Sì, ok, mettiamo che quei tre siano il male assoluto, che siano il peggio del peggio, che nessuno più di loro incarni così fedelmente il cliché della politica trasformista e riciclona. Ci può stare, visti i loro trascorsi. Gennaro Migliore, prima di raggiungere i banchi del governo, è passato – via Orfini – da braccio destro di Nichi Vendola a commissario del Pd di Tor Bella Monaca mantenendo sempre lo stesso aplomb di fronte a microfoni e telecamere. Di Tonino Gentile sarebbe quasi inutile dire: per capire il profilo del personaggio basterebbe da sola la storiaccia dell’Oragate, ma anche la parabola che lo ha visto passare con disinvoltura dal fianco – da lui ben lavorato – di Peppe Scopelliti alle avanguardie renziane. Con Dorina Bianchi, poi, i nostri beni culturali saranno certamente in buone mani, e non basteranno le foto del comizio crotonese con Berlusconi e Scopelliti a scalfire malignamente il suo riconosciuto spessore politico.
Facili ironie a parte, è comprensibilissimo che chi conserva ancora un po’ di idee “de sinistra” sia ferito e finanche disgustato dall’ingresso di questo trio in un governo che dovrebbe, sempre secondo i nostalgici della sezione e dell’apparato, avere una trazione di centrotrattinosinistra. Però, dico io.
C’è un però grande quanto una casa che non riesco proprio a trattenere, io che – mi autodenuncio – sarei uno di quei criticoni/disfattisti/oltranzisti che, già da un po’, hanno scelto di non partecipare ai circhi elettorali pur coltivando, segretamente, la speranza di avere prima o poi un vero partito di sinistra da poter votare. Il però si chiama Sel, partito che in queste settimane sta prendendo le misure del nuovo abito marcato Sinistra Italiana. Ecco: ho tanti amici di Sel e derivati che, dopo la promozione del trio delle meraviglie, stanno affidando il loro sdegno alle irrinunciabili filippiche da social.
Sdegno e rabbia, anche questo ci può stare, come può starci che un criticone/disfattista/oltranzista faccia loro presente che, puntualmente, tutta questa indignazione nei confronti del Pd scompare quando si avvicinano gli appuntamenti elettorali. Basti l’esempio del sostegno a Mario Oliverio in Calabria, o quello di tanti Comuni in cui alle elezioni Pd e Sel vanno a braccetto per poi accapigliarsi se non c’è abbastanza ciccia da spartire. Ancora più prosaicamente: critiche, dibattiti, analisi e seminari finora si sono dissolti in un nanosecondo quando il Pd ha alzato appena appena la gonna e ha fatto sentire il profumo di un assessorato (o di un ministero). Insomma: li criticano quasi sempre, ma sempre e dovunque quelli governano con i loro voti.
Io, comunque, sono un maligno. E verrò certamente presto smentito dal nuovo corso rivoluzionario annunciato dai subcomandanti Fassina e D’Attorre.
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