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Emozione all’Unical per la laurea honoris causa a Lombardi Satriani

RENDE L’University Club dell’Unical ha ospitato questo pomeriggio la cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in Filologia Moderna a Luigi Maria Lombardi Satriani, antropologo calabrese…

Pubblicato il: 13/01/2016 – 20:12
Emozione all’Unical per la laurea honoris causa a Lombardi Satriani

RENDE L’University Club dell’Unical ha ospitato questo pomeriggio la cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in Filologia Moderna a Luigi Maria Lombardi Satriani, antropologo calabrese di fama internazionale, professore universitario, autore di numerosi testi e già preside della facoltà di Lettere e Filosofia dello stesso ateneo, oltre che senatore della Repubblica italiana nel corso della XIII legislatura. Al discorso d’apertura tenuto dal rettore del campus di Arcavacata Gino Crisci, ha fatto seguito quello del preside del dipartimento di Studi Umanistici Raffaele Perrelli, il quale ha ripercorso davanti alla vasta platea di professori e studenti la carriera dell’illustre docente, lodando soprattutto l’alta qualità dello stile letterario dei suoi scritti, in cui è rintracciabile la scelta dell’attribuzione di questo importante riconoscimento. Subito dopo la parola è passata a Vito Teti, ordinario di Antropologia dell’Unical, il quale, visibilmente emozionato, ha illustrato in più punti le caratteristiche salienti del pensiero di Lombardi Satriani che hanno determinato la grandezza della sua opera: l’essere sempre stato “nei tempi” e “nei posti”, l’attenzione filologica verso gli autori meridionalisti poco conosciuti, la concezione del passato come utopia e della nostalgia come speranza (che emerge chiaramente nel celeberrimo “Ponte di San Giacomo”, in cui la celebrazione del lutto e dei rituali ed esso connessi si scontrano con la concezione modernista che proponeva la rimozione dell’idea di morte), l’interesse verso tematiche quali la ‘ndrangheta, il teatro popolare, la vicenda della mistica Natuzza Evolo, che hanno contribuito a rendere la sua un’«antropologia dei sentimenti», perennemente al limite tra vicinanza e lontananza, tra bisogno di memoria e necessità di scoprire il futuro, ma col desiderio sempre presente del ritorno, a casa, al Sud. Ad anticipare la proclamazione, la laudatio del professor Fulvio Librandi, in passato allievo del professor Lombardi Satriani, nel corso della quale egli ha più volte ribadito come il suo maestro sia stato in grado di far progredire le discipline demo-etno-antropologiche fino all’attuale livello, delineando una via italiana delle scienze sociali, conducendo i suoi studi, in particolare quelli sul folklore e l’autorappresentazione dei popoli, sempre con rinnovato rigore metodologico senza mai rinunciare all’empatia, destrutturando gli stereotipi sul Sud che la cultura degli anni ’40 e ’50 aveva contribuito a diffondere, unendo al suo impegno di letterato quello di ricostruzione della memoria, impegno testimoniato anche dalla fondazione del periodico “Voci” insieme al collega Mariano Meligrana. Subito dopo, il professor Luigi Maria Lombardi Satriani è stato insignito del prestigioso titolo, «una laurea honoris causa, che è causa di onore per il suo destinatario», ancor più perché egli interruppe gli studi umanistici dopo aver conseguito la laurea in Scienze politiche per diventare assistente volontario del professor Mario Rossi all’Università di Palermo. «Dopo ben un sessantennio ho realizzato un sogno e non nascondo la mia commozione nel ritornare in questa università – ha dichiarato entusiasta il professor Lombardi Satriani, facendo i nomi dei colleghi incontrati all’Unical negli anni passati, da Pietro Bucci a Mario Alcaro, Giovanni Sole, Cesare Pitto, John Trumper, Ottavio Cavalcanti (questi ultimi co-fondatori assieme a lui del Centro sperimentale di studi demo-etno antropologici), e tanti altri. «Il mio auspicio – ha continuato – è che, partendo dalla fondatezza dell’intuizione di Gramsci della condivisione dei saperi, si possa giungere all’unitarietà del sapere antropologico che, seppur declinato in vari modi, necessita di collaborazioni con le altre scienze: non una disciplina domina, di cui le altre siano ancelle, ma un dialogo nel quale, ad esempio, deve necessariamente rientrare anche la filologia. Abbiamo bisogno di speranza e di utopia, di qualcosa che trascenda il quotidiano, di un’antropologia che tenga conto dei sentimenti, della pluralità dei linguaggi, del rispetto della propria e dell’altrui specificità. Che si sottragga all’arroganza del mercato, che ci restituisca il senso dell’aspirazione alla felicità, il senso del nostro agire, e nel far questo l’antropologia non può non incontrarsi con l’etica».

Chiara Fazio
redazione@corrierecal.it

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