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Funzionari abusivi, le difficoltà dei sindacati

CATANZARO Da quando il Consiglio di Stato ha bollato come illegittime le promozioni di mille funzionari, ottenute grazie alle progressioni verticali, i sindacati – un tempo concordi e fedeli alla l…

Pubblicato il: 18/02/2016 – 14:38
Funzionari abusivi, le difficoltà dei sindacati

CATANZARO Da quando il Consiglio di Stato ha bollato come illegittime le promozioni di mille funzionari, ottenute grazie alle progressioni verticali, i sindacati – un tempo concordi e fedeli alla linea del dipartimento Personale – si sono divisi. Lo provano due note arrivate di recente nelle redazioni. Uil e Cgil non sono più sulla stessa lunghezza d’onda. Questione di sfumature: per entrambe, però, la parola d’ordine è non sbilanciarsi troppo e restare all’interno di rigide formule burocratiche che non spiegano troppo. Ecco cosa ne pensa la Uil: «L’attuale segreteria della Uil–Fpl ritiene legittime le applicazioni delle sentenze e afferma che nessuna azione è stata promossa da questo sindacato per contrastare le decisioni dei giudici». Un piccolo e ovvio concentrato burocratese firmato dal segretario generale Elio Bartoletti. Ci mancherebbe pure che l’applicazione delle sentenze fosse illegittima. Anche la Cgil si avventura sul sentiero scosceso, spiegando che «ha sempre rispetto delle sentenze dei Tribunali, sia di primo che di secondo grado anche quando le stesse a volte siano contrarie e, a maggior ragione, anche nel caso della sentenza del Consiglio di Stato». Cosa farà il sindacato, che finora è rimasto silente? «Sarà l’oggettiva valutazione dei fatti ad orientare i propri comportamenti». La nota, che arriva il giorno successivo alla via d’uscita offerta da un gruppo di dipendenti che – autonomamente – si è rivolto a un pool di legali (ve lo abbiamo raccontato qui), serve per ricordare qualcosa proprio alla Uil. E cioè che «nel 2001, su indicazione dell’allora giunta regionale, il sindacato nella sua interezza prese atto che vi fossero le condizioni per tale procedura, comunque non nei numeri di cui si parla, sia dal punto di vista giuridico che dal punto di vista economico». Come dire: ricordatevi che sulle progressioni verticali la pensavamo tutti allo stesso modo. E il cerino non può restare in mano solo alla Cgil.

SINDACATI A FAVORE DELLE PROGRESSIONI Ma quali erano le posizioni in campo quando affioravano le polemiche sulle progressioni verticali? Eccole, grazie a un intervento pubblicato nel marzo 2004 dall’allora Quotidiano della Calabria. Luigi Veraldi, Domenico Cubello e Francesco Caparello – rispettivamente per Cgil, Cisl e Uil – difendono senza remore il bando che sarà, poi, bocciato dal Consiglio di Stato nel 2015. Anche con toni sprezzanti: «Ancora si registrano resistenze di fronte al cambiamento di rotta rispetto a pratiche fin troppo note di accaparramento di inquadramenti e posizioni certamente discutibili derivanti da leggine personalizzate e decreti strappati nei corridoi della Regione Calabria». Certo, davanti a quel sistema, le progressioni (che, quantomeno, affidavano a un punteggio le eventuali promozioni) rappresentavano un passo in avanti.
Fu un gruppo di dipendenti – che aveva denunciato l’irregolarità delle procedure – a rispondere: «È legale scalare in un solo colpo due categorie contrattuali e diversi livelli economici (in alcuni casi addirittura sei, ndr)? È giusto consentire a molti dipendenti di espletare prima il concorso a D3 e poi quello a D1 con le stesse domande di esami?».
Questioni già emerse in una lettera (sempre pubblicata dal Quotidiano) indirizzata all’assessore al Personale dell’epoca, Umberto Pirilli. Si parla di «bandi di concorso generici, privi di certezze giuridiche, non trasparenti, incostituzionali, che violano gravemente le norme contrattuali, che andrebbero a legittimare le posizioni irregolari e gli inquadramenti precedenti illegittimi».

LA CATEGORIA INESISTENTE Si pone, poi, la questione delle categorie contrattuali inesistenti: all’epoca sarebbero state create «altre due contrattuali, prettamente “Doc Regione Calabria”, portandole da quattro a sei, e per aver disposto l’accesso alla categoria D3 per dipendenti di categoria C e per dipendenti di categoria D non laureati».
È, questo, un altro dei peccati originali della burocrazia calabrese: la categoria D (quella dei funzionari), sarebbe unica, ma il Calabria è divisa in due sottocategorie, contro le disposizioni del ministero della Funzione pubblica. Cose che accadono soltanto a certe latitudini. Questioni rispetto alle quali i sindacati, nella comunicazione alla stampa, non si esprimevano. Preferivano bollare tutto come la reazione di chi «occupa già determinate posizioni giuridiche ed economiche acquisite con chissà quali strumenti». Come se si fosse trattato non di una battaglia per la trasparenza ma di un tentativo di conservazione.

CONCORSI, ELEZIONI ED RSU E dire che, nelle loro denunce, quei dipendenti non dimenticavano di descrivere le condizioni al contorno che accompagnavano la selezione: «Esiste una commissione fatta in famiglia, tra la prova scritta e quella orale i dipendenti sono stati chiamati a votare per le elezioni europee e per la rappresentanza sindacale unitaria». Anche a non voler essere complottisti, ci sarebbero tutti gli elementi per pensare che qualcuno possa aver tratto vantaggio da quella selezione, almeno in termini di consenso. I sindacati, però, erano certi che fosse tutto cristallino. A qualche anno di distanza, dopo la sentenza del Consiglio di Stato, qualcuno forse ha cambiato idea. Ma tutti, all’epoca, hanno sostenuto una procedura che si è rivelata illegittima. Non secondo fantomatiche forze della conservazione, ma secondo la giustizia italiana.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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