COSENZA La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ha riformulato la pena e condannato a 14 anni di carcere Mario Baratta, il presunto killer del clan Perna di Cosenza. È questa la decisione del presidente della Corte Marco Petrini che questa mattina ha concluso il nuovo processo di secondo grado dopo che il pm della Dda, Pierpaolo Bruni, aveva fatto appello contro la sentenza di assoluzione, per intervenuta prescrizione, emessa il 16 dicembre del 2014 a carico di Baratta, imputato nell’inchiesta “Garden”, uno dei più importanti processi di ‘ndrangheta del Cosentino. Il presunto killer del clan è accusato di omicidio aggravato per la morte di Mariano Muglia, dei tentati omicidi di Franco Pino e di Marcello Calvano e di associazione a delinquere di stampo mafioso.
La riapertura del procedimento, che ha portato alla sentenza del 2014, nasce da una decisione della Corte di Cassazione che dispose la remissione in termini per Baratta nell’ambito del processo “Garden”. Fuori dai tecnicismi: la Suprema Corte ha dato la possibilità alla difesa di Baratta di impugnare la sentenza “Garden”, emessa nel 1997, con la quale Baratta venne condannato all’ergastolo. Il suo avvocato, Piergiuseppe Cutrì, nel 2012 impugnò quella sentenza dimostrando che all’epoca del procedimento giudiziario Baratta era latitante in Brasile. La Corte d’assise d’appello accolse le eccezioni di nullità della difesa stabilendo che il procedimento dovesse essere ridiscusso a Cosenza in sede di primo grado. In quell’occasione, il pm ha chiesto nuovamente l’ergastolo, ma la difesa ha rivendicato le attenuanti generiche facendo emergere anche l’avvenuta prescrizione per l’omicidio perché si tratta di fatti commessi prima della riforma del 2005. Così la Corte d’assise di Cosenza ha disposto il non luogo a procedere per Baratta per intervenuta prescrizione. Il pubblico ministero aveva appellato la sentenza evidenziando che l’imputato non può avere le attenuanti e la prescrizione per aspetti che attengono alla gravità del fatto. Ma, oggi, la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ha riformulato la condanna a 14 anni di reclusione riconoscendo però le attenuanti generiche. Baratta non va in carcere perché ha già scontato la pena.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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