Scene da rabbrividire: metri cubi di fango sommergevano auto, camper e abitazioni di gente che si è ritrovata in poche frazioni di secondi senza nulla. Senza una casa, una macchina, private di ciò che si è cercato di costruire con fatica e sacrifici. Tutto a causa di un forte temporale – o meglio – dell’alluvione che lo scorso 12 agosto ha travolto la popolazione di Corigliano e Rossano, causando danni soprattutto in località Sant’Angelo. Nessuno poteva immaginare che una pioggia intensa – e che interessava quella zona e tutta la provincia già da giorni – avesse provocato un disastro di tali dimensione e che, per fortuna, non si è trasformato in tragedia. Nessuno poteva immaginarlo in quei giorni, ma forse si poteva prevedere.
(Le macchine sommerse dal fango a Rossano)
Ogni volta che un evento naturale diventa quasi una “calamità”, genera un mare di polemiche su quello che si poteva fare e non si è fatto. In particolare, in tema di prevenzione e sicurezza del territorio in una regione caratterizzata dal dissesto idrogeologico. Si arriva poi a un rimbalzo di responsabilità ma non si capisce perché tutto ciò arriva sempre dopo. Nella Calabria delle tante Cavallerizzo è impossibile che una vacanza al mare possa diventare un incubo. Eppure accade. I volti disperati degli abitanti della frazione Sant’Angelo sono finiti su tutti i mezzi di informazione nazionali. E in quel momento ci si è chiesto perché fosse successo. Il disastro, ormai avvenuto, chiama sul posto tecnici del Cnr, rappresentanti istituzionali, il ministro dell’Ambiente. Si procede con i sopralluoghi. Nei disastri ambientali «c’è molta colpa dell’uomo con abusi edilizi e talvolta costruzioni anche negli alvei dei fiumi. Dal punto di vista urbanistico dico mai più condoni edilizi»: sono state queste le prime parole del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, sorvolando su Rossano il giorno dopo l’alluvione. Che ha poi aggiunto: «In elicottero ho visto i danni causati dal nubifragio, ma anche una splendida reazione dei comuni interessati. Ora ognuno deve fare la propria parte, sia per quanto riguarda l’emergenza che la fase di prevenzione. In ogni caso noi faremo in fretta, soprattutto per quanto riguarda un eventuale stato di emergenza, una volta in possesso della ricognizione dei danni da parte dei Comuni e della Regione». È tutta l’Italia a essere «a grandissimo – ha detto ancora Galletti – perché per troppo tempo non è stata fatta manutenzione e adesso perché il clima è cambiato. È necessario puntare sulla prevenzione. In Calabria abbiamo aperto 70 cantieri per 78 milioni di investimenti e ne apriremo 150 per 158 milioni. È l’inizio di un lavoro che sarà molto lungo». Una presa di coscienza del giorno dopo che non cancella però le scene terribili di mezzi ammassati come birilli mentre le case si allagavano.
(Una ripresa dall’alto di Rossano durante l’alluvione dello scorso 12 agosto)
Eloquente, a tale proposito, la dichiarazione del primo cittadino di Rossano Giuseppe Antoniotti nell’immediatezza dei fatti: «Gli argini del torrente si sono rotti. Se non fosse avvenuto non sarebbe accaduto il peggio. Ma i sindaci non hanno competenza sui fiumi. In passato ho fatto diverse istanze per rimuovere il terreno che ostruisce i torrenti dicendo che me ne sarei occupato io a spese del Comune ma me lo hanno impedito». Un disastro che, forse, si sarebbe potuto evitare. Sarà la magistratura a dirlo. Infatti la Procura di Castrovillari ha aperto un’inchiesta e ha incaricato il geologo Carlo Tansi di individuare le eventuali responsabilità che hanno determinato le alluvioni di Rossano e Corigliano. Tansi, membro del Consiglio nazionale delle ricerche, l’istituto di ricerca per la protezione idrogeologica, sarà affiancato da Piero Perrotta, geologo e collaboratore di ricerca.
Lo stesso Tansi che lanciò l’allarme sulla frana di Zumpano, a pochi chilometri dal centro della città dei Bruzi. E anche in quell’occasione – per fortuna – non ci furono morti quando franò il costone che costeggia un’area nella quale ci sono un multisala, un ipermercato e diverse attività commerciali. Un’altra emergenza annunciata e scoperta solo dopo. Ma che continua a essere un’emergenza, come sostengono i tecnici dal momento che, su quella vicenda, nelle scorse settimane, è stato presentato un nuovo esposto alla Procura di Cosenza. E mentre sulla prima frana nel foro bruzio si sta celebrando un processo per accertare eventuali responsabilità, il procuratore aggiunto Marisa Manzini ha riacceso i riflettori su quella zona per scongiurare il pericolo o semplicemente per dissipare il dubbio che una forte pioggia possa causare l’irreparabile. Ed evitare di dover trascorrere intere giornate a spalare il fango. Come è accaduto adesso a Rossano e, in passato, nell’area archeologica di Sibari. Secoli di storia sommersi (forse) dall’incuria.
(I volontari al lavoro a Rossano dopo l’alluvione)
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