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A Catanzaro un nuovo "caso Cosenza"?

CATANZARO Il “caso Cosenza” è storia a sé, ma a cento chilometri di distanza, una vicenda più o meno simile potrebbe creasi da un momento all’altro. A Catanzaro, infatti, tutto dipende dal Pd: scal…

Pubblicato il: 11/02/2016 – 12:49
A Catanzaro un nuovo "caso Cosenza"?

CATANZARO Il “caso Cosenza” è storia a sé, ma a cento chilometri di distanza, una vicenda più o meno simile potrebbe creasi da un momento all’altro. A Catanzaro, infatti, tutto dipende dal Pd: scalzare Abramo dalla poltrona di primo cittadino con più di un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato (maggio 2017) potrebbe essere questione di due o tre voti. E inaspettatamente, i consiglieri comunali che tengono in piedi l’amministrazione attuale sarebbero tutti, appunto, del Pd.
Nei corridoi di Palazzo de Nobili si susseguono le voci: i “frondisti” eletti tra le fila della maggioranza e ora scettici sul sostegno al sindaco sono aumentati. Da Sergio Costanzo ad Antonio Corsi, fino ad arrivare all’ormai ex scudiero di Abramo, Eugenio Riccio, tutti transitati nel gruppo misto assieme ai vari Giulio Elia. Franco Leone, Oreste Cosentino, Mario Camerino e Domenico Concolino.
Di fatto, stando a quanto riportato sul sito del Comune di Catanzaro, il sindaco Abramo può contare su una maggioranza di 11 consiglieri (tutta Forza Italia più due del gruppo “Catanzaro con Abramo” e i due di Ncd) a cui, nelle (rare) votazioni in aula si aggiunge qualcuno del gruppo misto grazie al quale rimane in piedi l’amministrazione.
Ma a conti fatti, quello di Abramo è un vivacchiare in attesa di capire come muoversi sul fronte ricandidatura, tema che per lui è quasi un punto d’onore. Sì, perché già il Corriere della Calabria aveva riportato di come Mimmo Tallini abbia spento pubblicamente gli entusiasmi del sindaco sull’argomento: «Il candidato lo scelgono i partiti che formeranno la coalizione, Abramo ha sbagliato a proporre la sua ricandidatura».
Così, mentre qualcuno giura di aver visto Abramo a Roma bussare addirittura alla porta del Pd per chiedere asilo ma si è visto sbattere la porta in faccia, tra le stanze di Palazzo de Nobili si fanno i conti.
Nei giorni scorsi, Enzo Bruno, presidente della Provincia di Catanzaro e segretario provinciale del Pd, aveva chiamato a raccolta tutto il centrosinistra catanzarese e qualche frondista, oltre ad alcuni “uditori interessati” come Marco Polimeni, capogruppo di Ncd e delfino del senatore Piero Aiello.
In quell’occasione, come recitava l’entusiastica nota stampa diffusa dal Pd provinciale, si è cercato di lavorare per «creare una coalizione capace di definire una politica che metta al centro una visione alternativa di città, le istanze e gli interessi dei cittadini. Il progetto deve essere individuato in maniera condivisa, seguendo un crono-programma capace di consolidare le diverse componenti per vincere la sfida del governo della città».
A questo punto, accertata la sfiducia all’operato di Abramo, la domanda che ci si pone è: perché tenere in piedi un’amministrazione che a conti fatti è un’anatra zoppa, quando con una sfiducia si potrebbe andare a votare entro giugno? Se tutti i consiglieri che hanno pubblicamente manifestato la propria sfiducia al sindaco, traducessero le parole in fatti, Abramo andrebbe in minoranza alla prima occasione utile in consiglio comunale. Il numero “magico” è 17, ovvero il 50% + 1 dei consiglieri comunali che cono 32. In linea ipotetica, chi potrebbe sfiduciare Abramo sono i 4 consiglieri del Pd, i 3 de “Il Bene in Comune”, i 3 di “Socialisti e Democratici”, il consiglieri di Idv, i 2 di Ncd e 7 del gruppo misto, per un totale di 20 consiglieri comunali.
Per un’amministrazione che decade prima della scadenza naturale del mandato, la legge fissa il termine per andare alle elezioni entro il 15 giugno al 24 febbraio (comma 1, art.2 della Legge 182 del 1991 e successive modificazioni). Così, se solo fossero realmente tutti d’accordo i consiglieri “scontenti” di Abramo, Catanzaro potrebbe andare al voto entro la prossima primavera.
Nella realtà dei fatti, però, le cose non sono così semplici: come detto in apertura, in tre del Pd non sarebbero così entusiasti di misurarsi con l’elettorato già fra pochi mesi, mentre Ncd vorrebbe aspettare l’esito delle elezioni di Cosenza e Crotone per poter alzare la posta nella scelta del candidato per Catanzaro, magari grazie al ruolo determinate giocato negli altri due capoluoghi di provincia.
Da quei 20 consiglieri idealmente pronti a sfiduciare Abramo, allora, si passerebbe a 15, due in meno di quelli necessari. E senza la certezza matematica di mandare a casa il sindaco, nessuno, per un motivo o per un altro, andrà dal segretario comunale o dal notaio a rassegnare le proprie dimissioni.
A questo punto, ritorna in ballo la responsabilità del Pd catanzarese: se tutti i consiglieri democratici fossero d’accordo, Catanzaro potrebbe andare al voto a breve. Tocca quindi a Bruno, ma anche a Magorno, capire cosa fare, posto che le indicazioni che arrivano da Roma sembrano essere chiare: «Si voti anche a Catanzaro», avrebbero indicato a Magorno i maggiorenti del partito.

Alessandro Tarantino
a.tarantino@corrierecal.it

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