CATANZARO Telefoni cellulari, computer, materiale informatico, video scaricati da internet. Tutto quanto è stato sequestrato ad Hamil Mehdi – il venticinquenne di origine marocchina accusato del reato di autoaddestramento ai fini di terrorismo internazionale – passa al vaglio degli inquirenti per gli accertamenti volti a verificarne l’uso e la destinazione. Mehdi è stato arrestato lunedì scorso dagli agenti della Digos di Cosenza e dal servizio centrale Antiterrorismo a Fiumicino. Le indagini su di lui sono state svolte dalla Procura di Catanzaro – dal coordinatore Giovanni Bombardieri e dal sostituto Paolo Petrolo – che da tempo monitorava i movimenti del giovane, residente con la famiglia a Luzzi, in provincia di Cosenza, da ormai dieci anni. Il grave sospetto sul marocchino è che sia un aspirante foreign fighter, un combattente pronto ad arruolarsi attivamente tra le fila dell’Isis e a morire di jihad. Gli investigatori lo controllano da quando, a luglio scorso, era stato respinto dalle autorità portuali turche dall’aeroporto di Istanbul per motivi di «sicurezza pubblica». Il suo rientro all’aeroporto di Fiumicino dopo il respingimento dalla frontiera turca, aveva dato il via alle indagini. Il suo desiderio di entrare in Turchia – con un biglietto di sola andata e un unico bagaglio a mano – era durato nemmeno 24 ore, tra il 9 e il 10 luglio 2015. Era partito all’insaputa dei genitori e al suo rientro forzato a Fiumicino aveva comunicato di essere partito per motivi religiosi, «per pregare in una moschea più grande». Ragioni che il giovane ha ribadito nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto mercoledì scorso alla presenza del gip di Cosenza, Salvatore Carpino su delega del collega di Catanzaro Giuseppe Perri, e del legale del 25enne, l’avvocato Francesco Porto. Ma il materiale sequestrato al marocchino è corposo e necessita di minuziosi accertamenti che da lunedì passano ai raggi x degli investigatori.
ale. tru.
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