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Denuncia il clan dopo 20 anni di vessazioni

CATANZARO Erano 20 anni, dal 1997 fino a poco tempo fa, che l’imprenditore soveratese Alessandro Dominijanni veniva vessato dalle cosche della zona. «Una pressione estorsiva talmente invasiva delle…

Pubblicato il: 13/08/2015 – 11:20
Denuncia il clan dopo 20 anni di vessazioni

CATANZARO Erano 20 anni, dal 1997 fino a poco tempo fa, che l’imprenditore soveratese Alessandro Dominijanni veniva vessato dalle cosche della zona. «Una pressione estorsiva talmente invasiva delle attività e della vita dell’imprenditore – ha detto in conferenza stampa il procuratore aggiunto vicario Giovanni Bombardieri – da indurlo, in alcuni casi, a rinunciare ad alcune commesse per ridurre la pressione estorsiva».

L’imprenditore è attivo nel ramo dell’edilizia privata e degli appalti pubblici e nella gestione di un rinomato villaggio turistico da circa 20 anni. Quello che ha convinto Dominijanni a denunciare le vessazioni di cui era vittima è stata la consapevolezza del clima che stava cambiando nel territorio soveratese grazie a una serie di interventi e di importanti operazioni condotta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro – che sul territorio di Soverato sono affidate al sostituto procuratore Vincenzo Capomolla -, come Showdown che dal 2011 colpì fortemente la cosca egemone dei Sia-Procopio-Tripodi.

A questa si aggiungono altre operazioni satellite volte a colpire la guerra di mafia che una lunga scia di sangue stava lasciando nel territorio. Uno degli ultimi punti segnati dalla Dda, per esempio, è stato l’arresto dei responsabili dell’omicidio di Ferdinando Rombolà, ucciso nell’agosto del 2010 sulla spiaggia di Soverato.

L’operazione condotta oggi va a colpire le cosche Galelli e Procopio-Mongiardo. «L’ammontare dell’estorsione subita dall’imprenditore è stata quantificata in circa 200mila euro – ha specificato il dirigente della squadra mobile locale Nino De Santis -, un freno non indifferente a quelle che sono le attività imprenditoriali sane nate in regione. Ma le cosche non si accontentavano della semplice riscossione di denaro – episodi le cui richieste venivano sempre precedute da atti intimidatori – ma pretendevano l’assorbimento di risorse dal villaggio turistico, l’imposizione di famiglie di riferimento a cui assegnare parte dei lavori pubblici avuti in appalto».

«Ma il fatto più odioso – ha sottolineato De Santis – era la pretesa delle assunzioni di personale segnalato dalle cosche». Una presa di posizione arrogante in una terra oppressa dalla disoccupazione. «La Guardia di finanza ha sequestrato beni per oltre un milione di euro – ha aggiunto il comandante provinciale delle fiamme gialle, Mario Palumbo -, tra conti correnti, appartamenti, terreni nel comune di Badolato, quote societarie e due aziende operanti nell’edilizia».
«Quella che è stata condotta è un’indagine importante perché dà conferma di tutte le indagini condotte sulla criminalità soveratese fino ad oggi, in un territorio in cui ancora non c’è uno studio di fondo che spieghi l’insediamento e il radicamento in del potere ndranghetistico a Soverato, zona ancora parecchio intrisa dalla ‘ndrangheta ma in cui i risultati sono stati raggiunti in breve tempo».

Gli arresti degli ultimi anni e il proseguire inarrestabile delle operazioni antimafia hanno spinto un imprenditore, che nei primi anni si era mostrato titubante, a riconoscere il cambiamento e ritrovare nuova fiducia e nuovo coraggio nel denunciare le estorsioni cui veniva sottoposto. Una collaborazione preziosa alla quale le indagini hanno dato una risposta rapida. Un esempio positivo, anche questo prezioso segnale di un cambiamento che gli inquirenti sperano trascini il resto dell’imprenditoria sana calabrese.

 

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GLI ARRESTI I provvedimenti cautelari emessi a seguito dell’attività di indagine svolte dalla Squadra Mobile di Catanzaro hanno riguardato Vincenzo Gallelli, 72 anni; Andrea Santillo (55), Gerardo Procopio (55), Michele Lentini, Maurizio Gallelli (41) Mario Mongiardo (47) Fiorito Procopio (62) ed Andrea Cosentino (70). Alcuni degli indagati erano già oggetto di provvedimenti restrittivi perché indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso.

 

Alessia Truzzolillo

a.truzzolillo@corrierecal.it

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