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Operazione Scheria, dalle vessazioni alla forza di dire basta

CATANZARO Quindici milioni di lire all’anno, 7.500 euro con il cambio del conio. Questa la cifra che l’imprenditore Andrea Dominijanni era costretto a versare per poter mantenere il suo villaggio t…

Pubblicato il: 13/08/2015 – 18:54
Operazione Scheria, dalle vessazioni alla forza di dire basta

CATANZARO Quindici milioni di lire all’anno, 7.500 euro con il cambio del conio. Questa la cifra che l’imprenditore Andrea Dominijanni era costretto a versare per poter mantenere il suo villaggio turistico a Sant’Andrea dello Jonio e per la “tranquillità nella gestione” della sua attività. Una gestione che poteva essere minacciata in qualunque modo e momento come dimostrano le carte dell’inchiesta Scheria che oggi ha portato all’arresto di nove persone con l’accusa, a vario titolo, di associazione mafiosa, ed estorsione. Nella notte tra il primo e i due aprile 1997 avviene il primo atto intimidatorio, del quale sono accusati Vincenzo Gallelli, Andrea Cosentino e Andrea Santillo. Vennero danneggiati 55 alloggi del residence, distrutte le porte, i mobili e i sanitari. Data questa “prova di forza” il clan pretese “per il mantenimento della tranquillità” la somma pattuita per ogni anno dal 1997 al 2003. Nel 2004, cambiano gli assetti delle cosche e a chiedere l’estorsione subentrano Fiorito Procopio e Michele Lentini. Nell’estate 2004 si limitano a pretendere 500 euro, a dicembre 2004 arrivano a 7.500 euro e così anche a dicembre 2005. Anche in questo caso l’iniziativa promozionale per indicare in Procopio e Lentini coloro che erano in grado di “garantire la tranquillità e la tutela dei beni dell’attività economica”, venne accompagnata, il 29 febbraio 2004 da 9 colpi di pistola esplosi contro la saracinesca del garage della famiglia Dominijanni. Pochi giorni prima avevano portato via il pastore tedesco del figlio dell’imprenditore. Dominijanni, attivo nel ramo dell’edilizia privata e degli appalti pubblici, ha passato guai anche in tali settori. Per la realizzazione della piscina di Isca sullo Ionio, per esempio, Vincenzo Gallelli pretese, secondo gli inquirenti, 60 milioni di lire i riferimento ai lavori di subappalto della piscina. Nel 2006 tornano a richiedere il pizzo per il villaggio turistico i precedenti estorsori: Gallelli, Cosentino e Santillo. Il prezzo per la “tutela” era sempre quello, 7.500 euro. Sempre nell’estate del 2006 si presenta al villaggio turistico Maurizio Gallelli. La sua richiesta non è di denaro, lui vuole imporre un suo uomo di fiducia come dipendente, un lavoratore non necessario, una spesa in più, una nuova forma di estorsione. Nel 2009 l’impresa di costruzioni Si.Fi.L srl della famiglia Dominijanni aveva avuto un subappalto per la realizzazione del sottopasso ferroviario di Sant’Andrea Jonio. E qui entrano in gioco Vincenzo e Maurizio Gallelli, Andrea Santillo, e Mario Mongiardo a chiedere la somma 15mila euro, divisa in tre/quattro rate per permettere una tranquilla prosecuzione dei lavori. Ma le grane durante i lavori del sottopasso ferroviario non erano finite perché Vincenzo Gallelli e Santillo di impiegare nei predetti lavori i mezzi industriali della società A&C Scavi di cui Santillo risulta amministratore unico ma di fatto riconducibile a Gallelli. Il costo per l’uso di questi mezzi non richiesti sarebbe ammontato a 3000 euro.
Anche per i lavori al cimitero di Sant’Andrea Dominijanni veniva costretto a corrispondere somme di denaro per un totale di 3.500 euro tra dicembre 2011 e agosto 2014.

 

LA VOLONTA’ DI DIRE “BASTA” Con gli arresti e le operazioni messe in campo dalla Dda di Catanzaro contro le cosche soveratesi, qualcosa cambia. Dominijanni, sfinito, sente arrivato il momento di liberarsi da quel giogo che lo opprime da quasi 20 anni. Nell’ottobre 2014 si rivolge agli avvocati dello sportello Sos Giustizia creato da Libera e dalla Camera di commercio di Catanzaro. A seguire il caso dell’imprenditore è stato direttamente don Marcello Cozzi, il vicepresidente nazionale di Libera. Don Marcello ha più volte sottolineato l’importanza dell’accompagnamento alla denuncia e la costante e assidua vicinanza a chi decide di liberarsi dal giogo dell’usura e del racket. Grazie allo sportello e all’immediato supporto fornito anche dagli uomini della Questura di Catanzaro, l’imprenditore ha dato vita a una importante operazione contro le cosche Gallelli e Procopio-Mongiardo. Un risultato importante per la liberazione di un territorio dall’oppressione della cosche ma anche dalla paura. Perché, come dice don Cozzi: “Libertà è la parola d’ordine. Si tratta di riprendere in mano la propria libertà. Non possono essere quattro delinquenti e mafiosi di turno a privarvi della libertà. Ecco perché non c’è alternativa alla denuncia. Ed ecco perché noi continueremo ad affiancare e accompagnare alla denuncia chiunque decida di non consegnare in mani criminali i sacrifici di una vita”.

 

Alessia Truzzolillo

a.truzzolillo@corrierecal.it

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