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«Reggio sia una priorità nell'agenda della Giustizia»

«Reggio Calabria deve essere una priorità nell’agenda della Giustizia del nostro Paese. Non solo per la magistratura e per il Guardasigilli, ma per tutto il governo perché in questo distretto c’è l…

Pubblicato il: 30/01/2016 – 13:37
«Reggio sia una priorità nell'agenda della Giustizia»

«Reggio Calabria deve essere una priorità nell’agenda della Giustizia del nostro Paese. Non solo per la magistratura e per il Guardasigilli, ma per tutto il governo perché in questo distretto c’è la sede centrale di una delle organizzazioni criminali più pericolose al mondo». Non ha peli sulla lingua il rappresentante del Csm Piergiorgio Morosini. Da gup attento che ha saputo cesellare uno dei procedimenti più delicati della storia giudiziaria contemporanea – quello sulla trattativa Stato-Mafia – non solo è abituato ad affrontare di petto situazioni potenzialmente spinose, ma soprattutto sa quanto pervasiva e pericolosa possa essere l’infiltrazione delle ‘ndrine.

REGGIO SIA PRIORITÀ Per questo nel suo intervento è stato cristallino: se la lotta alla ‘ndrangheta è una priorità – e deve esserlo, sottolinea il magistrato – tribunali e procure che per primi sono investiti di questa battaglia devono essere messi in condizioni di farlo. Perché ne va della struttura democratica di tutto il paese. La ‘ndrangheta – spiega Morosini – è «un sistema di potere criminale fondato su una rete relazionale poderosa. Relazioni affaristiche, municipali, familiari che si estendono a maglie fitte su singoli territori e vaste aree, esprimendo enorme capacità diffusive anche nelle più ricche regioni del Nord Italia e che si espande anche con fortissime relazioni intercontinentali. Relazioni che coinvolgono uomini d’affari, politici, professionisti, che collegano luoghi elevati e luoghi infimi della società e che contaminano gangli fondamentali dell’economia, della società e delle istituzioni e quindi del sistema democratico».

‘NDRANGHETA NEMICO PRINCIPALE Non è un segreto, né una novità. «Sentenze irrevocabili, documenti della Dna e della commissione parlamentare Antimafia ci dicono come il contrasto giudiziario alla mafia calabrese sia un momento strategico per la difesa dei diritti fondamentali dei cittadini e della democrazia di questa terra e non solo di questa terra. Dunque è importante avere procure all’altezza delle sfide, coadiuvate da una polizia giudiziaria specializzata non solo sull’ala militare delle organizzazioni mafiose, ma anche sui modi di insinuarsi nelle pubbliche amministrazioni e nel circuito economico finanziario». Ma soprattutto – tuona Morosini – per contrastare la ‘ndrangheta è necessario che le indagini trovino il loro luogo di misurazione naturale nei processi, che devono essere celebrati «con tutte le garanzie, e in tempi ragionevoli, per arrivare a verdetti convincenti». Oggi, a Reggio Calabria, non sempre è possibile.

ORGANICO INADEGUATO «In questo momento – ci tiene a sottolineare il rappresentante del Csm – le piante organiche sono assolutamente inadeguate per il fenomeno da affrontare, così come l’entità del personale giudiziario. E il sacrificio di pochi non può durare in eterno. I numeri parlano chiaro: con un ufficio gip che movimenta circa 2500 detenuti ogni anno, le misure di prevenzione che hanno in sequestro beni per oltre 2 miliardi e mezzo di euro, il dibattimento di primo grado che in questo momento ha in piedi una trentina di maxiprocessi.. e una pianta organica simile a quella del Tribunale di Pavia».

PIÙ MAGISTRATI A REGGIO La sproporzione del carico di lavoro e della delicatezza strategica dei fenomeni da affrontare per Morosini è evidente, così come cristallino è il messaggio lanciato al ministero della Giustizia: «Sulle piante organiche è arrivato il momento di ridistribuire le risorse. Con certi dati alla mano, se c’è da tagliare ad altre latitudini si deve fare. Perché, come sosteneva il Mahatma Gandhi, le risorse in democrazia sono tutto». Come in occasione di Expo, sono stati inviati 20 magistrati in un solo colpo alla procura di Milano per potenziare i presidi di legalità attorno ad un evento considerato strategico, adesso – sottolinea il magistrato – il Ministero «deve esprimere la stessa determinazione nell’inviare tempestivamente magistrati a Reggio e deve creare incentivi per una permanenza in loco considerevole».

NEL DISTRETTO SITUAZIONE CRITICA Richieste che sembrano interpretare pienamente le necessità dei professionisti della giustizia del distretto, che per l’ennesimo anno – rivela la relazione della presidente facente funzioni della Corte d’Appello Fiorenza Freni – non possono che fare i conti non solo con un organico insufficiente per affrontare le richieste di giustizia del territorio, ma per giunta neanche completo. Mancano giudici e pm, gip e procuratori generali, aggiunti e presidenti di sezione in ogni Tribunale del distretto, da Palmi a Locri, passando per Reggio. In totale sono più di 40 le toghe che mancano all’appello, anche a causa di una serie di trasferimenti che hanno ulteriormente sguarnito i ranghi di un esercito fin troppo ridotto per affrontare la mole di lavoro che il distretto – su ogni fronte – produce.

I RISULTATI ARRIVANO COMUNQUE Una situazione di estrema difficoltà che non ha messo in discussione i risultati. «Pur in presenza delle evidenziate scoperture di organico il contrasto alla ‘ndrangheta, grazie alla professionalità e all’impegno profusi dai procuratori della repubblica del distretto, e il particolare dal procuratore distrettuale Federico Cafiero de Raho, coadiuvato da tutte le forze dell’Ordine – sottolinea la presidente Freni- ha conseguito risultati assai rilevanti». Anche sul fronte delle misure di prevenzione arrivano risultati positivi, sequestri e confische hanno superato infatti gli 800 milioni di euro.

MA I FASCICOLI AUMENTANO Ma le pendenze – fra cui un numero rilevante dei maxi –processi di mafia che per la Freni « danno uno spaccato del controllo capillare del territorio da parte della ‘ndrangheta, dei legami della stessa con esponenti della classe imprenditoriale e del rapporto con il mondo delle istituzioni e della politica» – sono in continuo aumento. Allo stesso modo, aumentano reati e procedimenti: fanno registrare un +19,4% le iscrizioni di minorenni coinvolti in operazioni di criminalità organizzata e mafiosa, ma aumentano del 12% anche i fascicoli per reati di peculato, corruzione e concussione. Crescono del 5% anche i delitti per indebita percezione di contributi, finanziamenti statali e Ue, quelli a carico di associazioni mafiose del 19%, così come gli omicidi volontari (da 24 a 33), i procedimenti per omicidio colposo e per lesioni colpose per infortunio sul lavoro (+33%). Esponenziale – pari all’89% – è l’incremento dei procedimenti per pedopornografia e stalking (94%).

«TUTELIAMO LE PROFESSIONALITÀ» Una fotografia allarmante della società reggina quella scattata dagli uffici giudiziari del distretto che chiama in causa non solo il Ministero, ma anche il Csm. O almeno questo sembra intendere Piergiorgio Morosini, quando nel suo intervento sottolinea che se in distretti come quello reggino non ha senso “contare” i processi, ma è necessario pesarli, «perché una sola indagine possa assorbire tesori di tempo, fatiche, professionalità», allo stesso modo è necessario che il Csm, nella definizione di ruoli e incarichi, tenga a mente «un obiettivo superiore da coltivare in ogni decisione: la non dispersione delle professionalità e dell’impegno di tante persone che operano nella giurisdizione».

NECESSARIA RIFORMA DELLA PRESCRIZIONE Professionalità che a Reggio e al sistema giustizia in generale hanno dato e danno molto, ma più di una volta hanno visto vanificati i propri sforzi dalla prescrizione dei reati perseguiti. Per questo, sottolinea il magistrato «le spinte riformatrici devono combattere gli “sfregi alla giustizia” che si consumano nei processi per corruzione e di criminalità economica. Più che i proclami dopo qualche eclatante assoluzione, occorre approvare oggi una riforma credibile della prescrizione. Dopo la sentenza di primo grado, il reato non si deve più prescrivere, per e
vitare che si gettino alle ortiche anni di duro impegno di magistrati e polizia giudiziaria. E tutti sappiamo che le vigenti norme sulla prescrizione sono un invito a condotte meramente dilatorie».

NO ALLE VERSIONI AZIENDALISTICHE DELLA GIUSTIZIA Allo stesso modo per Morosini, le riforme costituzionali non devono in alcun modo snaturare la natura e il compito della magistratura. «Versioni aziendalistiche della giustizia e modello di giudice conformista tutto statistiche e “combinato disposto”, intellettualmente disimpegnato e sostanzialmente senz’anima, finirebbe per penalizzare pesantemente proprio contesti come quello reggino».

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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