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La sete di vendetta di "donna Teresina"

LAMEZIA TERME Nelle guerre di mafia tutto ha un cominciamento. Nella faida tra i Torcasio e i Cannizzaro, che poi divennero i Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, l’origine è l’invidia. E il prosieguo è la…

Pubblicato il: 08/02/2016 – 22:12
La sete di vendetta di "donna Teresina"

LAMEZIA TERME Nelle guerre di mafia tutto ha un cominciamento. Nella faida tra i Torcasio e i Cannizzaro, che poi divennero i Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, l’origine è l’invidia. E il prosieguo è la sete di vendetta di una “donna di guerra”. Questo, almeno, sostiene il collaboratore di giustizia Gennaro Pulice, che al sostituto procuratore della Dda, Elio Romano ricostruisce la storia di una disfida – una delle tante guerre di mafia della Piana di Lamezia – lunga e sanguinosa. Nel 1998 viene ucciso Peppe Cannizzaro, capo-cosca stimato e rispettato. Da un’indagine interna il clan capisce che erano stati i Torcasio: «Noi riuscimmo a scoprire praticamente che la famiglia Torcasio aveva organizzato l’eliminazione di Peppe Cannizzaro per una svariata serie di motivi, che vanno dall’acquisto di alcuni terreni nella zona di Acconia, al fatto che comunque il Peppe Cannizzaro era una persona di riferimento a Lamezia». Il vecchio Cannizzaro era rispettato dalle cosche che contavano. «Perché tutte le volte che succedeva qualcosa a Lamezia, i rosarnesi, i reggitani non andavano dai Torcasio o dai Giampà, andavano da Peppe Cannizzaro, che comunque non voleva, tra virgolette, fare il boss del paese, ma inevitabilmente, per la storia criminale che aveva, conosceva tutti ed era rispettato da tutti, quindi subentrò una sorta anche di invidia».
Livore e affari, questa è l’idea che si fecero i Cannizzaro. E si organizzano per la guerra. Dal 2000, secondo il collaboratore, iniziano gli incontri con i Iannazzo. L’omicidio Vincenzo Torcasio a Falerna, nel 2003, matura sul filo della paura e del sospetto. Vincenzo stava “crescendo” sotto l’ala protettrice di Antonio Torcasio che lo mandava come specchietto a vedere i movimenti delle persone da colpire. E di persone da colpire Antonio Torcasio ne aveva sempre, compreso il prete di Capizzaglie. «Ce l’aveva col prete di Capizzaglie?», chiede il pm.
«Sì, se non mi sbaglio è andato a fargli anche un agguato, una cosa del genere», risponde Pulice che però non ricorda il nome del sacerdote e taglia corto: «Comunque era un periodo che Antonio era… come diciamo noi “voleva erba per cento cavalli”».
Vincenzo orbitava intorno ad Antonio ma dopo la morte di quest’ultimo tutti pensarono che «questo ragazzo, come avevano fatto tutti gli altri in precedenza, si metteva da parte e non andava a vedere più tante cose visto che gli mancava il sostegno di Antonio. Invece, questo ragazzo, ha continuato ad andare… a guardare, andava a Sambiase, andava a Nicastro, cominciava comunque ad essere un pericolo».
«Per conto di chi lo faceva a questo punto, una volta morto Antonio?». Pulice non esita: «Ma, secondo me, a casa dei Torcasio c’è una mente forte che ha sete di vendetta che è donna Teresina. Io conosco bene donna Teresina, so come parla donna Teresina. Donna Teresina è la classica persona che magari a 18 anni ai nipoti, al regalo di compleanno gli regala la pistola per dirgli andate a vendicarvi i morti che avete a casa; comunque è una donna di guerra non è una donna di pace. Questo è storia. Quindi, secondo me, fino a quando ci sarà donna Teresina in quella casa… a me dispiace anche per esempio i figli di Nino, i figli di Antonio che stanno crescendo in quella casa, sicuramente li indirizzerà al crimine. Questo è certo, ci metterei la firma».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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