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Il papà di Nicholas Green: «Donare ha curato il dolore»

ROMA «Scegliere di donare gli organi di Nicholas ci ha aiutato ad affrontare l’enorme dolore di averlo perso. Non ce ne siamo mai pentiti». A parlare è Reginald Green, papà di Nicholas, il bambino …

Pubblicato il: 05/02/2016 – 17:05
Il papà di Nicholas Green: «Donare ha curato il dolore»

ROMA «Scegliere di donare gli organi di Nicholas ci ha aiutato ad affrontare l’enorme dolore di averlo perso. Non ce ne siamo mai pentiti». A parlare è Reginald Green, papà di Nicholas, il bambino californiano di sette anni che il 29 settembre 1994, mentre era in vacanza in Italia, fu colpito da un proiettile sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Con un gesto che smosse le coscienze di una nazione, i genitori decisero di donarne gli organi. «Viaggiavamo sull’autostrada quando un’auto ci ha affiancati – racconta all’Ansa – ho capito che si trattava di qualcosa di pericoloso cercai di accelerare. Spararono verso di noi mandando in frantumi il finestrino, poi scapparono via. Ci accorgemmo dopo poco che Nicholas era stato colpito. Fu il momento più devastante della mia vita». Il piccolo venne ricoverato al Policlinico di Messina, dove restò in coma per due giorni, prima di morire. «Ricordo di aver pensato “non potrò più fare una passeggiata con lui, non lo sentirò più dire buonanotte papà”». Quando fu dichiarato cerebralmente morto, prosegue, «dovemmo decidere se tenere gli organi o donarli a qualcun altro. Mia moglie Maggie mi disse: “ora che non c’è più dovremmo donare gli organi”. E io dissi subito “sì”. Fu semplice. Ci fu chiaro che lui non necessitava più quel corpo ma altre persone, anche se non sapevamo chi fossero, ne avevano bisogno disperatamente». Ad esser espiantati furono il cuore, il fegato, il pancreas, i due reni e le cornee: 7 pazienti ebbero salvata o migliorata la vita grazie alla scelta della famiglia Green. Ma successivamente e tuttora, milioni di persone hanno ascoltato la storia di questo bambino che ha cambiato la storia dei trapianti, in Italia e nel mondo. «Io e mia moglie – ricorda il papà – non abbiamo rimpianto un attimo la decisione. Ma non immaginavamo che un gesto privato potesse avere così tanta risonanza e influenzare il modo di pensare, anche oggi, a distanza di 21 anni». Nel giro della prima settimana centinaia di persone scrissero alla famiglia Green e ancora oggi messaggi continuano ad arrivare da tante parti del mondo. Mentre, tra scuole, parchi, vie e giardini, in Italia, sono oltre 110 i luoghi dedicati a Nicholas. Grazie al Nicholas’s effect, come venne subito battezzato, nei dieci anni successivi, le donazioni di organi in Italia triplicarono con tasso di crescita a cui nessun’altra nazione è andata vicina. «Tanto che – spiega Francesco Parisi, direttore dell’Unità di chirurgia toracica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – nel 1994 l’Italia era al penultimo posto in Europa, fanalino di coda insieme alla Grecia e ora è invece ai primi posti». Merito anche dell’impegno del padre, oggi 87enne, che ha trasformato la sua vita in missione, quella di diffondere la cultura della donazione. «Non è passato un giorno senza che io abbia parlato, risposto a una mail, scritto una pagina o sia stato intervistato per parlare della nostra esperienza e incoraggiare persone a fare altrettanto».

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