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Le bugie sulla burocrazia e l'"autorità" delle pulzelle

Il lupo perde il pelo ma non il vizio: il governatore della Calabria, Mario Oliverio, ci riprova nel disattendere le prescrizioni e gli impegni assunti con l’Autorità anticorruzione. Così, dopo mes…

Pubblicato il: 22/01/2016 – 16:11
Le bugie sulla burocrazia e l'"autorità" delle pulzelle

Il lupo perde il pelo ma non il vizio: il governatore della Calabria, Mario Oliverio, ci riprova nel disattendere le prescrizioni e gli impegni assunti con l’Autorità anticorruzione. Così, dopo mesi di annunci, delibere adottate e non attuate, comunicati stampa rassicuranti, ecco che restano lettera morta gli impegni ad attivare quelli che sono i capisaldi di una messa in sicurezza degli uffici regionali da problemi di corruzione, inadeguatezza, gestione personalistica degli uffici.
La rotazione degli uffici non è stata attivata, così come non si è data esecuzione alla sentenza del Consiglio di Stato che sancisce la presenza ai vertici della quasi totalità degli uffici regionali di dirigenti senza titolo, reclutati senza concorso e avviati a una progressione di carriera interamente basata sulle protezioni politiche.
Non bastasse, anche i pregressi impegni ad attivare l’Osservatorio anticorruzione, dotarsi di “un apposito software per il monitoraggio periodico dei tempi procedimentali”, fornire le in formazioni “relative ai beni immobili e alla gestione del patrimonio”, restano lettera morta, nonostante la messa in mora firmata dal presidente dell’Anac Raffaele Cantone rechi la data del 28 maggio 2014.
In quella occasione, ma anche con altri atti più recenti, Cantone evidenziava i ritardi e le omissioni della Regione Calabria. In risposta a ciò, solo annunci da far arrossire Pinocchio. Come il comunicato stampa della giunta regionale del 21 luglio scorso: «Su proposta del presidente Oliverio – vi si legge – è stato approvato il Piano anticorruzione, i cui contenuti sono stati illustrati dal vicepresidente Antonio Viscomi. Il Piano, già presentato all’attenzione del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Catone, prevede trenta misure che dovranno trovare applicazione nei dipartimenti regionali».
Simpatico, e quasi freudiano, il refuso che trasforma “Cantone” in “Catone”, che notoriamente era soprannominato “il Censore”, ma che fine hanno fatto le «trenta misure» demandate ai dipartimenti per la loro adozione?
Ancora in tempi più recenti, siamo al 18 dicembre scorso, ecco la nuova rassicurante, e bugiarda, nota della Regione Calabria: «Su proposta del vicepresidente prof. Antonio Viscomi, la giunta regionale, nell’ultima seduta, ha deliberato la riorganizzazione della struttura burocratica regionale, obiettivo significativo del programma politico del presidente Oliverio. I dipartimenti saranno articolati soltanto in settori, a ognuno dei quali sarà preposto un dirigente che avrà la cura e la responsabilità su specifiche materie e procedimenti. Scompare – ha dichiarato il vicepresidente – la tradizionale distinzione tra dirigente di settore e di servizio e ogni dirigente avrà pari dignità, autonomia, potere di spesa e dunque responsabilità». Sulla carta tutto fatto, nella pratica quotidiana duci e ducetti sono sempre lì, al vertice di strutture dirigenziali in gran parte occupate abusivamente, in ogni caso inchiodati al ruolo dai tempi della giunta Chiaravalloti.
Eppure, intervenendo in consiglio regionale con le sue dichiarazioni programmatiche, 9 febbraio 2015, Mario Oliverio non si era certo risparmiato impegni né aveva lesinato assicurazioni: «In coerenza con l’evoluzione legislativa e con le disposizioni dell’Autorità nazionale anticorruzione, daremo attuazione a un Piano regionale anticorruzione. Sarà definito un codice di comportamento, in tema di legalità e trasparenza, delle strutture regionali, da costruire con il coinvolgimento delle organizzazioni sociali. In questo quadro, sarà data attuazione al principio della rotazione degli incarichi del personale regionale». Esattamente un anno più tardi il quadro che si presenta è quello di una burocrazia regionale assolutamente padrona del campo. Anzi, in taluni uffici l’arroganza è cresciuta a dismisura, al punto che gli stessi assessori “tecnici” sono ospiti a casa loro e se proprio insistono si sentono apostrofati dalla prima pulzella di turno, con tanto di «io rispondo solo al governatore».
E hanno ragione di esporre tanta sicumera, visto che non solo il riordino, la trasparenza e la meritocrazia promesse sono rimaste in cantina, ma anche quel poco che si era fatto è andato disperso, cancellato. È il caso della piccola rivoluzione che proprio la prima giunta Oliverio aveva avviato con la delibera 138 del 21 maggio 2015. L’allora assessore Carlo Guccione impose una totale rivoluzione nei dipartimenti a lui riconducibili. Lo annunciava una nota ufficiale: «Cambiano da oggi gli assetti e la riorganizzazione dell’assessorato allo Sviluppo economico, Lavoro, Formazione e Politiche sociali. Sono decaduti dalle funzioni gli attuali dirigenti in organico al dipartimento che saranno ricollocati attraverso procedure di mobilità in altri settori». Era accaduto che Guccione aveva deciso di non aspettare i tempi oliveriani: «Nelle more che si avvii la riorganizzazione della struttura burocratica della Regione abbiamo adottato un atto deliberativo che ci ha permesso di avviare la riorganizzazione del dipartimento “Sviluppo economico, Lavoro, Formazione e Politiche sociali. È la prima volta nella storia della Regione che viene attuato un provvedimento di rotazione dei dirigenti che troverà un suo più ampio compimento nella riorganizzazione della struttura regionale anche attraverso l’applicazione del decreto anti corruzione. Quello in atto è un processo riorganizzativo fortemente voluto dal presidente Oliverio. Si avvia così un processo – concludeva il comunicato – che porterà a una maggiore capacità da parte della pubblica amministrazione regionale nel rispondere alle esigenze di trasparenza e di efficienza dei cittadini calabresi».
L’unica a ruotare, in verità, è stata la giunta regionale. Complice “Rimborsopoli”, Guccione e gli altri uscirono per far posto ai “tecnici”, una scelta salutata con speranza e interesse ma sul fronte della burocrazia i passi fatti sono tutti i direzione della peggiore conservazione.

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