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Archeologia, un patrimonio sulle spalle dei volontari

Nel 2010 a Lamezia Terme, durante gli scavi per la conduttura del metano, in un uliveto vicino allo svincolo che porta alle terme di Caronte è stato ritrovato un sarcofago del III secolo a.C. Una t…

Pubblicato il: 10/08/2015 – 16:57
Archeologia, un patrimonio sulle spalle dei volontari

Nel 2010 a Lamezia Terme, durante gli scavi per la conduttura del metano, in un uliveto vicino allo svincolo che porta alle terme di Caronte è stato ritrovato un sarcofago del III secolo a.C. Una tomba monumentale, unica nel suo genere tra quelle ritrovate in Calabria tanto da ritenere che la famiglia che si era potuta dotare di tale sarcofago lo avesse fatto arrivare da fuori, essendo questo, per forma e dimensioni, del tutto simile a quelli che si trovano a Lipari. Accanto a questo prezioso reperto è stata rinvenuta un’altra tomba, più piccola, in ceramica, con una copertura in tegole. Gli scavi per il metano hanno permesso di ritrovare, nella stessa area, un’urna cineraria con i resti di un corpo umano. Nella stessa zona è stata constatata la presenza del luogo per la cremazione dei defunti. Tutti elementi che fanno pensare, anche al meno esperto tra gli archeologi, che in quella zona sia sepolta un’antica necropoli. Oggi il sarcofago è uno dei pezzi più pregiati del museo di Lamezia Terme – visitabile dal martedì al sabato mattina (scordatevi i fine settimana e il lunedì) – mentre la tomba in ceramica, trovata integra, è stata distrutta da qualche mano avversa all’archeologia e oggi si sta cercando di ricostruirla grazie al lavoro appassionato e volontario dei ragazzi dell’Istituto professionale per l’industria e l’artigianato, assistiti dall’Associazione archeologica lametina e con il patrocinio della Soprintendenza e del Comune. L’area all’interno della quale sono stati trovati questi reperti è rimasta quella che era, al suo interno non sono stati condotti ulteriori ricerche, finiti i lavori per il metano è tornato tutto come prima. È andata molto meglio agli archeologi che seguivano i lavori per la costruzione della strada nella zona industriale di San Ferdinando. «L’area era costituita a una serie di collinette plioceniche, adesso è tutta pianura», racconta l’archeologa Giorgia Gargano. Qui, però, l’insistenza degli archeologi e della Soprintendenza per i beni archeologi della Calabria, ha fatto sì che venissero apposte delle varianti al piano regolatore territoriale nel quale si precisa: «Tale area è interessata da insediamenti archeologici collegabili alla necropoli greca di Medma. Essa è posta nella 3ª zona dell’agglomerato industriale, precisamente nella zona Nord-Est, come indicata nell’elaborato di Prt n° A.4 “Carta dei Vincoli”. Su questa area la Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria ha segnalato la necessità di effettuare indagini preliminari nella aree interessate prima dell’esecuzione di nuove opere. Pertanto la loro utilizzazione è subordinata al parere e/o nulla osta da parte della suddetta Soprintendenza». In un anno e mezzo le tombe sono state portate via ed è stato ottenuto che l’Asi di Reggio Calabria approvasse una variante al percorso della strada.
Un caso fortunato perché, come abbiamo già scritto, oggi in Calabria si scava solo dove ci sono cantieri, dove una ditta privata possa pagare, anzi debba pagare, per ottenere il nulla osta archeologico. È il privato che paga quando i reperti incrociano (anzi, intralciano) il suo cammino. E non tutti reagiscono bene a queste spese impreviste e ai relativi rallentamenti dei lavori. Può accadere di tutto, dalla distruzione dei reperti alle minacce, più o meno velate, agli archeologi.

 

IL PARCO ARCHEOLOGICO DEI TAURIANI A PALMI Una storia a parte merita il parco archeologico dei Tauriani a Palmi. Sorge in un meraviglioso uliveto ed è stato inaugurato nel 2011, dopo 15 anni di ricerche e di scavi. Anche questo gioiello viene gestito da volontari, i soci della onlus Italia Nostra dei quali fa parte la dottoressa Marilena Sica. Al suo interno, oltre alle visite, sono state fatte manifestazioni teatrali, convegni e quant’altro. Ma da quest’anno le visite sono sospese, si potranno effettuare solo su prenotazione perché lo scorso mese di febbraio ignoti hanno dato fuoco al punto di accoglienza del parco.

Tauriani 3

«Stiamo aspettando che la struttura venga ripristinata – dice la dottoressa Sica –. In sei mesi, per il momento sono solo riusciti a rimuovere le macerie. Inoltre, stiamo cercando di capire come reperire le 20/30mila euro necessarie alla ricostruzione del centro accoglienza. Non è una grossa cifra ma l’entrata al parco è gratuita, si è sempre e solo avvalsa delle offerte dei visitatori. Ma un’associazione non può essere lasciata da sola». 



 

ARCHEOLOGIA E VOLONTARIATO Tutela, studio, catalogazione, fruibilità. Tutto il patrimonio archeologico calabrese si basa sul volontariato e sui pochi fondi che possono investire le università. «Ma anche i soldi delle università stanno finendo e non è un problema solo calabrese», afferma la dottoressa Sica. A Caulonia, come abbiamo già scritto, i lavori sono fermi. A Sibari l’Università della Calabria sta lavorando con gli studenti per il recupero dei mosaici. Nel parco archeologico di Broglio, a Trebisacce, da 30 anni lavorano gli studenti della Sapienza di Roma con la cattedra di Preistoria. Ma non basta. Perché il lavoro di volontari e università non può mantenere l’intero patrimonio archeologico calabrese. «Servono investimenti per la manutenzione ordinaria – dice la dottoressa Sica –, non si parla di cifre astronomiche. E poi si tratta di essere un po’ lungimiranti. Prendiamo Caulonia, si sapeva già vent’anni fa che il mare avrebbe eroso la costa e messo a rischio gli scavi». Certo, perché l’erbaccia cresce anche su un sito archeologico, il maltempo e le piogge ricoprono gli scavi. È il caso, per esempio, del sito di Terina, a Lamezia Terme, che necessita di cure. Per quanto riguarda la vicina Abbazia, invece, di recente sono stati stanziati dei fondi, parte dei quali sono serviti per l’acquisto dei terreni circostanti, parte per la recinzione e per la ristrutturazione di un edificio dell’800 che confina con le mura perimetrali dell’Abbazia. Con i fondi residui si è potuto scavare solo per poche settimane.
«Una campagna di scavo condotta seriamente necessita di figure professionali e specializzate – dice Giovanna, archeologa calabrese che oggi fa l’insegnante in Toscana – servono archeologi, disegnatori, operai specializzati. Servono lavori di smaltimento terra e poi ci sono la catalogazione e le pubblicazioni che spesso vengono affidate agli studenti universitari e ai dottorandi». Giovanna ha lavorato a lungo a Crotone. «Capitava spesso – racconta – che arrivassimo sul sito e trovassimo le buche scavate nottetempo dai trafugatori in cerca di monete che giravano col metal detector». Quello che la Calabria è riuscita a salvare, oggi cerca di valorizzarlo nei musei: a Caulonia, Rosarno, Gioia Tauro ci sono strutture interessanti. «Ma per la vera salvaguardia dei beni culturali – dice Marilena Sica – la classe politica deve dotarsi di veri professionisti. E capire che questi beni sono una risorsa e un bacino di attività economiche».

 

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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