Anche noi abbiamo la nostra Scampia. Non si vergogna, né ha timore di dirlo padre Giovanni Ladiana, superiore dei Gesuiti di Reggio. Quando Famiglia Cristiana, il settimanale più letto e venduto d’Italia, è andato a trovarlo, padre Ladiana non ha filosofeggiato. Ha pregato il giornalista del settimanale di salire con lui in alto, per mettersi alle spalle il mare, il corso, il Duomo e guardare la città più nota della Calabria dall’alto. E da un punto dal quale si domina lo Stretto e, naturalmente l’Etna e qualche volta lo Stromboli, dice al giornalista che, contemporaneamente, dal quel posto si dominano l’Inferno ed il Paradiso. Dall’alto indica all’interlocutore il rione di Arghillà che ha definito «la nostra Scampia» per il giro che c’è, ha sostenuto il gesuita, di armi, droga e di rifiuti tossici. Siamo saliti, lasciandoci la bellezza del mare per riflettere sul contrasto “tra luce e tenebra”. E si poteva fare solo dall’alto, a parere di Ladiana.
Dopo aver a lungo parlato, sacerdote e giornalista tornano in centro, alla Chiesa degli Ottimati, la Chiesa dei gesuiti, tra il Castello Aragonese ed il Tribunale. In questa Chiesa, un racconto più analitico del gesuita, che ha girato tutti i Sud possibili ed immaginabili, che, naturalmente, non sono costituiti solo dalla Calabria o da Reggio. Arrivato nella città dello Stretto, ha cominciato con ambulatori gratuiti, doposcuola, consulenza agli immigrati, molto tempo prima che “scoppiasse” il fenomeno, come in queste ultime settimane. Tutto inutile per padre Giovanni.
Il fare è utile, ma quel che più conta è dire “l’indicibile” vis a vis, ma essenzialmente dal pulpito. Se poi i nomi e i patti tra clan e colletti bianchi si scrivono, tanto meglio. Come sta avvenendo con il libro “Anche se tutti, io no”. Pubblicato da Laterza.
A giudizio di padre Ladiana, quando cinque anni fa, fu fatta scoppiare una bomba davanti alla Procura generale, si trattava di un messaggio. Ma non solo ai magistrati, ma anche alla Chiesa. Ecco perché è nato il movimento “Reggio non tace”, un movimento che Ladiana definisce di “resistenza e consapevolezza popolare”. E tutto con un scopo unico, quello di “dire l’indicibile”. Tipo? “Che la città è di tutti. In questa città “gli uomini crocifissi”- come li chiama lui- hanno per chiodi: droga,estorsioni, traffici d’armi, rifiuti pericolosi.
È una sorta di fiume in piena padre Ladiana – e chi lo conosce bene lo conferma –. Non si ferma più. Il nemico di Reggio, secondo lui è «un blocco di gattopardi che strozza la speranza. Professionisti, docenti universitari, pezzi di imprenditoria locale». Poi Ladiana va anche oltre parlando di «perfino di spezzoni di Chiesa assuefatta al silenzio, malgrado tutti i documenti in cui i Vescovi hanno scomunicato “silenzi, inchini ed omertà”».
Non è finita. Padre Ladiana è del parere che Reggio non abbia marciapiedi diversi da quelli che ha conosciuto a Scampia, nel terremoto dell’Irpinia, in Messico, nel quartiere Librino di Catania. «È sempre la storia – dice all’inviato di Famiglia Cristiana – il più forte schiaccia. Reggio non tace, dice riprendendo il nome del movimento creato. Discute, denuncia e – come dice il Papa – crea ponti tra i cittadini, non muri. E questo con passione, pazienza e pazzia». E ciò – afferma – «non mi spaventa perché per un cristiano” il presente è il luogo del frattempo,tra il già ed il non ancora». Ci voleva Famiglia Cristiana per dar voce a questo gesuita a cui gli uomini di buona volontà sono legati.
*giornalista
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