Ultimo aggiornamento alle 22:10
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

Congiusta, la Consulta deciderà sul caso delle lettere a Costa

REGGIO CALABRIA Toccherà alla Corte costituzionale decidere se la corrispondenza inviata dal boss Tommaso Costa dal carcere potrà essere riammessa agli atti del processo che lo vede imputato come m…

Pubblicato il: 08/02/2016 – 19:04
Congiusta, la Consulta deciderà sul caso delle lettere a Costa

REGGIO CALABRIA Toccherà alla Corte costituzionale decidere se la corrispondenza inviata dal boss Tommaso Costa dal carcere potrà essere riammessa agli atti del processo che lo vede imputato come mandante dell’omicidio del giovane imprenditore sidernese, Gianluca Congiusta. La Corte d’Assise d’Appello di Reggio ha infatti accolto la richiesta del sostituto pg Domenico Galletta e del pm Antonio De Bernardo, che avevano chiesto di sottoporre al vaglio dei giudici delle leggi la sentenza che aveva dichiarato quelle lettere inutilizzabili come fonte di prova. Una pronuncia  che tanto la pubblica accusa come la Corte ritengono incostituzionale per due motivi. Primo, se è vero che un detenuto può essere intercettato, non si comprende perché debba essere avvisato del controllo della corrispondenza epistolare. La diversa disciplina non solo introduce una disparità ingiustificabile fra indagati detenuti e indagati non detenuti – per i quali non è necessario alcun visto di controllo, ma si traduce anche in «oneri comunicativi che di per sé sono incompatibili con la segretezza della funzione investigativa e che non sono richiesti per i soggetti non privati della libertà personale. Con l’aberrante conseguenza, tra le altre, che  – in assenza del visto di controllo  il detenuto possa senza problemi continuare dal carcere ad eseguire o espandere un progetto criminoso, anche ordinando o concordando la consumazione di gravi delitti».
D’altra parte, proprio questa mutilazione della possibilità di indagine – spiega la Corte – è una limitazione al principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale, che è naturale completamento dell’ uguaglianza di tutti di fronte alla legge sancita nella Carta. Per i giudici, «si è dunque in presenza di un’irragionevole menomazione dell’attività investigativa costituzionalmente attribuita agli uffici di Procura, impossibilitati, allo stato, a impostare le indagini in modo tale da non compromettere il corso della spedizione della corrispondenza, così come avviene per le intercettazioni telefoniche e delle altre forme di telecomunicazione, di modo da monitorare, sempre secondo canoni di legalità assicurati dall’art. 266 c.p.p., il carteggio tra soggetti all’insaputa degli stessi». L’attività investigativa – si legge nell’ordinanza emessa oggi dalla Corte – viene addirittura vanificata nel caso di controllo di corrispondenza del detenuto in quanto la previa apposizione del visto di controllo, riconoscibile, lo rende immediatamente edotto del controllo in atto, privandolo del tutto di efficacia, bcn potendo il detenuto optare per una differente forma di comunicazione o per un linguaggio criptato tale da risultare sostanzialmente indecifrabile». Tutte considerazioni che adesso toccherà alla Corte costituzionale valutare, ma che potrebbero tradursi in una svolta fondamentale nell’ambito del procedimento, rispedito dalla Cassazione di fronte alla Corte d’assise d’appello, che sarà chiamata a stabilire se Tommaso Costa è il mandante dell’omicidio Congiusta.
Per l’accusa quelle missive sono fondamentali perché è lì che emergono in maniera chiara alcuni riferimenti al possibile movente del delitto Congiusta. L’ipotesi ritenuta più consistente dall’accusa e dai familiari del giovane ucciso riguarda l’estorsione – questa sì confermata anche dalla Cassazione – perpetrata dal boss a danno di Antonio Scarfò, suocero di Gianluca.
Per il clan, quella notizia non doveva essere diffusa mentre, sottotraccia, il boss Costa si muoveva per strappare ai rivali Commisso l’egemonia criminale, conquistata negli anni sanguinosi della faida di Siderno. Una guerra che aveva visto la famiglia Costa perdere uomini, territorio e ricchezze, ma non soccombere, tanto da potersi ripresentare anni dopo con il volto e la mente di Tommaso Costa, determinato a tessere una rete di alleanze con i clan emergenti, destinata a mettere in difficoltà la consorteria rivale. Una strategia segreta, e che tale doveva restare, fino a quando il nuovo cartello non fosse stato pronto allo scontro. Per questo la determinazione di Gianluca a rivelare il contenuto della lettera estorsiva, inviata dai clan dell’emergente cartello al suocero, andava fermata. Per questo Gianluca doveva essere eliminato. I Commisso non potevano e non dovevano capire cosa Costa stesse architettando, ma soprattutto nessuno, nel regime di terrore imposto dall’emergente boss, doveva osare trasgredire il suo volere. Per questo, la sera del 24 maggio del 2005 Gianluca Congiusta è stato ucciso con un unico, devastante, colpo di pistola alla testa. Una tesi ricostruita in anni di lunghe e minuziose indagini dalla Dda di Reggio Calabria che ha convinto tanto i giudici di primo come di secondo grado, ma non ha superato lo scoglio della Cassazione.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x