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Oliverio e il terrore delle comunali

COSENZA «Dove è finito Mario Oliverio?». È la domanda sulla bocca di tutti in questi caldissimi giorni di trattative politiche, sfociate nella defenestrazione del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto….

Pubblicato il: 07/02/2016 – 10:01
Oliverio e il terrore delle comunali

COSENZA «Dove è finito Mario Oliverio?». È la domanda sulla bocca di tutti in questi caldissimi giorni di trattative politiche, sfociate nella defenestrazione del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto. Già, perché al netto di ogni retroscena, il governatore è scomparso dai radar della politica calabrese. Sparito, mimetizzato. 
Chi lo conosce bene assicura che si tratta di una strategia precisa. Osserva un compagno di mille battaglie: «Lui è sempre stato così, quando il gioco politico diventa rischioso preferisce scalare nelle retrovie e osservare i fatti a distanza». Non è un caso che a intestarsi il successo per aver mandato Occhiuto a casa sono stati Nicola Adamo e Carlo Guccione, due big del Pd da tempo non più in perfetta sintonia. 
Ma a “spaventare” Oliverio è soprattutto la possibilità di portare a casa nuove batoste elettorali. Il confronto con i suoi predecessori è impietoso: nei primi due anni di legislatura alla Regione, tanto Agazio Loiero quanto Peppe Scopelliti hanno vinto tutte le competizioni in programma nelle città capoluogo e nei piccoli comuni. L’attuale governatore, invece, ha esordito con la sconfitta a Lamezia Terme. Ancora peggio è andata a Vibo Valentia dove Oliverio, con la complicità di Magorno e Censore, ha convintamente sostenuto Lo Schiavo a Vibo, per poi consentire un’ampia vittoria di Elio Costa. Tutto questo mentre gli amici politici del presidente della Regione presentavano una loro lista, nonostante le pressioni di Oliverio a ritirarla. 
Emblematico poi quanto successo a Soverato, grosso centro del Catanzarese, dove il renziano convertitosi rapidamente ai bersaniani di Oliverio, Michele Drosi, convince il governatore a sostenere Francesco Severino, politicamente vicino ad Adamo. Il presidente della giunta si fa fotografare con Severino nei 6×3 elettorali, ma a vincere è il sindaco defenestrato Alecci, che umilia il Pd e Oliverio. Drosi, nel frattempo, viene velocemente premiato da Oliverio con un incarico in Regione.
Altro giro, altra debacle. Questa volta la sconfitta per Oliverio e per il Pd prende corpo a Gioia Tauro. Le promesse di impegni per il porto non bastano al candidato dem per vincere le elezioni. Alla fine prevale il candidato del centrodestra.
Il vero disastro, tuttavia, si consuma in territorio bruzio, in quella che teoricamente dovrebbe essere la roccaforte del governatore e del segretario regionale dei dem. Brucia la sconfitta di Cetraro, dove prevale Angelo Aita contro Ermanno Cennamo, quest’ultimo sostenuto da tutto il Pd nazionale e regionale. Bruciano quella di grandi comuni come Acri, dove Oliverio sosteneva un suo amico e compagno di lungo corso e di Montalto Uffugo dove il candidato sostenuto dall’ex presidente della Provincia non arriva nemmeno al ballottaggio. 
La faccia viene salvata a Taurianova (ma il candidato è un renziano vicino a Battaglia e Irto) e San Giovanni in Fiore, la Stalingrado (ma non troppo) calabrese, centro che ha dato i natali al governatore. Ma è una magra consolazione perché lì il Pd era in lizza praticamente senza avversari. 
Nasce da queste cocenti delusioni l’atteggiamento di Oliverio. A Cosenza non si fa vedere, non partecipa, non sostiene formalmente nessuna operazione. Teme che nella sua provincia, un nuova sconfitta del Pd, possa essere addebitata principalmente a lui. Latita anche a Crotone, dove nessuno sa cosa fare, chi candidare e con quale coalizione. In fondo il governatore è consapevole che, dopo il decennio di Peppino Vallone che finisce nel peggiore dei modi, è considerata persa. Nessuna parola nemmeno sulla “sua” Rossano, capitale del collegio in cui è stato eletto per quattro legislature. Anche qui si è in pieno caos, tanto che è stato perfino sospeso il tesseramento. 
Il rischio di una nuova Caporetto, insomma, è dietro l’angolo. E Oliverio questa volta non vuole essere l’unico a pagare per tutta la “ditta”.

Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it

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