Quando la supponenza schiaccia l’umiltà, la professionalità latita per far spazio all’approssimazione e la sensibilità istituzionale si scioglie alla fiamma dell’autoreferenzialità, il minimo che può capitare è di inanellare una serie di gaffe tale da giustificare una edizione straordinaria de “Il bestiario” del maestro Guido Quaranta. Così di gaffe il governatore Mario Oliverio riesce ad infilarne quattro di seguito, praticamente una per ogni cartella del suo intervento di saluto al capo dello Stato.
Partiamo dalla più imperdonabile: cita Franco Fortugno, la sua feroce esecuzione e l’omaggio tributatogli dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ma dimentica di invitare la vedova alla cerimonia di inaugurazione della Cittadella.
Proprio così, l’onorevole Maria Grazia Laganà ha seguito da Roma la diretta. «Non vado dove non sono invitata», il suo unico ma fermo commento. Eppure non è solo la donna che ha condiviso gioie e dolori con il compianto vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, è anche un ex parlamentare del Partito democratico, quello che ha consentito a Mario Oliverio di diventare governatore.
Distrazione collettiva? Errore dello staff presidenziale? Colpa di Iacucci che ha dimenticato di dirlo a Pignanelli perché informasse Oliverio? Oppure colpa dell’onorevole Laganà che nasce e vive in provincia di Reggio Calabria? Fosse nata a Cosenza avrebbe ricevuto invito e ottenuto citazione, come è stato per la vedova del presidente Guarasci.
Altro giro. Oliverio elenca meticolosamente le intimidazioni messe in atto dalla criminalità organizzata e ne sottolinea opportunamente la gravità. Parte da quelle contro il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, prosegue con i ripetuti atti incendiari contro il consigliere regionale Arturo Bova, poi si dedica agli amministratori locali ed agli imprenditori. Neanche un cenno ai giornalisti. Un erroraccio che diventerà ancora più evidente qualche minuto più tardi, quando il presidente della Repubblica affronterà lo stesso argomento. Sergio Mattarella, forte del vissuto di chi la violenza mafiosa non l’ha letta sui giornali ma l’ha vista in faccia e ne porta ancora addosso le cicatrici, estenderà il suo pensiero oltre che a magistrati, amministratori, imprenditori e uomini delle istituzioni anche alle «minacce contro esponenti della stampa libera».
E arriviamo all’ingenerosità tipica di chi si sente “uomo solo al comando”. I problemi e le emergenze sono «disastri ereditati dalle passate gestioni», la Cittadella regionale, invece, è un merito tutto Oliveriano, al massimo da condividere con il progettista Portoghesi, l’impresa costruttrice e le maestranze. Con eleganza, anche qui, Mattarella rimette le cose a posto: «Oggi i calabresi hanno una casa razionale e bella. Risultato del lavoro di giunte diverse e di diverso disegno politico». E sì, perché qualcosa avranno pur fatto anche Nisticò (che per primo osò sfidare le lobbies dei fitti che a Catanzaro sono fortissime) e poi Loiero, che formalizzò l’incarico a Portoghesi, ed infine Scopelliti che con Pino Gentile assessore ai Lavori pubblici ha tirato fuori dalle secche un’opera che molti sabotavano.
Infine il libro dei buoni propositi: liquidazione di gran parte degli enti sub regionali (ma non è stata appena votata in consiglio regionale una richiesta della giunta di prorogare il mandato ai liquidatori?); riordino della burocrazia (intanto però viene stoppata la rotazione dei dirigenti); rigore morale (nomine ferme e quotidiana infornata di commissari). E con i buoni propositi anche due medaglie da appuntarsi al petto: entro il 2016 la Calabria sarà la regione con la più ampia diffusione della banda larga; la Commissione europea ha certificato che l’intera spesa dei fondi comunitari assegnata è stata impegnata.
Vedremo sulla “banda larga”, circa i fondi comunitari è bene riflettere sulla sottile annotazione fatta dal presidente Mattarella. Evidentemente il capo dello Stato prima di parlare si informa. Nel farlo sarà stato messo al corrente del fatto che in Calabria non abbiamo mai avuto problemi di impegno della spesa da affrontare con i fondi comunitari. I drammi arrivano quando si tratta di presentare la rendicontazione: due volte su tre veniamo bocciati con il doppio danno di veder svanire il finanziamento europeo e crescere le spese relative al contenzioso e ai debiti fuori bilancio.
direttore@corrierecal.it
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