Ultimo aggiornamento alle 22:10
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 8 minuti
Cambia colore:
 

«Condannate Carolina Girasole»

CATANZARO Carolina Girasole doveva essere condannata insieme al marito Franco Pugliese e tutti i loro coimputati. È chiara e netta la Dda di Catanzaro che, nel fare appello contro la sentenza che h…

Pubblicato il: 05/02/2016 – 0:41
«Condannate Carolina Girasole»

CATANZARO Carolina Girasole doveva essere condannata insieme al marito Franco Pugliese e tutti i loro coimputati. È chiara e netta la Dda di Catanzaro che, nel fare appello contro la sentenza che ha assolto l’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto dall’accusa di aver permesso al clan Arena di continuare ad usufruire dei campi loro confiscati in cambio di appoggio elettorale, non solo non risparmia critiche al collegio di primo grado, ma riempie ben 85 pagine di fatti, intercettazioni, considerazioni che smontano pezzo per pezzo quella pronuncia.

ANALISI ATOMIZZATA E OMISSIVA DELLE PROVE «Quanto ricostruito da un lato documentalmente e dall’altro in via intercettiva – sottolinea il pm Domenico Guarascio – consente di rilevare, incontestabilmente, come si passi dalla rabbia e dalla frustrazione degli Arena, nel momento in cui il potere decisionale in ordine alla sorte dei terreni è in capo alla Prefettura ed in cui è chiara la consapevolezza che i terreni saranno “frangizzollati”, alla gioia ed al pieno convincimento di riuscire nel proprio intento di procedere alla raccolta e così di ricavarne grandi benefici economici, dal primo momento in cui vi è la sicurezza che ogni decisione sula destinazione dei terreni è passata in capo al Comune di Isola Capo Rizzuto». Un’evoluzione che racchiude l’intera vicenda – sostiene la Dda- ma è stata ignorata dal collegio dei giudici di Crotone a causa di una visione parcellizzata delle prove prodotte, omissiva rispetto a «risultanze dalla inequivoca valenza indiziante» e spesso schiacciata sulle argomentazioni delle difese.

GIUSTIFICAZIONI INCONCLUDENTI Un metodo opinabile che per il pm Guarascio ha portato all’errata valutazione di una vicenda semplice, sconfortante e cristallina, che emerge in maniera chiara dalle intercettazioni messe agli atti. Quando gli Arena scoprono che toccherà alla Prefettura e non alla Girasole decidere sulla frangizollatura dei campi – spiega il sostituto della Dda di Catanzaro – sono imbestialisti, «stato d’animo che evidentemente muta completamente nel momento in cui tale potere di destinazione dei terreni passa in capo al Comune». E assolutamente «inconcludente» scrive il magistrato «appare la giustificazione, accolta acriticamente dal Tribunale, che rispondesse ad interesse della popolazione non sprecare il raccolto ma recuperare risorse economiche con la vendita dei finocchi! Interesse della popolazione o interesse degli Arena, gli unici che ci hanno guadagnato!». Interessi opposti attorno a cui ruota l’intero processo, sintetizzati nella domanda che la Distrettuale di Catanzaro rivolge alla Corte d’appello.

GLI INTERESSI DI CHI? «Quale Sindaco “antimafia”– si legge nell’appello – bene a conoscenza degli interessi che c’erano dietro quei terreni ancora in mano agli Arena che li coltivavano alla luce del sole da anni seppure loro sottratti e confiscati dallo Stato avrebbe consentito che gli stessi soddisfacessero ancora una volta gli illeciti interessi di quella famiglia di ‘ndrangheta?». Un clan che per anni – e la cosa era a tutti nota – aveva continuato a usufruire di quei terreni, tanto che – sottolinea la Dda – anche Libera aveva optato per distruggere quel raccolto, dei cui proventi era consapevole di non poter usufruire « senza le pressioni e le intimidazioni degli Arena che quei terreni avevano coltivato impunemente davanti a tutti, davanti a quello stesso Sindaco che ora quei terreni illecitamente consentiva loro di sfruttare per l’ultima volta». Per questo i pm sottolineano «ci si potrebbe chiedere, in senso retorico, se fosse veramente interesse pubblico procedere ad una gara il cui risultato economico di poche migliaia di euro a fronte di un reale valore del raccolto per centinaia di migliaia di euro. E che gara!»

UNA GARA INSPIEGABILE Quella gara – rammenta Guarascio– è stata bandita in pochissimi giorni, alcuni pure festivi, «secondo le attese e le aspettative degli Arena, come incontestabilmente emerge da quella chiave di lettura autentica che è costituita dalle intercettazioni, che procedono parallelamente alla stessa e consentono di monitorare tutte le sue fasi». Per la Dda, non è possibile rintracciare altri motivi. «Non interviene nulla – si legge nel ricorso – che possa giustificare quel revirement cosi doloroso per una cittadinanza ormai abituata all’ antimafia di parata, quella che da un lato pubblicizza la sottrazione alla (ndrangheta di terreni ed immobili e dall’altro lato o consente a quella stessa ‘ndrangheta di mantenere il possesso di quegli stessi terreni».

DOMINIO INCONTRASTATO, MA CONTRASTABILE Lo dimostrano – spiega la procura – le conversazioni intercettate «che in quanto avvenute tra gli stessi appartenenti al medesimo gruppo familiare e (ndranghetista presentano un livello di attendibilità, alla luce dei canoni di interpretazione forniti dalla giurisprudenza di legittimità, altissimo», ma lo dimostra anche la cronaca, che racconta come Nicola Arena e i suoi figli abbiano impunemente continuato a disporre dei quei terreni «fino all’ottobre 2010 allorquando su impulso della Prefettura (e non già del Comune) venne intrapreso un percorso di utilizzazione ai fini sociali di diversi beni confiscati nel territorio crotonese». Eppure, anche negli anni precedenti – afferma il pm – il Comune disponeva di quei terreni e avrebbe potuto rendere impossibile agli Arena continuare ad usufruirne. Allo stesso modo, sarà sempre l’amministrazione guidata dalla Girasole a decidere di bandire una gara per la raccolta dei finocchi, invece di procedere con la frangizollatura, considerata dai pm « l’unico e prudente epilogo amministrativo inerente lo spossessamento dei terreni».

INCONTRI INCONTROVERTIBILI Una decisione che finisce per scongiurare – ricostruiscono gli inquirenti – l’ipotesi maggiormente temuta dagli Arena – che pur di non rinunciare al “loro” raccolto non esitano a contattare il marito della Girasole, l’ex sindaco stesso ed altri soggetti interni all’amministrazione. «Gli incontri – si legge nel ricorso – sebbene non cercati o sollecitati da Girasole Carolina, ma dalla stessa – come invece, sarebbe stato necessario in ragione dei rilevanti interessi in gioco, non solo di ordine economico, ma anche di immagine delle istituzioni — non rifiutati senza indugio, è da ritenere abbiano potuto svolgere, e di fatto hanno svolto, un ruolo di decisiva rilevanza per la soluzione, auspicata dagli Arena, che portasse alla raccolta del finocchi anziché alla loro distruzione». A testimoniarlo, ricorda il pm, è una una «sequela di conversazioni intercettate», «malamente svilite nel loro chiaro contenuto semantico dal Tribunale», durante le quali gli uomini del clan non solo presentano il conto del sostegno elettorale elargito, ma minacciano anche di mettere tutto in piazza.

SOSTEGNO ELETTORALE Un dato che per la procura emerge in maniera cristallina dalle parole di Massimo Arena che intercettato mentre parla con Carmine dice « ma perchè, noi non ci possiamo unire tutti?.. non gli possiamo dire che glieli abbiamo dati i voti? il marito è venuto davanti al bar “mi raccomando” qua e là, tummiti… proprio il marito». È proprio alla luce di questa conversazione che per il pm non possono che apparire sospette tanto le giustificazioni fornite dal marito della Girasole, Franco Pugliese, che – intercettato- dice a Massimo Arena che la moglie «aveva la Prefettura caricata addosso», tanto la predisposizione di quel bando di gara che renderà felice il clan. Sicuri di aggiudicarselo, gli uomini del clan –ascoltati dagli investigatori – dicono espressamente «partecipiamo noi al bando… Ci hanno fatto pure il bando».

PUNTUALI SVISTE Un passaggio che per i pm non può che significare che quella gara sarebbe stata aggiustata “ad hoc” per gli Arena. Ma – evidenzia la Dda – «tale dato captativo, non solo viene completamente omesso nella mot
ivazione della sentenza di primo grado ma neppure letto nella sua concatenazione con gli altri dati e risultanze investigative siccome sopra riportate». Allo stesso modo, alcun valore è stato dato dal collegio alla curiosa circostanza che ha visto gli Arena presentarsi a casa del suocero del sindaco, Rosario Pugliese con delle cassette di finocchio in omaggio, esattamente nelle settimane successive alla chiusura del bando. «Quel bando – mettono nero su bianco i magistrati – fu effettivamente “pilotato” nelle intenzioni e nei contegni serbati dagli accoliti, appartenenti alla cosiddetta associazione di ‘ndrangheta denominata “Arena”. In tal senso, solo l’analisi parcellizzata delle fonti di prova e dei risultati acquisiti, oltre l’arbitrarietà della valutazione inerente i dati intercettivi poteva condurre ai capi assolutori».

PARENTELE INGOMBRANTI D’altra parte – ricorda la Distrettuale- sono documentalmente provati anche anche i rapporti di parentela diretti fra gli Arena e la famiglia del marito della Girasole, la cui sorella ha sposato il nipote del capo storico degli Arena. Per questo la Procura non può considerare un caso che i suoceri dell’ex sindaco abbiano deciso di offrire a Massimo Arena quel lavoro che gli consentirà di liberarsi anche del fardello della semilibertà. «Tanto per quanto sinora avanzato e quanto peraltro essendo notorio nel territorio isolitano», è impossibile – afferma il pm – che la Girasole o il marito ignorassero la caratura criminale degli Arena e quale fosse il loro mondo. Tutti motivi per i quali la Corte d’appello – invoca la Dda di Catanzaro – deve ribaltare la sentenza di primo grado e condannare Carolina Girasole e tutti i suoi coimputati.

Alessia Candito
a.candito@corrirecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x