REGGIO CALABRIA Dovranno presentarsi il prossimo 27 gennaio di fronte al nuovo Tribunale della Libertà, chiamato a valutare la congruità della misura cautelare disposta a loro carico, gli ex assessori regionali Antonino De Gaetano e Luigi Fedele, e il senatore Giovanni Bilardi, accusati di aver utilizzato per scopi personali i fondi destinati all’attività dei gruppi del Consiglio regionale e per questo finiti al centro del procedimento Rimborsopoli.
Il nuovo giudizio è stato disposto dalla Corte di Cassazione, che ha annullato con rinvio l’ordinanza di custodia cautelare a carico dei tre, non ritenendo più sussistenti le esigenze di custodia in ragione del tempo trascorso dai fatti contestati, ma confermando per tutti i gravi indizi di colpevolezza. Una pronuncia che nulla ha cambiato del pesantissimo quadro accusatorio contestato ai tre, tanto meno nell’iter del procedimento che prosegue il suo corso. Se per il senatore Bilardi bisognerà comunque attendere che si pronunci la camera di appartenenza, De Gaetano e Fedele sono attesi il prossimo 15 febbraio per l’inizio del processo a loro carico. Nel frattempo, i legali dell’ex assessore regionale ai Trasporti della Giunta Oliverio hanno strappato al gip un’attenuazione dei domiciliari disposti per il proprio assistito, convertiti in obbligo di dimora fuori dalla Calabria. Un provvedimento contro cui la procura ha fatto appello, anche perché toccherà al nuovo Tribunale della Libertà pronunciarsi al riguardo come disposto dalla Cassazione. Sono spirate invece per scadenza naturale dei termini di custodia le misure disposte nei confronti degli indagati colpiti da obbligo di dimora fuori dalla Calabria, fra i quali l’ex consigliere regionale Nicola Adamo. Sulla sua posizione si è espressa anche la Cassazione, annullando senza rinvio il provvedimento di divieto di dimora nella regione disposto dal gip Olga Tarzia e confermato dal Tdl, relativamente al profilo dell’attualità delle esigenze cautelari. Senza intaccare il quadro accusatorio a suo carico, i giudici della Suprema Corte – informano dalla procura di Reggio Calabria – hanno ritenuto che sia passato troppo tempo dai reati contestati perché la misura possa ritenersi ancora efficace.
a. c.
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