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Catanzaro condannata "in silenzio" al degrado

Sembra di stare seduti in un teatro di periferia ed assistere ad una esibizione di avanspettacolo, piuttosto che essere i testimoni di una vicenda politica come quella che sta andando in scena a Ca…

Pubblicato il: 08/01/2016 – 11:14

Sembra di stare seduti in un teatro di periferia ed assistere ad una esibizione di avanspettacolo, piuttosto che essere i testimoni di una vicenda politica come quella che sta andando in scena a Catanzaro. La recita è a soggetto. Il titolo: “I tentativi per restare a galla”.
Nessuno che voglia prendere atto che i numeri non ci sono più, che la palla rimpalla sui tamburelli ma che prima o poi cadrà per terra; e allora forse ci guarderemo, interrogativi, tutti in faccia. Oggi prevale la remora di aprire una crisi perché il pericolo di uscire da Palazzo De Nobili per non rientrarci più è ponderabile.
Questo è un indugio comune ai più e consente a chi vuole navigare a vista di continuare a farlo. E c’è anche chi gli fa bordone e arriva ad affermare, direi impunemente, che “il centro storico sta vivendo un momento di vitalità che non conosce da anni”. Beato lui che evidentemente vive in un Eden sconosciuto ai catanzaresi tanto da farlo apparire noncurante di ammannire notizie fittizie, lontane dalla realtà che è di tutt’altra natura, facendogli dimenticare quell’obbligo della verità e della trasparenza che dovrebbe illuminare il pensiero di chi si rivolge alla popolazione. Ma questo è un valore pressoché misconosciuto a diversi politici. Sfortuna per lui che i catanzaresi hanno la percezione piena dell’abbandono in cui versa il centro storico, così come non hanno dubbi – feste natalizie a parte – dell’incuria di questa nostra classe dirigente che appare incapace di trovare l’antidoto ad una crisi che rischia di divenire irreversibile.
Che ci sia in atto una contrapposizione strisciante tra appartenenti ai vari gruppi politici in Consiglio comunale è fin troppo evidente nonostante si faccia di tutto per evidenziare una diversa realtà. Tutto nacque, per sibillina coincidenza, quando furono esautorati dalle loro funzioni alcuni consiglieri che si richiamano ad un leader ritenuto in quel momento in difficoltà per via di una indagine della magistratura. Sarà stata una casualità, ma da quel momento sono cominciati a scricchiolare i rapporti che non è stato possibile ricomporre; a nulla sono valsi i tentativi sia di ricompattare lo schieramento, sia di dimenticare l’accaduto avanzando “offerte” di nuove collocazioni.
Non fu comunque quello il solo episodio. Nell’immaginario (ma non troppo!) collettivo continua a non essere digerita la giunta (ri)fatta prevalentemente da esterni; evidentemente ciascuno covava l’idea, dopo essere stato eletto, di un incarico assessorile per pesare di più politicamente.
Comincia così a covare l’umore negativo e il successivo passaggio al risentimento represso. Ad alimentare l’incendio è sopraggiunta la visita fatta dal sindaco al Palazzo di giustizia. Esattamente quella di aver prima bussato alla porta sbagliata e di aver dopo varcato quella dello studio del procuratore della Repubblica posandogli sul tavolo un dossier relativo a quanto accaduto lo scorso 26 novembre in Consiglio. Cosa non è dato sapere. Si deve dedurre che siano avvenuti fatti gravi, di possibile interesse penale, tanto da interessare la magistratura inquirente e non piuttosto di essere dibattuti in un apposito consiglio comunale. Si saprà a indagine conclusa anche se da qualche spiffero si apprende che si tratterebbe di presunti illeciti amministrativi.
Comunque sia, quel gesto del sindaco non è piaciuto alla maggior parte dei consiglieri, sia di maggioranza che di opposizione, i quali avrebbero gradito, secondo il vecchio principio, che i panni sporchi venissero lavati in casa, a maggior ragione in questo caso nel quale si parla di sospetti.
Questo episodio, accaduto come ultimo di una serie contrassegnata da mancati coinvolgimenti e condivisioni, sta determinando in alcuni la possibilità di “ricalcolare” la propria posizione e di spostarsi altrove, anche nel gruppo misto, prendendo di fatto le distanze dalla maggioranza. Questa situazione fa il pari con quanto da tempo accade nelle commissioni dove le pratiche non hanno la possibilità di un qualsiasi voto e giungono in aula senza le opportune indicazioni. Ciò è sintomatico di un malessere che si diffonde sempre più anche se qualcuno spera che non diventi contagioso.
Epidemia a parte, è indiscutibile che Catanzaro si avvia a grandi passi a diventare una città difficile perché si ha la sensazione che sia stata abbandonata alla deriva, senza più un interesse concreto da parte dei suoi amministratori, cioè da parte di chi ha il dovere, in momenti di difficoltà, di trovare le soluzioni per far rialzare la testa ai cittadini senza lasciarsi sopraffare dallo sconforto. L’impressione che se ne ricava è che sia una città non sufficientemente amata tali e tanti sono stati i silenzi quando veniva deciso di decentrare tutto. Sarà il tempo a dire se colpevolmente o per obiettivi determinati, senza valutare che quelle decisioni avrebbero significato la condanna al degrado. Amministratori avveduti, che avevano la possibilità di conoscere per tempo i progetti, avrebbero dovuto avvertire il dovere di intervenire per evitare le conseguenze. A meno che, come diceva il presidente Andreotti «a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca».

*giornalista

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