Pd, monito di Minniti sulla legalità

LAMEZIA TERME «Il Pd ha la legalità nel proprio dna e per questo motivo consiglio a tutti di fare molta attenzione agli organismi geneticamente modificati». Il messaggio arriva sul finale di una lunga relazione ma è il punto centrale del ragionamento che Marco Minniti offre a dirigenti e militanti del Pd – assente, nonostante fosse annunciata la sua presenza, il governatore Mario Oliverio – che, a Lamezia Terme, si ritrovano per la prima riunione della Consulta sulla legalità appena varata dai dem. Il sottosegretario del governo Renzi si sofferma sulla necessità di tenere dritta la barra, di non cedere ai forti condizionamenti della ‘ndrangheta, che resiste «nonostante l’azione di contrasto vero» messa in atto dallo Stato.
La Consulta presieduta dall’ex deputato Cesare Marini («una figura adamantina», Minniti dixit) è un antidoto, certo, ma non può rappresentare la soluzione definitiva al problema. Serve un’azione sinergica, che veda protagonisti istituzioni, associazioni e mondo della Chiesa. Che a Lamezia è rappresentata da don Ennio Stamile, nuovo responsabile regionale di Libera. «Tutti noi dobbiamo riscoprire il senso della responsabilità», ammonisce il prete antimafia. E Minniti, che lo segue negli interventi, ne amplifica il concetto: «La ‘ndrangheta procura un arricchimento per sé ed un impoverimento nella società in cui opera. Con Oliverio ci siamo dati un obiettivo: nel momento in cui l’Italia inizia a crescere, la Calabria deve mettere un segno più accanto al prodotto interno lordo. Il tema della crescita e del lavoro hanno un nemico mortale: la ‘ndrangheta, l’illegalità. Lotta all’illegalità significa anche lotta alla corruzione. Corruzione e ‘ndrangheta spesso camminano insieme».
In buona sostanza la battaglia per la legalità è una battaglia per i diritti. Come quelli rivendicati dai sindaci intimiditi e ricordati dal capogruppo del Pd in consiglio regionale Sebi Romeo. Minniti assicura che «non saranno lasciati soli», annunciando l’avvio di una nuova fase nella quale, magari, gli amministratori locali «non saranno lasciati soli a gestire gli appalti».
È una battaglia che riguarda tutti, insomma. E Arturo Bova, presidente della commissione regionale anti-‘ndrangheta, strappa applausi quando ricorda che «il mostro non si batte soltanto con l’affissione di targhe all’ingresso di edifici». Serve un «cambio di passo» (invocato dal segretario del Pd calabrese Ernesto Magorno), un’intensificazione della repressione «ma anche – per dirla con le parole di David Ermini, responsabile giustizia del Pd – un rapporto diverso con i cittadini e soprattutto con la cultura e con l’istruzione perché l’illegalità si sconfigge non soltanto con le leggi». L’equazione offerta dai dirigenti dem è la seguente: i clan hanno come loro nemici la crescita e il lavoro. «E allora questo – scandisce Minniti – è il compito di un partito come il Pd che deve badare alle cose concrete. Un esempio su tutti: si discute tanto di sanità in Calabria ma io credo che bisognerebbe iniziare a distinguere il concetto di sanità da quello di salute. Ecco, io credo che il Pd dovrebbe occuparsi soprattutto di quest’ultimo aspetto». Ogni riferimento alle continue diatribe tra commissario, governatore e manager è puramente voluto.

Antonio Ricchio
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