COSENZA Manca il deterrente della vergogna, oggi, per frenare la corruzione dilagante che investe il nostro Paese? Secondo Sergio Rizzo sì, senza ombra di dubbio. Il malaffare e la corruzione sono pane quotidiano per il giornalista del Corriere della Sera – autore, insieme a Gian Antonio Stella, dell’esplosivo libro “La Casta” –, abituato a raccontare miserie e malefatte della classe dirigente italiana. Sembrano appartenere ad un’altra storia, a un altro popolo, i tempi del dopoguerra, durante i quali «il privilegio massimo per i parlamentari era prendere l’autobus gratis».
Lo racconta quasi con rammarico, Rizzo, nel suo nuovo lavoro, “Il facilitatore” (Feltrinelli) del quale ha parlato venerdì a Cosenza nel corso di un dialogo/intervista con il giornalista del Corriere della Calabria Pablo Petrasso. Il facilitatore del romanzo è Adolfo Ramelli, un uomo che «ha perso l’innocenza», che ha intravisto uno spiraglio per entrare nei lucrosi ingranaggi del potere e ha deciso di cogliere l’occasione. È bastato fare il primo favore. Da quel momento, il giovane giornalista di provincia è entrato nella spirale di un meccanismo perverso, fatto di conoscenze, legami corrotti, guadagni illeciti, appalti truccati. Il mondo di Ramelli non è un mondo immaginario, frutto della fantasia dell’autore, semmai è un mondo tradotto, perfettamente ispirato ai fatti e alle cronache del nostro Paese, di cui Rizzo possiede un immenso archivio. Basti pensare che “facilitatore” è il ruolo nel quale si identificava Luca Odevaine, uno dei protagonisti dell’inchiesta Mafia Capitale.
Alla domanda «chi comanda oggi in Italia?», lo scrittore non ha remore nel rispondere: «Le lobby delle autostrade, per esempio, sono certamente molto potenti». Ma Rizzo è un osservatore onesto. La corruzione – protagonista indiscussa del suo romanzo –, che muove la vita di una nazione intera, non è un fatto nuovo e non investe solo la classe dirigente o i grandi potentati, ma è scivolata senza ostacoli fino alla base della vita economica e civile del Paese. E se è vero che la vergogna non è un deterrente, è altrettanto vero che una presa per assuefazione ha, forse, anestetizzato le coscienze e indebolito l’indignazione. Ed è ancor più vero in Calabria, perché «la Calabria – dice Rizzo – è un problema in sé. Perché il rinnovamento della classe dirigente qui è ancora più urgente che nel resto del Paese». Il facilitatore Ramelli ha perso l’anima nell’assolvere al compito di lubrificante della ruota del malaffare. Non appaiono nella sua vita affetti sinceri e grandi speranze. Forse per cambiare un po’ le cose in Italia basterebbe chiedersi se il gioco vale la candela.
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