del “rispettiamo l’imprenditoria giovanile”. Come la si rispetta se poi si cerca, addirittura si chiede giudizialmente, la chiusura totale, e lo si fa in diversi modi, in via diretta ed in via mediata? Questa è la sfida che ho, che abbiamo, accettato. E proprio oggi, non trent’anni fa, quando portare avanti un’attività era un po’ più facile. Quando l’obiettivo più ambito era quello di avere una vita normale, con un lavoro, una famiglia, dei figli. Purtroppo non è il mondo di oggi questo.

Oggi succede che il problema di Santa Teresa risulti essere un’occasione troppo ghiotta per chi una poltrona l’avrebbe già ma vuole il trono con lo scettro, chi specula, chi insinua, chi si prepara alla battaglia elettorale e si propone come mediatore terzo, solo che terzo non è, chi agita vessilli di libertà, solo che poi ha già il santino elettorale in tasca. E poi c’è il vero “Made in Italy”: non il vino tantomeno il Rinascimento, ma la cultura del sospetto, unica via per far breccia nei cuori del popolino, ultima speme nel confronto elettorale, unica possibilità per fingersi giusti. Giornali, radio, Tv, solo insinuazioni. Talora vergognose. Comunque del tutto infondate. E ancora tentativi di boicottaggi legalizzati, come il frequente ricorso, per non dire l’abuso, continuo, costante, alle autorità. E le disparità di trattamento fra locali. Le proposte di mediazione politica e, sullo sfondo, i nuovi candidati al Comune La politica è là fuori, che ci si astenga da questa pietosa mercanzia di voti. Le dispute tra “occhiutiani”, “nucciani”, “gentiliani”, “santa teresiani” e via dicendo, non riguardano i locali. Magari chi si è proposto come arbitro si voleva solo far del bene. Magari. Ma perché non farsi attrarre dal fascino del sospetto. Sospetta il senatore, sospetta il condomino intervistato, sospetterà anche l’avvocato. In fondo il sospetto è un seno talmente grosso che può allattarci tutti.

Ho letto, altresì, nel corpo di un articolo apparso sul web, in una commistione evidentemente non solo apparente, delle lamentele di un condomino circa la totale assenza di controlli, ed il totale mancato rispetto delle “regole” (quali?) da parte degli esercenti dei locali in questione (anche qui, quali esercenti?). A parte il fatto che credo di aver letto le parole di un recordman, perché alle prime tre righe della sua intervista corrispondono altrettante calunnie e diffamazioni certamente configurabili, e si tratta dunque di reati, non di milionarie richieste di risarcimento. La legge? Le “regole”? Si può sempre dire quel che si vuole? Siamo proprio sicuri che i condomini, evidentemente parlo di alcuni e non di tutti, con questo innato senso della giustizia e della legalità, questa così profonda conoscenza del diritto, questa densità di ragioni, siano la sola parte da tutelare? Siamo proprio certi che possano vantare comportamenti irreprensibili? Come sempre accade, forse per dar forza retorica al proprio (a tratti) delirante discorso, l’accento viene posto sul fatto che essi pagano (persino!) le tasse, e che il tutto accada… a loro spese (?).

Il fatto che tali signori lamentino come nessuna autorità si sia mossa per operare controlli nei locali mi fa poi dubitare che gli stessi intervistati abitino proprio a Santa Teresa, perché è impossibile non notare il grande attivismo delle forze dell’ordine in quella zona, quasi tutti i giorni, nelle ore più disparate. Polizia, Carabinieri, Corpo Municipale, tecnici Arpacal. Anche se non si è ancora vista la Guardia forestale. Sfido chiunque alla smentita. Questo dispiegamento di forze dell’ordine in piazza Santa Teresa non ha mai trovato precedenti: né nei locali dove si è sparato, gambizzato (non ce ne sono?), né in quelli dove ci sono state delle intossicazioni di massa (anche fra questi, non ne ricordate nessuno?). È incredibile, altroché! Ecco, il continuo ricorso alle forze di polizia che crea un danno economico di notevole entità oltre che d’immagine, comunque risarcibile, questo non conta nulla? Può considerarsi legittimo? O invece palesa un tentativo di farsi giustizia da sé attraverso un uso distorto della legge? Che questi strenui difensori del diritto (il loro diritto!) si tolgano la maschera. Ed ancora, puntuale come oro
logio svizzero,  il sospetto: «Il Comune si è messo dalla parte dei locali per ottenere voti», cioè al massimo una ventina, tra gestori e loro famiglie. Si prevedono elezioni tiratissime! E chi cavalca la protesta? Siamo ancora una volta sicuri che nessuno di essi sia mosso da ragioni ultronee rispetto al disturbo della quiete pubblica? Si tratta solo di fantasticherie di un piccolo, malizioso, sospettoso, avvocato di provincia? Perché Santa Teresa sarà argomento di elezioni. Da cittadino spero non si parli solo di quello. Anche se, giusto rammentarlo, la questione è stata addirittura oggetto di un’interrogazione parlamentare al Senato! È incredibile anche solo poter pensare che il destino di questi ragazzi e di queste attività possa dipendere da una crocetta su di un simbolo. È così meschino. Qui si vuole solo il lavoro. Che si parli di quello. Altro che il tanto invocato buonsenso. E buonsenso significa reciproci cedimenti, reciproche concessioni. Questo è vivere civile, non altro. Come si può pensare di imporre la propria linea e poi appellarsi al buon senso.

Io ritengo che gli unici ad avere avuto, ad aver dimostrato, buonsenso sono stati proprio i locali che io difendo. Innanzitutto attraverso un atteggiamento di rispetto verso le istituzioni, verso le autorità tutte e verso i condomini, non facendosi mai invischiare nei giochetti tesi solo ad alzare il tono dello scontro, rispondendo ad accuse infondate e talora vergognose (come la somministrazione di alcolici a minorenni, o il fatto che le vecchiette non possano uscire di casa a godere della frescura della piazza perché il parcheggio selvaggio impedisce il passaggio delle sedie a rotelle: ma alle 11 di sera!?!) solo con il lavoro. Al di là del buon senso, esiste solo il processo.Si faranno i processi allora, e si aspetteranno le sentenze. Egregio sindaco, difenda con maggiore forza le sue scelte.

Scelte che reputo giuste e soprattutto del tutto finalizzate all’interesse pubblico, di rilancio della città, di spazi per i ragazzi, di nuove attività commerciali, affinché Cosenza torni ad essere una città in cui non solo è bello, ma addirittura è possibile, vivere per i giovani. Le parole che ho letto sulla bella vita dei giovani vitelloni cosentini, fancazzisti militanti, sono del qualunquismo più becero, in linea con  quella incontinenza sia verbale che mentale con cui da sempre ci facciamo ostruzione da soli. Si è paventato addirittura l’intervento della chiesa, criticandone il silenzio. Ecco, dopo anni di silenzio su temi ben più importanti di questo, magari è il primo silenzio giusto. La politica, Dio, i preti, il giudice. Tutti noi saremo giudicati almeno una volta nella vita. Solo la cultura del lavoro, non quella delle chiacchiere o delle speculazioni, ha dentro di sé la forza dirompente di una libertà giusta. Quella che permette ancora di sentirsi vivi. Solo il lavoro, serio, onesto, faticoso, osteggiato, boicottato, impedito, ha la forza travolgente di uno swing. E continueremo a ballarlo, in attesa che altri tipi di balletti, politici, speculativi, menzogneri, francamente indegni di una società civile, esauriscano la propria odiosa musichetta.

 

*avvocato

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