Ultimo aggiornamento alle 16:13
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

KYTERION 2 | Il volto pulito del clan

LAMEZIA TERME Se non fosse stato organico alla ‘ndrangheta, “Rocchino” Corda non avrebbe mai potuto partecipare a quelle riunioni in cui si discuteva di «temi delicatissimi» per le cosche del Croto…

Pubblicato il: 04/01/2016 – 14:50
KYTERION 2 | Il volto pulito del clan

LAMEZIA TERME Se non fosse stato organico alla ‘ndrangheta, “Rocchino” Corda non avrebbe mai potuto partecipare a quelle riunioni in cui si discuteva di «temi delicatissimi» per le cosche del Crotonese. È una delle ipotesi per cui la Dda di Catanzaro ha formulato l’accusa di associazione mafiosa nei confronti dell’avvocato del Foro di Crotone ritenuto uomo di fiducia di Nicolino Grande Aracri e destinatario, al pari del boss di Cutro, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione Kiterion 2.

MOLTO PIÙ CHE UN AVVOCATO «A Corda lo faccio andare là… gli dico vai là… in questo cantiere e parla con questo qua..», diceva il boss di Cutro, che prima del suo arresto sarebbe stato al vertice di una “provincia” ‘ndranghetista che pretendeva autonomia rispetto ai clan reggini. Corda, stando a quanto emerge dall’ordinanza vergata dal gip Domenico Commodaro, era spesso presente nella tavernetta di Nicolino Grande Aracri proprio mentre si discuteva delle dinamiche interne alle cosche del Crotonese, dell’assegnazione di doti e cariche, ma anche di intimidazioni, furti e omicidi – come quello di Antonio Dragone, boss della vecchia guardia ucciso nel maggio del 2004. L’avvocato, dunque, partecipava «attivamente alla vita della consorteria» e ne riconosceva i ruoli, e quello che faceva secondo i magistrati non era affatto “coperto” né eventualmente giustificato da un mandato legale. Mandato che comunque non è stato riscontrato: Corda non era neanche stato difensore di Grande Aracri nei procedimenti penali che lo riguardavano. Non c’era niente, insomma, almeno ufficialmente, che lo facesse ricondurre al clan di Cutro: lui era il classico volto pulito, un professionista «deputato a “risolvere” con strumenti formali ed apparentemente leciti le attività imprenditoriali ‘ndranghetistiche intraprese».

GLI INVESTIMENTI IMMOBILIARI L’avvocato, secondo gli inquirenti, avrebbe svolto il ruolo di intermediario negli affari di Grande Aracri. E lo avrebbe fatto mediante investimenti finanziari e immobiliari consistenti, alcuni dei quali anche all’estero, come quello riguardante la realizzazione di 1182 alloggi in Algeria – un’operazione per cui era richiesta una fideiussione bancaria di 5 milioni di euro. In questi casi, si legge nell’ordinanza del gip, non c’erano contatti diretti tra il boss e i titolari delle società coinvolte nell’affare, ma tutto avveniva attraverso la mediazione di Corda.

I CONTI ESTERI E I SOLDI DI «QUELLI DI ISOLA» A testimonianza della fiducia che riponeva in lui il boss di Cutro, perquisendo il suo studio legale di Isola Capo Rizzuto i carabinieri hanno trovato, in un foderino plastificato, un foglietto con annotati gli estremi di un conto corrente bancario estero e una carta Mastercard “oro” emessa da una banca di Francoforte e intestata a Grande Aracri. Nel corso della perquisizione, poi, gli inquirenti si sono imbattuti anche in una lettera datata 8 dicembre 2014 che il boss aveva inviato a Corda disponendo che «l’avvocato si recasse anche da “quelli di Isola”, onde provvedere alla riscossione di somme di denaro necessarie al sostenimento delle proprie spese processuali». Nel corso di un interrogatorio l’avvocato si è difeso dicendo che questo “incarico” gli sarebbe stato dato in ragione dei rapporti di parentela intercorsi con i vari soggetti, e spiegando che lui comunque non avrebbe dato seguito alla richiesta. Ciò, però, secondo i magistrati catanzaresi non sminuisce affatto la sua partecipazione alla cosca, un ruolo che gli sarebbe stato riconosciuto direttamente dal boss.

L’OMBRA DEL BOSS SUI VILLAGGI Attraverso l’avvocato Corda, Grande Aracri sarebbe riuscito a veicolare informazioni e “imbasciate” da far arrivare in contesti in cui la presenza fisica del boss avrebbe destato più che un sospetto. Ciò sarebbe avvenuto, per esempio, quando l’ombra della cosca si allungava sulla gestione dei villaggi turistici. In alcuni casi, però, più che come un semplice messaggero l’avvocato avrebbe agito da vero e proprio braccio operativo del clan. Al direttore del villaggio turistico Eucaliptus dell’epoca, Giuseppe Vinicio Coraci, Grande Aracri prospettava la decisione di nominare un amministratore vicino alla cosca, un professionista che non avrebbe messo in allarme «carabinieri, giudici e avvocati» che abitavano nel villaggio. Un ruolo delicato, quindi, che sarebbe poi stato assegnato proprio all’avvocato Corda non solo per la gestione dell’Eucaliptus ma anche per il villaggio Valtur.
«Poi chi deve fare i lavori, chi deve decidere, chi deve gestire la situazione… poi quello lo decideremo noi», assicurava il boss al direttore dell’Eucaliptus, che non si sognava nemmeno di contraddirlo: «Sei tu il comandante!», rispondeva. E come a dare un’ulteriore rassicurazione sulla buona riuscita dell’affare, Nicolino concludeva: «Poi sopra tutto ci siamo noi».

Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x