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Omicidio giudice Scopelliti, Orlando: «Continuare le indagini»

CAMPO CALABRO Il giudice Antonino Scopelliti, ucciso in un agguato di mafia il 9 agosto 1991, è stato ricordato a Piale di Campo Calabro. Alla cerimonia hanno partecipato la figlia del giudice…

Pubblicato il: 09/08/2015 – 14:17
Omicidio giudice Scopelliti, Orlando: «Continuare le indagini»

CAMPO CALABRO Il giudice Antonino Scopelliti, ucciso in un agguato di mafia il 9 agosto 1991, è stato ricordato a Piale di Campo Calabro. Alla cerimonia hanno partecipato la figlia del giudice, la deputata Rosanna Scopelliti, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, il sottosegretario alla Difesa, Gioacchino Alfano, e altri rappresentanti istituzionali. Una corona di fiori è stata deposta davanti alla stele. «L’impegno – ha detto Orlando – è quello di continuare le indagini».

«È bello vedere oggi, così numerose, tante autorità amministrative, delle forze dell’ordine, rappresentanti del governo», ha detto Rosanna Scopelliti.
«Abbiamo iniziato con pochissime persone – ha aggiunto – era un mio sogno vedere la presenza del ministro a cui si riferiva l’attività di mio padre che, purtroppo, ancora attende giustizia. Io spero che dopo un quarto di secolo si possa fare qualcosa. È stato per me un onore che sia venuto il ministro della Giustizia qui, sul luogo dell’assassinio di mio padre. Per me era molto importante. Lo scorso anno fu presente il ministro Angelino Alfano».
Per me – ha evidenziato – è veramente importante perché è l’occasione per sollecitare, ancora una volta, proprio su questo luogo, che a distanza di 24 anni per la barbara uccisione di mio padre ancora non ci siano dei colpevoli. C’è una verità che noi sospettiamo, purtroppo non c’è giustizia. La giustizia, per un uomo di legge per un servitore dello Stato penso sia la cosa fondamentale. L’unico modo, forse il migliore per onorarne la memoria».
«Il 70% delle vittima di mafia – ha concluso – è ancora senza giustizia. I familiari, solitamente, sono abituati a stare in silenzio, chiusi dignitosamente nel loro dolore. Ma non è perché la gente, magari, non fa clamore, debba essere dimenticata».

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