CATANZARO «L’ultimo scippo ai danni della Calabria perpetrato dal governo è il taglio di sei miliardi di euro già stanziati per il completamento della Salerno-Reggio e della Statale 106 Jonica. Siamo una regione “low cost”, la figlia negletta del Paese. Intanto gli appalti ripartono dappertutto, fuorché al Sud, e la Calabria è maglia nera a causa del nuovo tracollo delle commesse pubbliche, che nell’ultimo anno si sono dimezzate». È quanto sostiene, in una nota, il presidente di Ance Calabria, Francesco Berna, a proposito di quella che definisce «nuova riduzione di fondi destinati alle opere pubbliche nella nostra regione». «Il costo complessivo residuo per completare la Salerno-Reggio Calabria – afferma Berna – è sceso nel giro di pochi mesi da tre miliardi di euro a 1,7; e gli interventi prioritari per la Statale Jonica da 6,3 a 1,5 miliardi di euro. Tutto questo scaturisce da una decisione che giudichiamo inaccettabile e irresponsabile: il ministero dei Trasporti e i vertici dell’Anas hanno sostituito i progetti che prevedevano le nuove tratte dell’A3 e della Statale 106 con nuovi elaborati che si limitano all’ammodernamento dei tracciati esistenti. In buona sostanza – spiega Berna – il ragionamento è stato: inutile sprecare soldi con i calabresi, perché non meritano grandi opere; si accontentino delle stesse strade di quarant’anni fa».
In particolare, per quanto riguarda la A3, sono stati ridotti da 2,1 a 0,9 miliardi gli investimenti sul macrolotto 3.4 Morano-Sibari, sul macrolotto 4.1 Cosenza-Rogliano e sul tratto Pizzo-S. Onofrio, dove si realizzerà l’adeguamento in sede invece delle nuove tratte in variante.
Sulla SS 106, invece, la scure dei tagli si abbatte sui 71 km che separano Sibari e Crotone, dove erano stati stanziati 5,1 miliardi per i megalotti 8 e 9. Secondo quanto stabilito da Anas, anche in questo caso non saranno più realizzate le varianti ma si procederà con un semplice adeguamento in sede per un costo di 1,5 miliardi.
Ad avviso del massimo rappresentante dei costruttori edili, «sarebbe importante capire due cose: innanzitutto se i vertici della Regione Calabria siano stati informati o meno di questo pesante taglio negli investimenti in infrastrutture, mentre non ci sorprenderebbe scoprire che ancora una volta la deputazione calabrese abbia appreso di questo ennesimo scippo dai nostri articoli. E in secondo luogo vogliamo capire a cosa saranno destinati quei flussi finanziari, che temiamo vengano convogliati nelle regioni del Nord».
Per Francesco Berna, «alla luce di questi atti, che sono gravi, concreti e decisi in silenzio, è evidente che non c’è nessuna benevolenza verso il Sud e la Calabria, da parte del governo Renzi e del ministero retto da Delrio. Anzi, l’unica forma di attenzione è quella finalizzata a rastrellare risorse da dirottare altrove. Da un lato si evoca la suggestione del Ponte sullo Stretto, progetto definitivamente definanziato, e si sponsorizza un masterplan ricco di aria fritta. Dall’altro, si tagliano sei miliardi di euro, l’equivalente dell’intero Por Calabria».
Ma le notizie negative non si esauriscono qui. «In gran parte del Paese gli appalti pubblici sono ripartiti. Secondo i dati forniti dall’osservatorio Cresme-Sole 24 Ore, nel 2015 sono andate in gara opere per oltre 26 miliardi di euro, di cui sei miliardi nel solo mese di dicembre. In regioni come il Trentino Alto Adige si è registrato un incremento delle gare, su base annua, pari al 354%, mentre in Umbria l’aumento è stato del 200%. La Calabria? La peggiore in assoluto, con un crollo di oltre 55 punti percentuali. Una maglia nera ottenuta con un gap di oltre il 20% rispetto alla penultima in classifica, che è la Campania. Insomma, il 2015 è stato un anno di gran lunga peggiore del precedente con una totale paralisi delle stazioni appaltanti e delle committenze pubbliche. Chiediamo una risoluta presa di posizione al governatore Oliverio e ai parlamentari calabresi e ci appelliamo alle istituzioni, ai sindaci e alle associazioni perché si mobilitino e intervengano. La nostra regione – conclude Francesco Berna – è al punto di non ritorno ma nei Palazzi in pochi sembrano essersene accorti».
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