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Radiografia di un ospedale in dismissione

LAMEZIA TERME Sarà dedicato alla sanità lametina il consiglio comunale di martedì. Si parlerà di un ospedale sempre più svuotato di servizi e contenuti ma anche di utenti. «L’ospedale possiede 240 …

Pubblicato il: 18/01/2016 – 18:24
Radiografia di un ospedale in dismissione

LAMEZIA TERME Sarà dedicato alla sanità lametina il consiglio comunale di martedì. Si parlerà di un ospedale sempre più svuotato di servizi e contenuti ma anche di utenti. «L’ospedale possiede 240 posti letto, ad oggi ne saranno occupati poco più di 100», vanno ripetendo da mesi i rappresentanti delle sigle sindacali operanti nel nosocomio lametino: Salvatore Arcieri della Cisl, Nino Rappoccio della Fp Cgil e Bruno Grande coordinatore Rsu. «Avevamo una risorsa – sono le parole di Arcieri – ed era l’industria della salute ma la stanno depotenziando».

QUELLA MORTE IL GIORNO DI NATALE Quali sono i tempi di sicurezza d’attesa di un codice giallo? Nel pomeriggio del Natale appena trascorso un anziano di 92 anni ha atteso due ore e mezza prima di riuscire ad essere visitato. Aveva dolori lancinanti all’addome, chiedeva aiuto, nell’attesa «per l’anima dei morti». Dopo due ore e mezza di sofferenze il suo codice è stato tramutato in rosso e poche ore dopo l’anziano è spirato.
I parenti che lo hanno portato in ospedale non hanno sporto denuncia. Non hanno puntato il dito contro quel medico o quell’infermiere – anzi, hanno parlato di «assistenza accurata e amorevole dei medici» – ma con una lettera accorata e struggente inviata ai giornali hanno inesorabilmente condannato il sistema intorno al quale ruotano i circuiti della Sanità calabrese. I loro perché, le loro domande, pesano come macigni: «Come mai l’ufficio accettazione, la sera di Natale (ma non credo solo a Natale) era semi-sguarnito e il personale medico e paramedico ridotto al lumicino? Cosa si intende fare per l’adeguamento degli organici in applicazione di una direttiva europea sull’orario di riposo e di lavoro dei medici e sanitari dipendenti, che, a partire dal 25 novembre scorso, non consente più la pratica degli orari massacranti? Come mai il servizio di guardia medica, che opera all’interno del presidio ospedaliero, non viene adeguatamente utilizzato nell’attività di screening e nella predisposizione tempestiva delle prime terapie del dolore, visto e considerato che lo smantellamento delle guardie mediche decentrate sul territorio spingono gli utenti a rivolgersi direttamente all’adiacente struttura di pronto soccorso? Come mai, visti i frequenti ricoveri in terapia intensiva, non si sente il bisogno di ampliare l’attuale reparto, per evitare di ricorrere spesso al trasferimento dei malati, a forte rischio di vita, in altri, e spesso lontani, ospedali? Io credo che a 92 anni si possa morire ma non è concepibile che ciò avvenga al culmine di un ingiustificabile strazio in cui si affida ad un numero di un display a scorrimento cromatico la fine di un’attesa tormentata».

IL PRESIDIO SGUARNITO La morte dell’anziano e le sue due ore e mezza di attesa in codice giallo non sono che il risultato aritmetico e drammaticamente scontato di una situazione di grave criticità. Il Pronto soccorso di Lamezia Terme conta circa 50mila accessi all’anno. Qui arrivano persone da tutto l’hinterland lametino, dal comprensorio montano e dalla costa tirrenica (da Amantea fino a Vibo). Il reparto può contare solo su 4 ausiliari (uno a turno); 9 medici (3 al mattino, 2/3 al pomeriggio e 2 di notte); 26 infermieri (5 al mattino, 4/5 al pomeriggio e 4 di notte). Per quanto riguarda medici e ausiliari, quasi quotidianamente bisogna chiedere “in prestito” personale di pronto soccorso proveniente da altri presìdi del territorio. Questi prestiti si chiamano “prestazioni aggiuntive” e costano parecchio: la prestazione aggiuntiva di un medico costa, infatti, 360 euro lorde a turno. La cifra raddoppia se il turno avviene di notte. In forte affanno anche il triage dove, molto spesso, un solo addetto deve gestire e smistare tutto il flusso di pazienti che arrivano in Pronto soccorso. Insomma, il triage di un Pronto soccorso che può arrivare a ricevere anche 150 persone al giorno, spesso, sta nelle mani di un solo responsabile. Il risultato è che il servizio fornito ai pazienti è rallentato e sfibrante. Un codice verde rischia di aspettare anche 8/9 ore prima di ricevere cure.
Uno dei problemi è anche la mancanza di filtri medici su territorio, per cui, per qualsiasi esigenza, ci si riversa automaticamente al Pronto soccorso. Ma la gestione della sanità calabrese sta gettando nel baratro la struttura front office di un ospedale spoke come il “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme.

sindacalisti

(Da sinistra: Arcieri, Rappoccio e Grande)

DI CHE MORTE MORIRE? «Di che morte vogliamo morire? – si chiedevano provocatoriamente le sigle sindacali, già ad ottobre, rivolgendosi ai responsabili della sanità – volete ucciderci voi o volete che siamo noi come cittadini e come unità sindacali a chiudere l’ospedale e dire prendetevelo e diteci dove dobbiamo andarci a curare?». «La Regione Calabria – secondo Rappoccio – dopo sei anni di Piano di rientro dovrebbe rientrare nelle cosiddetta normalità. Il commissariamento non ha prodotto nessun risultato, anzi ha incancrenito ancora di più i disagi della sanità calabrese». «Questa situazione di carenza di personale, soprattutto infermieristico, di ausiliari ha prodotto un depauperamento di tutta la struttura ospedaliera – prosegue Rappoccio –. Noi avremmo bisogno, per non essere ridotti a un ospedale di base, che tutte le figure, partendo dai direttori di unità operativa a tutto il personale, venissero potenziate. E c’è bisogno che vengano potenziate anche alcune competenze».

NESSUN SANTO IN PARADISO Quali sono i disegni della classe dirigente per il futuro dell’ospedale di Lamezia? Se lo chiedono anche i sindacati: «Se c’è il progetto di accentrare la sanità in un solo presidio, come potrebbe essere Germaneto, si rischia di far collassare anche quella struttura». Le sigle sindacali, in accordo con associazioni e con le istituzioni locali, non rinunciano alla creazione del Trauma center: «Il Trauma center consentirebbe, nell’ospedale di Lamezia, una filiera di specialistiche che garantirebbero in qualche modo la sopravvivenza di questo nosocomio». In passato è stata proposta anche la creazione di un polo infettivologico regionale che potesse garantire la rinascita dell’ospedale ma, dicono Arcieri e Rappoccio, «siamo ancora in attesa di risposte».

LA RIDUZIONE DEL PERSONALE E LA MALASANITÀ C’è da tener conto che la riduzione del personale – spiegano i sindacalisti – sia della dirigenza che del comparto, comporta un affaticamento in tutto il personale che in assenza di dotazioni organiche non può dare risposte adeguate. Per un ecocolordoppler ci sono attese di un anno, per una colonoscopia bisogna aspettare sei mesi e così per una gastroscopia. Sta diventando complicato anche refertare un elettrocardiogramma. «Questi disservizi non fanno altro che aumentare la mobilità dei cittadini verso l’esterno», avvertono i sindacati.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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