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Il Pd a Cosenza scopre il giustizialismo

Se c’è un posto dove la politica farebbe bene a non scherzare con la magistratura è la Calabria e se c’è un partito che a Cosenza farebbe meglio a non stuzzicare il can che dorme è proprio il Pd…

Pubblicato il: 09/02/2016 – 7:04
Il Pd a Cosenza scopre il giustizialismo
Se c’è un posto dove la politica farebbe bene a non scherzare con la magistratura è la Calabria e se c’è un partito che a Cosenza farebbe meglio a non stuzzicare il can che dorme è proprio il Pd. Risulta per questo incomprensibile, se non leggendola in chiave di puro autolesionismo, la scelta del segretario regionale del Partito democratico Ernesto Magorno di utilizzare argomenti giudiziari per dare copertura ad un’azione politica, discutibile quanto vogliamo, ma pur sempre politica.
In questo, va dato atto, è apparso assai più lineare e intelligente il comportamento del segretario provinciale del Pd cosentino Luigi Guglielmelli. Lui la cosa la spiega così: il ruolo di un partito di opposizione è quello di mettere in difficoltà la maggioranza. Ogni mezzo democratico è lecito se si tratta di mandare a casa chi governa perché si aspira a prenderne il posto. Se la maggioranza perde pezzi e va sotto, è colpa sua e non dell’opposizione. Ineccepibile.
Certo, occorre usare mezzi leciti (si ricorderà che per la compravendita dei senatori che fece cadere Romano Prodi il leader del centrodestra, Berlusconi, è finito sotto processo) ma ciò detto, e non essendoci allo stato prova di mercimonio dietro le firme dei dimissionari, rientra nel gioco del confronto politico far cadere la maggioranza avversa.
Magorno, invece, ha preferito avventurarsi su una strada pericolosa e perigliosa e lo ha fatto in estrema solitudine, abituato com’è a farsi lasciare in fuorigioco dai suoi compagni di partito, a Roma come in Calabria e specialmente a Cosenza.
Secondo Magorno, la gestione del Comune di Cosenza è stata caratterizzata in questi anni da uno «spregiudicato e diffuso esercizio quotidiano dell’illegalità e dei favoritismi». Di più: «Nel settore dei lavori pubblici, delle manutenzioni e di alcuni servizi, il ricorso agli affidamenti diretti e clientelari, in violazione della legge, era una pratica usuale». E ancora: «È mancata la trasparenza su come sono stati gestiti i servizi in questa città, sulle modalità con cui sono state prese determinate scelte, e soprattutto a vantaggio di chi (certamente non della collettività)». Tant’è che la magistratura alla fine si è svegliata ed anche il ministero dell’Interno. La Procura di Cosenza e la Direzione antimafia di Catanzaro hanno avviato indagini che stanno per dare risultati «devastanti per la città» e il prefetto starebbe per spedire una Commissione d’accesso per verificare inquinamenti mafiosi dentro l’amministrazione comunale.
Tutte queste cose, Ernesto Magorno, che pure a Cosenza ha un lungo corso di amministratore e di militante politico, e che oggi è segretario regionale del maggiore partito, parlamentare della Repubblica e componente la Commissione bicamerale antimafia, le ha apprese «dalla stampa». Fermiamoci qui. Prima questione: Mario Occhiuto, può aver fatto tutto questo da solo? Eppure è l’unico nome che Magorno riesce a pronunciare. Seconda questione: come è diventato sindaco Mario Occhiuto? Qui l’amnesia è totale, così i tanti esponenti di rango del Pd cosentino che in sede di ballottaggio, e ancora prima, spianarono la strada a Occhiuto vengono graziati dall’onorevole Magorno che, more solito, cede all’oblio.
Terza questione: i giornali sembra che Magorno li abbia letti solo nell’ultima settimana, gli avesse dato una sbirciatina anche lo scorso anno e l’altro ancora prima avrebbe trovato verbali di collaboratori di giustizia e indagini della Procura distrettuale antimafia che spiegavano diffusamente come si vota a Cosenza e per chi si vota a Cosenza. Parlavano di elezioni comunali e regionali. Parlavano anche di primarie del centrosinistra. Nessuna curiosità, all’epoca, ha però sfiorato il segretario regionale del Pd. Neanche quando, come componente della commissione antimafia, ha preso parte alle missioni che la commissione Antimafia ha svolto proprio a Cosenza. Nessuna domanda, nessuna richiesta di acquisire atti. Addirittura si evitò di chiedere l’audizione de magistrati che indagavano (e indagano) su Cosenza. Si ritenne che bastava sentire i capi degli uffici.
E se Occhiuto non ha fatto tutto da solo, gli attuali compagni di viaggio scelti dal Pd per disarcionare il tiranno, sono affidabili? Partecipano anche loro a una crociata di liberazione oppure concorrono alla costruzione di un nuovo blocco di potere?
Comprensibile, da questo punto di vista, l’assordante silenzio mantenuto dal presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, solitamente aduso a ciarlare di tutto e su tutto. Adesso che tranne Occhiuto, Tallini e Orsomarso, tutti gli altri non sono più “opposizione”, come potrà continuare a dire delle «pesanti eredità del passato», visto che chi le ha confezionate se lo ritrova in casa?
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