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EMERGENZA MALTEMPO | Lo scenario post-atomico dopo il nubifragio

ROSSANO Strade trasformate in fiumi che “sfociano” in mare. Altre sommerse al punto che si riesce a vedere l’asfalto per una trentina di metri e poi più niente, soltanto il miscuglio di acqua e fan…

Pubblicato il: 12/08/2015 – 16:24
EMERGENZA MALTEMPO | Lo scenario post-atomico dopo il nubifragio

ROSSANO Strade trasformate in fiumi che “sfociano” in mare. Altre sommerse al punto che si riesce a vedere l’asfalto per una trentina di metri e poi più niente, soltanto il miscuglio di acqua e fango che copre tutto, entra nelle case, scava sentieri sulla spiaggia e nei terreni che dalla costa si proiettano nella Piana di Sibari. Corigliano e Rossano sono inondate. Il lungomare somiglia a uno scenario post atomico. C’è soltanto una sottilissima lingua grigio-marrone di spiaggia a separare il mare, che preme con una mareggiata (per fortuna non troppo feroce), dall’esondazione provocata dal nubifragio. Nei panorami ridisegnati dalle piene si leggono in filigrana parole d’ordine sempre uguali: è la natura che si riprende ciò che è suo. Il letto dei torrenti non può essere sottratto per sempre al normale deflusso delle acque: è una legge codificata nel libro dei disastri naturali. Oggi i due centri più popolosi della Piana di Sibari possono tirare le somme di danni ingenti e un sospiro di sollievo per l’assenza di feriti e dispersi. «Siamo stati fortunati, quando abbiamo visto le prime immagini abbiamo temuto il peggio. Non parlerei di miracolo, ma poteva finire in tragedia». E invece è stato “soltanto” paura – in certi casi vero e proprio terrore – senza vittime. Ma le foto scattate dagli elicotteri intervenuti per effettuare una ricognizione sulle aree colpite rendono ancora più chiara la portata dell’evento.

 

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Sono immagini che si devono all’azienda Calabria verde, sul posto con il coordinatore Aib (Anti incendio boschivo) Alfredo Allevato, che si è schierata sui luoghi colpiti dalla calamità, rispondendo «presente» alla chiamata della Protezione civile regionale sin dalla prima mattinata di mercoledì. Due elicotteri del servizio antincendio si sono levati in volo sulle aree colpite e su uno di questi ha preso posto il presidente Oliverio.
Circa 50 unità, con l’ausilio di pick up – provenienti da Acri, San Giovanni in Fiore, Longobucco, Cirò, Rossano e Corigliano – collaborano ai soccorsi. Hanno messo in sicurezza cittadini in zone interamente invase dalle acque. Le autobotti, al momento 5 provenienti da tutta la provincia di Cosenza e dal Crotonese, e provvedono ad aspirare tonnellate di melma da zone completamente invase. Un impegno capillare, che andrà avanti senza sosta per 24 ore.

 

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Se da un lato ci sono i soccorsi, assolutamente prioritari, dall’altro arrivano le analisi. Il presidente regionale dell’Ordine dei Geologi, Francesco Fragale, non può che ricordare che il territorio calabrese «è fragile per la sua costituzione geomorfologica, indebolito da queste piogge concentrate, ma non dobbiamo sottovalutare gli interventi umani dissennati, l’abusivismo e la scarsa manutenzione».

 

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«La situazione è grave», dice Fragale che, in contatto con i colleghi geologi di Rossano e Corigliano, ricorda la grande quantità d’acqua caduta in poco tempo con conseguente ingrossamento di fiumi, corsi d’acqua e fiumare, strade allagate, abitazioni invase da 30-40 cm di acqua. «Da Corigliano mi hanno appena fatto sapere che si sarebbero innescate delle frane di colata», aggiunge. «Noi gridiamo sempre alla prevenzione, ma cosa è stato fatto dall’ultima volta che abbiamo dato l’allarme?», si chiede, ricordando le aree alluvionate la settimana scorsa sulla costa jonica del Catanzarese e, sempre nella parte jonica del Cosentino, l’alluvione del 2013 con lo straripamento del fiume Crati che provocò gravi danneggiamenti agli scavi di Sibari. «Siamo lontani anni luce dall’essere preparati a fronteggiare situazioni di questo tipo», conclude. Le immagini gli danno ragione.

 

Pablo Petrasso

p.petrasso@corrierecal.it

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