REGGIO CALABRIA Sono stati tutti condannati gli imputati del procedimento Mauser, scaturito dall’inchiesta che ha svelato il calvario imposto alla testimone di giustizia Giuseppina Multari, dopo il suicidio del marito segregata e ridotta in schiavitù dai suoceri e dai loro congiunti, espressione del feroce clan Cacciola. Ai magistrati, la donna – che solo dopo anni di umiliazioni e sevizie ha trovato il coraggio di chiedere aiuto alla Procura – ha raccontato non solo il suo inferno privato fatto di divieti, imposizioni e obblighi che l’avevano trasformata in una “cosa” della famiglia Cacciola, ma anche gli innumerevoli affari illeciti in cui il clan era coinvolto. E se saranno i giudici di Palmi a stabilire in che misura Giuseppina sia stata ridotta in schiavitù dalla famiglia del marito, oggi è stato il gup a condannare a pene durissime gli imputati accusati di reati di droga che hanno scelto l’abbreviato.
La più alta va a Giovambattista Cacciola, condannato a 18 anni come Girolama Curmace, che rimedia i medesimi anni di carcere in continuazione con una precedente condanna, mentre è di 14 la pena inflitta a Mercurio Curmace. Nove anni e 4 mesi è la pena disposta per Francesco Cacciola, mentre è di nove anni la pena inflitta a Carmelo De Maria. Otto anni di carcere sono stati disposti per Cinzia Curmace e Concetta Cinquegrani, medesima pena decisa per Giuseppe Cacciola e Raffaele Gallo, puniti anche con 50mila euro di multa ciascuno. Anche per il gup sono tutti responsabili di quei traffici di droga di cui Giuseppina aveva sentito parlare in famiglia e che ha riferito pedissequamente ai magistrati, i quali non hanno avuto difficoltà a trovare preciso riscontro alle sue parole nelle dichiarazioni del pentito Salvatore Facchineri. Tutti elementi che hanno permesso di individuare in Giovanbattista Cacciola, il regista di quel traffico di droga che la sua famiglia, insieme ai Curmace, aveva organizzato fra la Germania e l’Olanda e la Calabria. È infatti a Rosarno che arrivavano le ingenti quantità di cocaina acquistata in Olanda, quindi trasportata attraverso auto prese a noleggio, prima presso la base logistica in Germania e poi a Rosarno. Carichi più volti intercettati dagli investigatori, che progressivamente hanno raccolto le prove che oggi permettono di affermare che la famiglia Cacciola gestiva il traffico di cocaina attraverso membri residenti in Germania dei Curmace-De Maria, i quali per conto del clan acquistavano la droga dal fornitore olandese Marc Feren Claude Biart, per poi importarla a Rosarno attraverso l’azienda denominata “Rosarnese”. Per tagliarla invece, bastava il bimby.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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