REGGIO CALABRIA Fuori non era che un pendio coperto da un roveto inestricabile, uno dei tanti che infestano le colline che dalla piana di Gioia Tauro si arrampicano dentro l’Aspromonte. Dentro, nel cuore della montagna, un bunker ricavato dentro un costone di roccia era il rifugio dei superlatitanti Giuseppe Ferraro e Giuseppe Crea, catturati questa mattina all’alba dagli uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria, agli ordini di Francesco Rattà, con il supporto della prima sezione dello Sco, guidata da Andrea Grassi.
CRIMINALI DI ALTO RANGO E PIENAMENTE OPERATIVI «Si tratta di due pericolosissimi criminali che hanno passato gran parte della loro esistenza in latitanza», dice il comandante della Squadra Mobile Rattà, ricordando che «Crea, reggente della cosca che è stata in grado di sovvertire l’ordine democratico a Rizziconi, è latitante da circa 12 anni. Ferraro, è latitante da diciotto per duplice omicidio».
Entrambi, negli anni trascorsi a sfuggire agli investigatori, non hanno smesso di commettere crimini. Proprio oggi è stata notificata a Crea e al padre Teodoro, già detenuto, una nuova ordinanza d’arresto per associazione mafiosa ed estorsione, mentre da latitante, Ferraro è stato colpito da un mandato d’arresto nell’ambito dell’operazione “Eclissi”, come mandante dell’omicidio degli uomini del suo stesso clan, sacrificati per ripristinare la pax con il clan avversario dei Mazzagatti- Bonarrigo, che avevano osato violare.
(Giuseppe Crea)
OPERAZIONE PERICOLOSA Due personaggi pericolosi, che hanno sempre dimostrato di avere familiarità con le armi e non hanno mai esitato ad usarle. Per questo, l’operazione predisposta oggi per catturarli, dopo oltre un anno di indagine classica- basata solo intercettazioni e pedinamenti – è stata pianificata con la massima attenzione. «È stato un lavoro di investigazione vero, fatto di intercettazioni, pedinamenti e fatica quello che ha portato a individuare Crea e Ferraro, e l’intervento necessario per catturarli è stato difficile e pericoloso – dice il comandante della prima sezione dello Sco, Andrea Grassi, ormai da tempo abituato a intervenire in tandem con la Squadra Mobile di Reggio Calabria, con cui ha messo a segno importantissime operazioni –. Abbiamo annientato il pericolo grazie al coraggio degli uomini della Squadra Mobile e dello Sco».
LA CATTURA Silenziosi come gatti, fin dalle prime ore di questa mattina, cinquanta uomini hanno accerchiato la collina in cui era nascosto il bunker, e hanno iniziato la scalata. Un compito reso complicato da rovi e sterpaglie che ricoprivano il terreno e rischiavano di rivelare ai due latitanti la presenza degli investigatori, ma soprattutto di scatenare la loro reazione. Invece, quando i dieci uomini guidati da Fabio Catalano, vicecomandante della Mobile, hanno sfondato la porta del bunker, i due sono stati sorpresi nel sonno. «Non volevamo farceli scappare», dice Catalano, con indosso ancora la mimetica e gli scarponi sporchi del fango del pendio. «Eravamo pronti a tutto». Fortunatamente, non ce n’è stato bisogno. Svegliati dall’irruzione, i due non hanno avuto il tempo di reagire e mettere mano ai due fucili a pompa con il colpo in canna, appesi accanto al letto a castello in cui dormivano. Non hanno avuto il tempo neanche di pensare a come sfuggire agli investigatori. Ammanettati e trascinati fuori dal nascondiglio, in silenzio hanno seguito gli investigatori fino alle auto, in silenzio.
IL BUNKER Nel frattempo sono iniziate le operazioni di perquisizione del covo dei due. Grande non più di 25 metri quadri e ricavato nella pancia di una collina, era dotato di ogni confort e predisposto per una lunga permanenza. Un letto a castello più un terzo per eventuali ospiti, cucina attrezzata, un frigorifero, una doccia con tanto di acqua calda, provviste fresche, a Crea e Ferraro non mancava nulla. Un allaccio abusivo garantiva loro la corrente elettrica e una serie di cavi permetteva loro persino di guardare la tv satellitare. Ma all’interno del bunker c’era soprattutto un arsenale di armi lunghe e corte su cui si stanno concentrando le attenzioni degli investigatori. Oltre ai due fucili a pompa che Crea e Ferraro tenevano accanto al letto, gli uomini della Mobile hanno catalogato un mitra ak-47, un detonatore, diverse pistole e fucili a pallettoni. Armi tutte tirate a lucido ma che in passato hanno già sparato e adesso toccherà ai periti balistici definire in che occasione e contro chi.
(L’elicottero delle forze dell’ordine sopra il covo dei latitanti)
ARMI CHE PARLANO Fra gli omicidi che potrebbero avvicinarsi ad una soluzione grazie alle storie che quelle armi possono raccontare, c’è di certo quello di Francesco Inzitari, figlio dell’ex consigliere provinciale Udc, condannato in via definitiva per concorso esterno, Pasquale. Il ragazzo è stato freddato a poco più di 18 anni, nel dicembre 2009, con dieci colpi di pistola. «Il pentito Bruzzese – ricorda il procuratore Federico Cafiero de Raho – per quell’omicidio ha chiamato in causa il clan Crea e in particolare Giuseppe Crea». Ma anche altri fatti di sangue o intimidazioni potrebbero trovare soluzione. Delitti maturati nel corso della decennale faida di Oppido Mamertina, che vede storicamente opposti i Ferraro Raccosta e i Mazzagatti-Bonarrigo, oppure quelli che hanno funestato la Piana negli ultimi anni e sono rimasti senza perché.
TERRITORI LIBERATI «Oggi possiamo dire che nel territorio in cui i due latitanti sono stati catturati sono state ripristinate le condizioni minime della democrazia, suturando la ferita che l’azione dei Crea aveva provocato non solo alla Calabria, ma a tutta la Repubblica», ha detto soddisfatto il procuratore aggiunto Gaetano Paci, coordinatore delle indagini della procura antimafia nel tirrenico reggino. «Abbiamo liberato la città e la provincia dal peso di due pericolosi latitanti», gli ha fatto eco il questore Raffaele Grassi, mentre per il procuratore Cafiero de Raho è importante «che questa nuova operazione sia un messaggio per i cittadini. Se qualcuno iniziasse a fornirci informazioni ed elementi le cose potrebbero davvero cambiare in questo territorio, ma i primi segnali li stiamo già registrando».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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