COSENZA Il gip di Cosenza Francesco Branda ha convalidato – dopo l’interrogatorio – il fermo di Giovanna Leonetti, la biologa 37enne accusata di aver ucciso la propria bimba di sette mesi. Per la donna, il giudice ha disposto la misura degli arresti domiciliari nel reparto di Psichiatria dell’ospedale dell’Annunziata, nel quale Leonetti si trova ricoverata. La donna ha sostenuto di non essere cosciente nel momento in cui si è consumata la tragedia e di essere in cura psicologica da ottobre: «La bambina piangeva e per questo le ho messo un cuscino sul volto», avrebbe ribadito, ancora sconvolta ma lucida nella ricostruzione, secondo fonti investigative.
NON HA TENTATO IL SUICIDIO Non avrebbe tentato il suicidio Giovanna Leonetti, la biologa 37enne accusata di aver ucciso la sua bimba di appena sette mesi, sabato scorso nella loro abitazione a Cosenza. Il particolare emerge dall’esito di alcuni esami del sangue della giovane mamma che, sin dal giorno della tragedia, è ricoverata nell’ospedale Annunziata, piantonata dalle forze dell’ordine. Sabato scorso, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti (le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Marisa Manzini e condotte dal sostituto Domenico Frascino), Giovanna Leonetti, dopo essersi vista con il marito – da qualche giorno la donna abitava a casa di una zia a Donnici – nel loro appartamento al terzo piano di una palazzina in centro città si sarebbe recata al secondo piano in casa di un’altra zia che le aveva lasciato le chiavi e lì avrebbe – è questa l’accusa – soffocato la piccola Marianna Luberto con un cuscino e dopo essersi distesa sul letto ha chiamato il marito dicendogli di scendere.
Francesco Luberto, giovane avvocato, appena entrato nell’appartamento – ha raccontato ai magistrati – è entrato nella stanza da letto e ha visto la bimba con un cuscino sul volto e la moglie distesa sul letto con accanto una confezione di barbiturici. Mamma e figlia sono state portate d’urgenza in ospedale, ma per la bimba non c’è stato nulla da fare. La biologa, che da ottobre soffre di depressione post partum ed è seguita da specialisti, è stata subito ricoverata e tenuta sotto osservazione. Dai primi risultati degli esami clinici, la dose di farmaci assunta escluderebbe un tentativo di suicidio. Ma tutto il quadro clinico della donna sarà sottoposto a ulteriori approfondimenti.
VIA DA CASA SUA PER AVERE «UN PO’ DI TRANQUILLITÀ» «Cercavo un po’ di tranquillità: per questo sono scesa al secondo piano della palazzina e ho messo un cuscino sul volto di mia figlia perché piangeva». Giovanna Leonetti, nella tarda serata di sabato, ha spontanenamente fatto alcune rivelazioni agli inquirenti. Dichiarazioni che sono state messe a confronto con quelle del marito, sentito dai magistrati e dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza guidati dal tenente colonnello Mirko Verticchio, assieme alla nonna materna della piccola, alla sua badante e agli altri familiari della giovane coppia.
La biologa aveva cominciato ad avvertire disagi e malesseri dal mese di ottobre – la piccola era nata i primi di luglio – e per questo era seguita da uno specialista che le aveva dato una specifica cura con una diagnosi di depressione post partum. Ma proprio lo scorso 17 febbraio la donna aveva voluto cambiare medico perché non vedeva miglioramenti: almeno così avrebbe spiegato al marito. Tre giorni prima della tragedia, però, Giovanna Leonetti aveva detto al coniuge di volersi trasferire da una zia, che abita a Donnici, periferia di Cosenza, «per avere un po’ di tranquillità». Da mercoledì la giovane mamma aveva lasciato la piccola con il papà e viveva dalla zia. Proprio venerdì sera i due si erano sentiti per telefono: Francesco Luberto sapeva che la moglie sabato mattina passava da casa per vedere la bimba.
LA RICOSTRUZIONE DELLA TRAGEDIA La tragedia si è consumata tra le undici e le dodici di sabato. La donna che abita al terzo piano di una palazzina, situata in una traversa di corso Mazzini, prima era scesa con la bimba nell’appartamento della mamma, che sta al primo piano. Verso le 12:24 il marito riceve una telefonata da Giovanna che «con la voce impastata» gli dice di scendere giù al secondo piano a casa della zia, che in questi giorni era fuori Cosenza e aveva lasciato le chiavi di casa alla nipote. Luberto, appena arrivato al secondo piano, ha trovato la porta socchiusa. «Era tutto buio – ha raccontato il marito ai magistrati –. La chiamavo e Giovanna mi diceva che era nella prima stanza da letto della zia. La stanza era buia. Non riuscivo a trovare la luce. Giovanna era distesa sul letto e accanto ho visto il corpicino di mia figlia con un cuscino sul volto. Appena ho tolto il cuscino dal viso di mia figlia, Giovanna mi diceva “ho risolto tutto, ho preso dei farmaci”. Io disperato cercavo di rianimare mia figlia sul letto anche con un massaggio cardiaco. Ma visto che la bimba non reagiva scendevo dal secondo al primo piano dove abita mia suocera che era con la badante». I magistrati stanno seguendo l’attività investigativa con estrema cautela e attenzione data la delicatezza del caso. Tanti, ancora, gli aspetti da chiarire e da valutare. In particolare, bisognerà approfondire le condizioni di salute della donna.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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