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La Dda vuole arrestare due big della politica

COSENZA È appesa alle decisioni che il gip distrettuale andrà a prendere nei prossimi giorni la vita politica calabrese. Mesi di laboriose indagini hanno portato la Procura distrettuale antima…

Pubblicato il: 08/02/2016 – 14:19
La Dda vuole arrestare due big della politica

COSENZA È appesa alle decisioni che il gip distrettuale andrà a prendere nei prossimi giorni la vita politica calabrese. Mesi di laboriose indagini hanno portato la Procura distrettuale antimafia di Catanzaro a chiedere misure cautelari a carico di big della politica calabrese sostenendone la collusione con le cosche mafiose cosentine. Tra le persone delle quali viene chiesto l’arresto anche un potente ex assessore regionale ed un consigliere regionale di maggioranza, nella misura in cui sia ancora possibile distinguere in Calabria tra maggioranza ed opposizione in un contesto politico che, proprio su Cosenza, ha eroso ogni argine facendo confluire tutti e tutto in un unico invaso che ha come obiettivo il controllo del potere politico e di quello affaristico nella realtà economicamente più forte di questa Regione.
Al centro della svolta ci sono i riscontri raccolti rispetto alle dichiarazioni rese ai magistrati da tre collaboratori di giustizia: Ernesto, Adolfo e Vincenzo Foggetti. In particolare Adolfo Foggetti ha ricostruito uno spaccato di rapporti consolidati tra l’ambiente criminale e quello politico, senza alcuna differenza tra centro, destra e sinistra. Parla da esponente di primo piano della cosca “Bella bella” nonché da “fidato” collaboratore del boss Maurizio Rango e, oggi, le sue parole riempono i faldoni dell’inchiesta che rischia di ridisegnare gli equilibri mafiosi e politici nella città bruzia.
E ne ha per tutti Foggetti. Per l’avvocato Enzo Paolini, sconfitto da Mario Occhiuto nella corsa a sindaco e oggi pronto a ricandidarsi alle primarie del centrosinistra: «Posso riferire – ha affermato il pentito – che sia io che Maurizio Rango e la nostra organizzazione criminale di riferimento, facente capo agli zingari, si è impegnata nelle ultime elezioni comunali di Cosenza a favore del candidato Paolini. Ricordo che ci incontrammo sotto casa di Maurizio Rango con Paolini e quest’ultimo a bordo della sua macchina Lancia Thema, di colore grigio, il cui autista era il figlio di Ennio Stancati, ci siamo recati al villaggio degli zingari allo stadio, per presentare il candidato Paolini e per richiedere appunto agli zingari un impegno elettorale a suo favore».
Agli zingari sarebbero andati soldi, a loro prestigio e posti di lavoro: «Ci venne promesso, in cambio dell’impegno elettorale in suo favore, l’assunzione di tre nostri congiunti presso un centro benessere o una clinica che di lì a poco avrebbe aperto».
Le elezioni però le vinse Mario Occhiuto che, secondo Adolfo Foggetti, era stato sostenuto dalla cosca Perna: «Sono a conoscenza – fa mettere a verbale – del fatto che Claudio Perna e tale Plateroti hanno fatto campagna elettorale in occasione delle ultime consultazioni elettorali per il Comune di Cosenza in favore del candidato Occhiuto. Sono a conoscenza di queste circostanze in quanto vi fu un incontro presso il bar Phoenix di via Giulia tra me, Maurizio Rango e Claudio Perna, nel corso del quale si discusse delle problematiche riguardanti le cooperative di servizi delle quali sia Claudio Perna, sia Plateroti, sia lo stesso Rango avevano la disponibilità».
Già, le “cooperative sociali”. A Cosenza come a Rende, secondo le indagini della Procura distrettuale e le informative redatte dai carabinieri, sarebbero servite per legittimare il controllo del territorio da parte degli uomini della ‘ndrangheta. Capi e gregari venivano assunti per avere una legittimazione ma non certo per svolgere il duro lavoro che gli veniva demandato. Spiega Foggetti: «Io stesso venni assunto in una di queste cooperative, venivo regolarmente retribuito ma non svolgevo alcun lavoro. Era in sostanza una copertura che tuttavia mi consentiva di documentare che ero un lavoratore e non dedito ad attività illecite».
E tuttavia proprio l’elezione a sindaco di Mario Occhiuto ha messo in crisi il sistema delle cooperative sociali perché abbassò la soglia, inizialmente posta sopra i centomila euro, richiesta per il rilascio della certificazione antimafia. Una scelta della quale il boss Perna si sarebbe lamentato e per la quale doveva subire i rimbrotti di Maurizio Rango (esponente del clan degli zingari) «Lo rimproverava – racconta ancora Foggetti – di non aver votato per Paolini, il quale, viceversa, una volta eletto, avrebbe mantenuto le promesse».
Quando, per un “incidente” nella trascrizione di alcuni fascicoli giudiziari, uscirono le prime indiscrezioni sui verbali dei pentiti arrivò immediata la levata di scudi. Enzo Paolini: «Per quanto mi riguarda si può indagare su ogni aspetto della mia vita pubblica e privata. Qualsiasi illazione fatta su di me deve essere approfondita, analizzata, verificata, riscontrata da ogni punto di vista». Occhiuto: «Ce l’hanno con me non certo per avere tradito patti che non ho mai sottoscritto, bensì perchè ho messo per la prima volta mano nella storia della città alla riorganizzazione delle cooperative sociali richiedendo da subito la certificazione antimafia e bandendo gare pubbliche. Tant’è che, proprio per l’indirizzo seguito, com’è noto, sono stato minacciato e messo sotto scorta». Parlavano, e parlano, anche di altri esponenti politici di Cosenza, Rende e paesi limitrofi i pentiti che hanno consentito l’avvio dell’indagine oggi in dirittura d’arrivo. Riferiscono di partecipazione alle primarie del Pd e di soldi incassati per vendere voti in occasione delle ultime elezioni regionali. Tutte calunnie? Gli inquirenti hanno proceduto con passo felpato, ignorando i non pochi tentativi di condizionamento ed i trabocchetti sistemati sul loro cammino. Le loro indagini sono riprese al riparo da qualsiasi spiffero e non hanno risentito più di tanto anche quando sono arrivati provvidenziali, per gli indagati, trasferimenti da parte di inquirenti promossi di grado ma subito allontanati da Cosenza. 
Ne viene fuori di tutto, compreso il ritratto, per nulla inedito, di qualche giornalista che avviava campagne di stampa solo per il tempo necessario a strappare un contratto di portavoce o addetto stampa presso questo o quel municipio. Spiegheranno molte cose, le indagini, e forniranno finalmente la chiave di lettura necessaria a comprendere le dinamiche politiche, affaristiche e imprenditoriali degli ultimi quindici anni in quel di Cosenza. La richiesta di mettere agli arresti due big di prima grandezza, è solo l’inizio. Un’energica scrollata all’albero delle istituzioni cosentine per far venire giù le mele marce. Che sono tante, ma proprio tante.

Paolo Pollichieni
direttore@corrierecal.it

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