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Strage di San Lorenzo, confermati gli ergastoli per Scarola e Scorza

CATANZARO Confermata anche in appello la sentenza di primo grado che condanna all’ergastolo Domenico Scarola e Salvatore Francesco Scorza, i due ragazzi accusati di avere ordito e messo in atto la …

Pubblicato il: 12/02/2016 – 16:19
Strage di San Lorenzo, confermati gli ergastoli per Scarola e Scorza

CATANZARO Confermata anche in appello la sentenza di primo grado che condanna all’ergastolo Domenico Scarola e Salvatore Francesco Scorza, i due ragazzi accusati di avere ordito e messo in atto la strage di San Lorenzo del Vallo, nel corso della quale, il 16 febbraio del 2011, persero la vita Rosellina Indrieri e sua figlia Barbara.
Accolta la richiesta del sostituto procuratore generale Savatore Curcio che nel corso della requisitoria invocò la conferma dell’ergastolo per i due imputati. Anche in secondo grado viene dunque ribadita la bontà delle dichiarazioni di Silas De Marco, figlio e fratello delle vittime e unico testimone oculare che in quella tragica sera del 2011 sopravvisse miracolosamente alla strage.
Nonostante le due condanne – non aggravate dalle modalità mafiose perché i due imputati non vengono considerati collegati ad alcuna ‘ndrina – i due imputati si sono sempre dichiarati innocenti, con più dichiarazioni spontanee rese durante le udienze.

I FATTI Alla base della strage di San Lorenzo del Vallo vi è un episodio scatenante avvenuto un mese prima. Il giovane Domenico Presta, figlio del boss Franco venne ucciso il 17 gennaio 2011 con una calibro 22 da Aldo De Marco, un commerciante di Spezzano Albanese che da tempo aveva difficili rapporti di vicinato con i proprietari del negozio accanto, i figli del boss Presta. Domenico e i suoi amici più volte, stando alle testimonianze del commerciante, lo avrebbero vessato. I rapporti si erano incrudeliti a tal punto da indurre De Marco, in una occasione, a denunciare un’aggressione fisica subita dai ragazzotti. La lite finale avvenne il 17 gennaio 2011 e finì in maniera fatale per il giovane Presta, ucciso a colpi d’arma da fuoco.
Dopo l’omicidio, Aldo De Marco andò a costituirsi. All’epoca il boss Presta era latitante: si nascondeva alla giustizia dal 2008. Ma il delitto del rampollo della cosca andava lavato col sangue. Con Aldo De Marco dietro le sbarre, la ferocia della vendetta si sarebbe diretta contro la famiglia di suo fratello Gaetano. Salvatore Curcio sottolinea le modalità mafiose della strage: il rispetto della liturgia criminale che impone di rispondere alla scadenza del trigesimo della morte di Domenico Presta. Così il 16 febbraio 2011, un commando armato entra in casa di Gaetano De Marco, a San Lorenzo del Vallo, sfondando la porta con due colpi di fucile e una pedata. Erano da poco passate le 20, nel soggiorno si trovavano Silas De Marco, Rosellina Indrieri e la giovane Barbara. I killer, a volto coperto, imprecano qualcosa in dialetto roggianese e aprono il fuoco armati di fucile, mitraglietta uzi e pistola calibro 45. Le donne cercano riparo, invano, sul quel balcone che diventerà una trappola mortale. Silas viene colpito in casa ma sopravvive. Gaetano De Marco viene risparmiato: stava dormendo, ubriaco, in camera da letto. La sua ora scoccherà il 7 aprile 2011, quando verrà affiancato nella sua auto da due ignoti a bordo di una moto.

LA TESTIMONIANZA La testimonianza di Silas De Marco avverrà nell’estate del 2012, dopo la cattura di Franco Presta che la polizia trovò rintanato in un appartamento di Arcavacata di Rende, zona università. Ma, come più volte ha sottolineato la difesa – costituita dagli avvocati Lucio Esbardo, Luca Acciardi, Franz Caruso e Sergio Rotundo – le versioni di Silas sono state tante e contrastanti. All’inizio, confidandosi con una zia, avrebbe fatto il nome di Franco Presta. In seguito con gli investigatori ha giurato che si sarebbe trattato di Scorza e Scarola.
Troppo labili, per la difesa, anche i riscontri riportati dalle indagini.
Ma secondo i giudici di primo grado e di appello la testimonianza di Silas regge e i due giovani avrebbero agito per mettere in atto una vendetta privata e vendicare la morte dell’amico Domenico Presta.
Bisognerà ora attendere 90 giorni per conoscere le motivazioni esatte della sentenza.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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