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Speziali, la Cassazione bacchetta il Tdl

REGGIO CALABRIA «Il Tribunale delle Libertà, nell’esercizio del potere discrezionale riconosciuto dalla legge al giudice, allorchè questi sia chiamato ad applicare la pena, (…) non ha invero osse…

Pubblicato il: 08/01/2016 – 22:29
Speziali, la Cassazione bacchetta il Tdl

REGGIO CALABRIA «Il Tribunale delle Libertà, nell’esercizio del potere discrezionale riconosciuto dalla legge al giudice, allorchè questi sia chiamato ad applicare la pena, (…) non ha invero osservato i più generali canoni fissati dalla legge». Per Vincenzo Speziali, l’imprenditore catanzarese accusato di aver aiutato Amedeo Matacena a sottrarsi a una condanna definitiva per mafia, tentando di procurargli un comodo asilo politico a Beirut, ci sono almeno due brutte notizie nel provvedimento con cui la Cassazione ha rigettato il suo ricorso contro l’ordinanza di custodia cautelare. Primo, il prossimo 20 gennaio i giudici del Riesame dovranno riesaminare il suo caso, per valutare se spedirlo nuovamente in carcere o confermare la misura dei domiciliari, disposti nonostante risieda regolarmente in Libano. Secondo, la sua posizione potrebbe essere molto più grave di quanto lui stesso possa aver immaginato.

MOTIVAZIONE CARENTE Bacchettando severamente il Tribunale delle Libertà che per primo ha esaminato la questione, i giudici della Suprema Corte sottolineano infatti che «la motivazione spesa dai giudici del Riesame è carente invero nella parte in cui attua una prognosi sul trattamento sanzionatorio al fine di escludere che la pena da irrogarsi attinga il limite di cinque anni». Traduzione, la condanna potrebbe essere molto più pesante e per dei motivi ben precisi.

CAPACITA’ DI DELINQUERE Scrive la Cassazione che «il Tribunale del Riesame argomenta infatti dello stato di incensuratezza dello Speziali e della mancanza di contestazioni di aggravanti, senza provvedere pertanto a definire la pena in relazione a tutti gli indici sintomatici della gravità del reato e della capacità di delinquere». Elementi che le solide – ha stabilito la Cassazione, cestinando tutti i ricorsi di Speziali – contestazioni mosse all’imprenditore catanzarese mostrano in maniera cristallina.

OBIETTIVO BEIRUT Stando alle ipotesi investigative, sarebbe stato lui a fare da trait d’union fra i massimi vertici della politica libanese – in particolare l’ex presidente Amin Gemayel – e Scajola, in quei mesi impegnato – è emerso dalle conversazioni intercettate – a dare un comodo rifugio ad Amedeo Matacena, all’epoca approdato in Arabia Saudita, dopo mesi di permanenza alle Seychelles, ma proprio grazie a questi contatti in via di trasferimento a Beirut.

IL NETWORK Un progetto cui ha a vario titolo partecipato un’ampia rete di personaggi «in corso di compiuta identificazione» che insieme a Speziali «ponevano in essere articolate condotte finalizzate a mantenere inalterate le capacità operative in campo economico imprenditoriale del Matacena, impegnato nel completamento del progetto di fusione inversa», che per i pm è al centro delle manovre messe in atto dal politico armatore per occultare il suo immenso patrimonio, come a «costituire le provviste finanziarie necessarie al predetto per proseguire in territorio estero la intrapresa latitanza, operazione resa più agevole dai contatti privilegiati, garantiti dallo Scajola (che si avvale spesso della Sacco) alla Rizzo, con altri soggetti operanti, in Italia ed all’estero, all’interno dei circuiti bancari e finanziari di riferimento del predetto Matacena», ma soprattutto a «rendere attuabile Il pianificato spostamento del Matacena dall’Emirato di Dubai alla Repubblica del Libano, Individuato dallo Scajola per la possibilità di sfruttare le proprie relazioni personali (tra le quali quella con Speziali Vincenzo) al fine di far riconoscere il diritto di “asilo politico” a favore del condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, Amedeo Matacena».

AGGRAVANTE Contestazioni che la Procura avrebbe voluto aggravate dalle modalità mafiose perché il progetto era consapevolmente finalizzato a «proteggere economicamente» Matacena, come «soggetto in grado di fornire un determinante e consapevole apporto causale alla ‘ndrangheta reggina attraverso lo sfruttamento del suo rilevantissimo ruolo politico ed imprenditoriale e per questa via agevolare il più ampio sistema criminale, imprenditoriale ed economico, riferibile alla predetta organizzazione di tipo mafioso a cui favore il Matacena forniva il proprio costante contributo», ma all’epoca non ritenute sufficientemente motivate dal gip.

INDAGINI IN CORSO Un quadro forse destinato a cambiare alla luce degli approfondimenti investigativi tuttora in corso e che mirano a fare luce sui tanti punti oscuri legati all’imprenditore catanzarese, primo fra tutti il suo ruolo nella vicenda – per molti versi speculare – della latitanza di Dell’Utri. Stando a quanto fin qui emerso, la stessa rete che si è attivata per salvare Matacena, in passato si sarebbe mossa per fornire all’ex senatore di Forza Italia, e braccio destro di Silvio Berlusconi, un comodo rifugio a Beirut. Una rete di cui Speziali sarebbe stato il perno centrale, in grado di tessere intorno a sé reti di politici, funzionari e professionisti di alto livello. Un network – ipotizza la Procura – che sembra averlo messo in condizioni di rapportarsi persino con i servizi di intelligence italiana, tanto da potersi permettere di “minacciare” per lettera – pur senza riuscire a impensierirlo – l’allora capo dell’Aise, il generale Alberto Manenti.

COINCIDENZE EOLICHE Ma il nome dell’imprenditore in passato è emerso anche – hanno scoperto i segugi della Dia di Reggio, rovistando fra le carte dell’archivio della segretaria dell’ex parlamentare di Forza Italia – in una cartella piena zeppa di documenti relativi al progetto Freesun, concernente la realizzazione di impianti eolici, fotovoltaici e mini idroelettrico, presentato per “lndustria 2015” per la Liguria, la selezione su base dei progetti da finanziare con il fondo governativo per l’innovazione energetica, all’epoca gestito dall’allora ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola. «Il dato che fa riflettere – avevano annotato al riguardo gli uomini della Dia – è che all’interno di tale busta è stato rinvenuto un appunto manoscritto riportante il nominativo di Vincenzo Speziali con i recapiti telefonici e l’indirizzo di posta elettronica, come se il citato Speziali avesse un qualche ruolo anche nella vicenda delle energie rinnovabili. Da una consultazione delle fonti aperte è emerso il coinvolgimento di Speziali Antonio nella vicenda del parco eolico Pitagora di Isola Capo Rizzuto». Un procedimento da cui Speziali è uscito assolto, ma che forse non esaurisce gli interessi dell’imprenditore nel campo delle energie alternative.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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