COSENZA Un primo assaggio si è avuto nella giornata di oggi. Il sequel, giurano i diretti interessati, arriverà già nelle prossime ore quando almeno 17 consiglieri comunali (la maggioranza assoluta) firmeranno le dimissioni davanti a un notaio. Firme che dovrebbero, mai come in questo caso il condizionale è d’obbligo, porre fine alla legislatura al Comune di Cosenza e mandare a casa Mario Occhiuto. Fino a stasera le “sottoscrizioni” raccolte sono 11, ne mancano 6 per il quorum che farebbe fuori il sindaco in carica.
Determinanti, per la detronizzazione del primo cittadino forzista, potrebbero essere le dimissioni di alcuni esponenti della maggioranza. Si tratta di uomini appartenenti all’area politica che fa riferimento al consigliere regionale Ennio Morrone (tra i dimissionari, tuttavia, di certo non figurerà il figlio Luca che, tra l’altro, ricopre la carica di presidente del Consiglio a Palazzo dei Bruzi) e di altri rappresentanti eletti col centrodestra ma entrati da tempo in rotta di collisione con Occhiuto.
È una decisione destinata a fare molto rumore quella che domani dovrebbe essere assunta dai consiglieri comunali cosentini. Già, perché le dimissioni non solo determinerebbero la fine anticipata della legislatura al Comune ma provocherebbero un terremoto anche alla Provincia di Cosenza dove Occhiuto è presidente. Se così fosse, a piazza XV marzo la reggenza sarebbe affidata al rappresentante più anziano che siede in consiglio provinciale.
L’accelerazione della crisi politica a Cosenza non coglie di sorpresa. Nei giorni scorsi i promotori della mozione di sfiducia avevano subordinato la presentazione delle firme alla certezza di celebrare le primarie per la scelta del candidato a sindaco del centrosinistra. Dopo che il Pd ha dato il via libera – consultazioni ai gazebo in programma per domenica 6 marzo -, abbandonando per il momento ogni velleità di candidato unitario (leggere alla voce Lucio Presta), è arrivato il cambio di passo.
E tuttavia l’ammutinamento di massa non rappresenta un inedito a Cosenza. A gennaio del 2006 successe più o meno la stessa cosa quando pezzi del centrosinistra e delle opposizioni mandarono a casa Eva Catizone, la pupilla del vecchio Giacomo Mancini. La sfiducia al primo cittadino fu formalizzata in un clima surreale, con i consiglieri che andarono avanti nonostante a pochi metri da loro, sulla scale del palazzo, giacesse il corpo senza vita del cronista del Quotidiano Antonino Catera.
Questa, comunque, è un’altra storia. Forse non meno drammatica di quella andata in scena dieci anni fa. Occhiuto, nel caso fosse messo ko sarebbe già pronto alla rivincita. Intanto la città si interroga: l’ipotetica caduta dell’amministrazione comunale avrà contraccolpi sui tanti cantieri – su tutti quello di piazza Bilotti – che stanno per chiudere i battenti? Penseranno anche a questo i consiglieri che hanno in mente di sottoscrivere il documento da game over per il sindaco-architetto.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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